tag:blogger.com,1999:blog-47861529305102807312024-03-13T12:33:28.057-03:00JUAN MELCHOR BOSCO"Facia alegre, cuore in mano, ecco fato il salesiano"Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.comBlogger78125tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-53199638572148516262013-04-22T14:21:00.000-03:002013-04-22T14:24:03.139-03:00Discovery Spielberg<script src="//storify.com/Ricardosdb/steven-spielberg.js" type="text/javascript" language="javascript"></script><noscript>[<a href="//storify.com/Ricardosdb/steven-spielberg" target="_blank">View the story "Steven Spielberg" on Storify</a>]</noscript>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-86591623399765492262010-03-18T15:11:00.000-03:002010-03-18T15:11:59.702-03:00Instituto Salesiano de Formación Docente<a href="http://www.donbosconorte.org.ar/ambitos/escuelas/142-instituto-salesiano-de-formacion-docente">Instituto Salesiano de Formación Docente</a>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-89380854314743080382009-01-30T15:22:00.005-02:002009-01-30T15:25:09.529-02:00¿A CUÁL DON BOSCO DEBEMOS RETORNAR?Centocinquant'anni di vita della Società salesiana<br />A quale don Bosco<br />vogliamo ritornare?<br /><br /><br />di Francesco Motto<br /><br /><br />Centocinquant'anni sono passati da quel 18 dicembre 1859, allorché in un'umile cameretta di Torino, don Giovanni Bosco, con un prete e sedici giovani fondava la società salesiana "allo scopo ed in un spirito di promuovere e conservare lo spirito di vera carità che richiedesi nell'Opera degli Oratorii per la gioventù abbandonata e pericolante". Ha avuto un seguito quella seduta?<br /><br />La risposta non può essere che positiva. Oltre 30.000 persone hanno speso la vita nell'attuazione del progetto salvifico di Dio proposto da don Bosco. Oggi i salesiani sono 15.750 presenti in 1.870 case, sparse in 129 Paesi. A essi andrebbero aggiunte quasi altrettante Figlie di Maria Ausiliatrice, senza contare lo stuolo dei Cooperatori e quella che è oggi la famiglia salesiana. Ma occorre anche guardare avanti.<br /><br />Il recente Capitolo generale dei salesiani (2008) ha invitato a "ritornare a don Bosco", "ad amarlo, studiarlo, imitarlo, invocarlo e farlo conoscere, applicandosi alla conoscenza della sua storia e allo studio delle origini della congregazione, in costante ascolto delle attese dei giovani e delle provocazioni della cultura odierna". In pratica ha ripreso il motu proprio postconciliare Ecclesiae Sanctae che nel 1966 aveva invitato tutti i religiosi a ritornare alle fonti per un'accommodata renovatio della loro vita, in riferimento alle mutate condizioni dei tempi.<br /><br />L'appello va ben compreso. Il pur apprezzabilissimo ritorno a don Bosco rivela infatti uno sfondo ideologico, quale quello di recuperare lo spirito di don Bosco e del suo primo manipolo di seguaci, nella certezza di trovare in esso uno stimolo e una guida per l'aggiornamento della propria vita religiosa nei nuovi contesti. Ma se lo osserviamo dal punto di vista storiografico - quello che interessa in questo momento - esso mette in ombra quella continuità di vita della società salesiana avutasi dopo don Bosco, quella che, con gli inevitabili adattamenti, ha permesso di arrivare fino a oggi. Soprattutto oscura il fatto che anche le origini di una congregazione sono parte di un ciclo evolutivo che ha avuto un inizio, ma poi si è sviluppato in varie direzioni. Don Bosco non è tutto, anche se è stato l'inizio di tutto; il suo Sistema preventivo ha un'anima, ma anche una storia. Un'attenta riflessione ermeneutica si impone necessariamente.<br /><br />Del resto oggi ci possiamo chiedere: a quale don Bosco vogliamo ritornare? A quello delle fiction e dei recital? A quello del mito? A quello della storia? E se tante sono le immagini del don Bosco storico, ancor più sono quelle del don Bosco attualizzato dalla continuità, senza scissioni, della società salesiana, grazie proprio alla fedeltà al fondatore; fedeltà che è stata la sollecitudine permanente di tutti i grandi rettori maggiori - due beatificati - che non sono mancati in questi centocinquanta anni. Dunque un anniversario non può solo ricordare la data dell'evento fondativo, ma anche la lunga storia nata da esso.<br /><br />Fase iniziale è stata quella del fondatore, che è riuscito ad avviare un movimento che alla sua morte aveva ormai coinvolto oltre 700 salesiani (e 400 Figlie di Maria Ausiliatrice), presenti in una cinquantina di case sparse per 4 Paesi europei e 5 sudamericani.<br /><br />Nel 1888, mentre esponenti della gerarchia ecclesiastica pensavano che l'opera salesiana non potesse sopravvivere al fondatore, don Michele Rua ne prese in mano le redini e, con l'aiuto di un manipolo di salesiani cresciuti con lui accanto a don Bosco, la rilanciò in tutte le sue potenzialità. La società salesiana fu ritenuta ovunque moderna, efficiente, utile, tanto per le società civili che chiedevano educatori e istruttori della gioventù nella nuova fase di sviluppo economico-sociale di fine ottocento, quanto per la Chiesa che doveva lottare contro molte forze a lei avverse.<br /><br />Dal 1890 al 1897 i salesiani si raddoppiarono - da 1.000 a 2.000 - e negli altri tredici anni, fino alla morte di don Rua (1910), fecero altrettanto - da 2.000 a 4.000. Intanto le case erano cresciute da 58 a 387, sparse per una trentina di Paesi in quattro continenti.<br /><br />Nel secondo decennio del secolo xx lo sviluppo continuò, sia pure rallentato. Alla morte del Rettor maggiore don Paolo Albera (1921), i salesiani risultavano comunque cresciuti "solamente" di 600 persone e di 130 case. Evidentemente la guerra mondiale si era fatta pesantemente sentire, nonostante i novizi fossero sempre stati centinaia.<br /><br />Nel ventennio fra le due guerre i salesiani divennero 12.000, con un incremento medio annuo di 370 unità e il raddoppio delle case. E nel ventennio seguente al conflitto, la demografia salesiana s'impennò ancor di più: con un incremento annuo di 400 persone e di 15 case, i 13.500 soci del 1947 divennero 21.600 nel 1967 - il massimo storico - operanti in un'ottantina di Paesi.<br /><br />Di fronte a un tale impressionante sviluppo Papa Paolo VI poteva definire quello salesiano "uno dei fatti più notevoli, più benefici, più esemplari, più promettenti del cattolicesimo del secolo scorso e del nostro".<br /><br />Quali le ragioni? Ovviamente moltissime. Con molta approssimazione, si potrebbe dire che la società salesiana aveva vissuto della luce riflessa di un fondatore che godeva di immensa simpatia nell'immaginario collettivo. I salesiani avevano continuato a essere considerati ottimi educatori di giovani nei loro oratori e centri giovanili; nelle loro scuole umanistiche e professionali; nelle loro parrocchie e missioni; nei loro centri culturali ed editoriali. Il "sistema salesiano" in tutte le sue dimensioni spirituali, pedagogiche, organizzative, aveva funzionato quasi alla perfezione.<br /><br />Ma con il 1968 ebbe inizio la crisi, che vide il numero dei salesiani ridursi in un decennio di oltre 5.000 unità. Non riuscì a fermare l'emorragia il Capitolo generale xix del 1965, le cui potenzialità di una vera svolta vennero compromesse dall'invito a tutti i religiosi di rinnovare, tramite un "Capitolo speciale", le proprie Costituzioni conformemente ai suggerimenti conciliari. Ma prima che esso avesse luogo, scoppiò il famoso Sessantotto con tutto quello ha significato, in bene e in male. La grande assise Capitolare del 1971 comunque produsse una mole di documenti condensandoli nelle Costituzioni rinnovate. Nel volgere di qualche anno il tasso di decremento, grazie anche all'allungamento della vita media, tese a stabilizzarsi, tant'è che nel trentennio 1978-2007 il numero dei salesiani si mantenne quasi costante, con un minimo di 16.300 nel 1982 e 2002. Nello stesso periodo le opere continuarono però a crescere annualmente di una decina di unità (1.877 attualmente), mentre il numero dei novizi in 30 anni rimase quasi sempre oltre i 500.<br /><br />L'ottimismo dei numeri viene però ridimensionato se si considera il trend negativo, più lento in America e molto più rapido in Europa, dove con il 44 per cento del totale dei salesiani si ha solo il 14 per cento dei novizi. È evidente che, salvo un auspicabile cambio di tendenza di cui non si percepiscono ancora i segni, il futuro prossimo nelle aree europee e americane si presenterà con un saldo sempre in rosso. La società salesiana a 150 anni dalla sua nascita - il ricordo comincia il 30 gennaio e si concluderà il 18 dicembre prossimo - sembra dunque avviarsi a una svolta molto significativa, a un cambio del colore della pelle, ubicandosi su nuove frontiere geografiche e operative.<br /><br />Ma il problema non sono tanto i numeri o le statistiche; la domanda più inquietante non è tanto di indole sociologica - se i salesiani siano di più o di meno, dove crescano e dove calino - ma di carattere carismatico: se siano adatti, capaci e preparati oggi a stare significativamente in mezzo ai giovani.<br /><br />La presenza salesiana, così capillarmente diffusa nel mondo intero, dimostra quel che può fare "un uomo mandato da Dio". La santità di oltre 100 salesiani dimostra quel che può fare Dio. L'evento don Bosco non è quindi un fatto compiuto, viene portato a compimento dai suoi "figli" come lui "carismatici", perché "a disposizione di Dio". Dare spazio alla creatività, uscire dagli uffici, stare con i giovani, ascoltare le intuizioni, leggere attentamente i "segni dei tempi" aiuta a non rifare quel che si è sempre fatto e che oggi non funziona più qui, e domani là.<br /><br />I giovani devono ritrovare l'identità salesiana non sulle carte, nelle mozioni di convegni e delle assemblee, ma negli educatori che dovrebbero stare e vivere con loro e per loro. Il Sistema preventivo non fa sconti: se l'educatore non è presente, i giovani emigrano da soli; se l'educatore non arriva prima di loro, raccoglierà solo i cocci; se arriverà fuori tempo massimo, sarà emergenza. L'insegna la storia di questi 150 anni. È cambiata la società, la famiglia, il giovane; i salesiani devono cambiare, ma paradossalmente restando sempre loro, presenti in cortile, a scuola, in strada, al cinema, in teatro, in internet, ovunque ci siano i giovani.<br /><br />Punto di non ritorno sarà recuperare la grazia d'unità fra azione e contemplazione. Il concentrarsi non su tutto in ordine sparso, ma tutti e tutto su punti vitali del carisma è essenziale, pena la vanificazione di esso, anche se rimane vero che su un tronco secco lo Spirito Santo potrà sempre far sbocciare nuovi germogli. Il "progetto Europa" si gioca soprattutto sulla sponda della rivitalizzazione endogena, come sostiene il rettor maggiore don Pascual Chávez. È questa la sfida che 150 anni di storia lanciano alla società salesiana, che ne uscirà vincitrice solo se saprà affrontarla con la consapevolezza, il coraggio, l'umiltà e la fede dei suoi inizi.<br /><br /><br /><br />(©L'Osservatore Romano - 31 gennaio 2009)Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-62465636318492313092008-08-26T18:20:00.003-03:002008-08-26T18:21:07.210-03:00BEATO CEFERINO NAMUNCURÁ<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/EiwSQXJeVuA&hl=en&fs=1"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/EiwSQXJeVuA&hl=en&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-62198119619593235002008-07-20T14:50:00.004-03:002008-07-20T14:52:40.661-03:00EN LOS 2000 AÑOS DEL NACIMIENTO DE SAN PABLO, JUNTOS BUSCANDO LA UNIDAD<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/LgDyl1jYLYY&hl=en&fs=1"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/LgDyl1jYLYY&hl=en&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-57260696544330731042008-07-19T18:59:00.000-03:002008-07-19T19:12:27.246-03:00A LOS AMIGOS<h3><b><font color="#0000a0"><a href="http://lh4.ggpht.com/ricardocampoli/SIJkEOoRYWI/AAAAAAAAAk8/Xc8yqMPqGKw/s1600-h/giovani2%5B5%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="180" alt="giovani2" src="http://lh4.ggpht.com/ricardocampoli/SIJkFDvhqjI/AAAAAAAAAlA/ZRDQywQtlfw/giovani2_thumb%5B3%5D.jpg?imgmax=800" width="273" border="0" /></a> </font></b></h3> <h3><b><font color="#0000a0"></font></b></h3> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">A los viejos amigos y de siempre,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los que tengo un tanto descuidados,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los nuevos,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los que he perdido por varios motivos,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los amigos hechos durante una jornada de trabajo o estudio,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los amigos “on line”,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los que deseo encontrar pero algunas situaciones lo impiden,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a todos aquellos a los que no se los he dicho pero los siento amigos,</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">a los futuros amigos</font></b></p> <p><b><font face="Pristina" color="#0000a0" size="5">que seguiré haciendo en la vida.</font></b></p> <p><b><font color="#800000"><font face="Pristina" size="5">Gracias por haber aceptado que nos encontráramos en algún momento de nuestra historia. </font></font></b></p> <p align="right"><b><em><font color="#004080">(Hno. Ariel Fresia sdb)</font></em></b></p> <b></b> <p align="center"><em><font color="#800000" size="5"><strong><font color="#800000">¡Feliz día</font> <font color="#800000">amigos!</font></strong></font></em></p> <p align="left"><b><i>Ricardo Cámpoli sdb</i></b></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-64010202283296955852008-06-01T23:18:00.000-03:002008-06-01T23:20:02.788-03:00CAPÍTULO UNDÉCIMO: LA PROMOCIÓN DE LA PAZ<p><b><font color="#0000a0">I. ASPECTOS BÍBLICOS</font></b></p> <p><b>488 </b><i>Antes que un don de Dios al hombre y un proyecto humano conforme al designio divino, la paz es, ante todo, un atributo esencial de Dios</i>: « Yahveh- Paz » (<i>Jc </i>6,24). La creación, que es un reflejo de la gloria divina, aspira a la paz. Dios crea todas las cosas y todo lo creado forma un conjunto armónico,<i> bueno</i> en todas sus partes (cf.<i> Gn</i> 1,4.10.12.18. 21.25.31).</p> <p>La paz se funda en la relación primaria entre todo ser creado y Dios mismo, una relación marcada por la rectitud (cf.<i> Gn </i>17,1). Como consecuencia del acto voluntario con el cual el hombre altera el orden divino, el mundo conoce el derramamiento de sangre y la división: la violencia se manifiesta en las relaciones interpersonales (cf. <i>Gn </i>4,1-16) y en las sociales (cf. <i>Gn</i> 11,1-9). La paz y la violencia no pueden habitar juntas, donde hay violencia no puede estar Dios (cf.<i> 1 Cro</i> 22,8-9).</p> <p><b>489 </b><i>En la Revelación bíblica, la paz es mucho más que la simple ausencia de guerra: representa la plenitud de la vida </i>(cf.<i> Ml</i> 2,5); más que una construcción humana, es un sumo don divino ofrecido a todos los hombres, que comporta la obediencia al plan de Dios. La paz es el efecto de la bendición de Dios sobre su pueblo: « Yahveh te muestre su rostro y te conceda la paz » (<i>Nm</i> 6,26). Esta paz genera fecundidad (cf.<i> Is </i>48,19), bienestar (cf.<i> Is</i> 48,18), prosperidad (cf. <i>Is</i> 54,13), ausencia de temor (cf.<i> Lv</i> 26,6) y alegría profunda (cf.<i> Pr</i> 12,20).</p> <p><b>490 </b><i>La paz es la meta de la convivencia social, como aparece de forma extraordinaria en la visión mesiánica de la paz: cuando todos los pueblos acudirán a la casa del Señor y Él les mostrará sus caminos, ellos podrán caminar por las sendas de la paz</i> (cf.<i> Is </i>2,2-5). Un mundo nuevo de paz, que alcanza toda la naturaleza, ha sido prometido para la era mesiánica (cf. <i>Is</i> 11,6-9) y al mismo Mesías se le llama « Príncipe de Paz » (<i>Is</i> 9,5). Allí donde reina su paz, allí donde es anticipada, aunque sea parcialmente, nadie podrá turbar al pueblo de Dios (cf. <i>Sof </i>3,13). La paz será entonces duradera, porque cuando el rey gobierna según la justicia de Dios, la rectitud brota y la paz abunda « hasta que no haya luna » (<i>Sal</i> 72,7). Dios anhela dar la paz a su pueblo: « Sí, Yahveh habla de paz para su pueblo y para sus amigos, con tal que a su torpeza no retornen » (<i>Sal</i> 85,9). El salmista, escuchando lo que Dios dice a su pueblo sobre la paz, oye estas palabras: « Amor y Verdad se han dado cita, Justicia y Paz se abrazan » (<i>Sal</i> 85,11).</p> <p><b>491 </b><i>La promesa de paz, que recorre todo el Antiguo Testamento, halla su cumplimiento en la Persona de Jesús</i>. La paz es el bien mesiánico por excelencia, que engloba todos los demás bienes salvíficos. La palabra hebrea « <i>shalom</i> », en el sentido etimológico de « <i>entereza</i> », expresa el concepto de « paz » en la plenitud de su significado (cf.<i> Is </i>9,5s.; <i>Mi</i> 5,1-4). El reino del Mesías es precisamente el reino de la paz (cf.<i> Jb </i>25,2;<i> Sal</i> 29,11; 37,11; 72,3.7; 85,9.11; 119,165; 125,5; 128,6; 147,14;<i> Ct </i>8,10;<i> Is</i> 26,3.12; 32,17s; 52,7; 54,10; 57,19; 60,17; 66,12;<i> Ag</i> 2,9; <i>Zc </i>9,10<i> et alibi</i>). Jesús « es nuestra paz » (<i>Ef</i> 2,14), Él ha derribado el muro de la enemistad entre los hombres, reconciliándoles con Dios (cf. <i>Ef</i> 2,14-16). De este modo, San Pablo, con eficaz sencillez, indica la razón fundamental que impulsa a los cristianos hacia una vida y una misión de paz.</p> <p>La vigilia de su muerte, Jesús habla de su relación de amor con el Padre y de la fuerza unificadora que este amor irradia sobre sus discípulos; es un discurso de despedida que muestra el sentido profundo de su vida y que puede considerarse una síntesis de toda su enseñanza. El don de la paz sella su testamento espiritual: « Os dejo la paz, mi paz os doy; no os la doy como la da el mundo » (<i>Jn</i> 14,27). Las palabras del Resucitado no suenan diferentes; cada vez que se encuentra con sus discípulos, estos reciben de Él su saludo y el don de la paz: « La paz con vosotros » (<i>Lc</i> 24,36; <i>Jn</i> 20,19.21.26).</p> <p><b>492 </b><i>La paz de Cristo es, ante todo, la reconciliación con el Padre, que se realiza mediante la misión apostólica confiada por Jesús a sus discípulos y que comienza con un anuncio de paz</i>: « En la casa en que entréis, decid primero: “Paz a esta casa” » (<i>Lc </i>10,5-6; cf. <i>Rm </i>1,7).<i> La paz es además reconciliación con los hermanos</i>, porque Jesús, en la oración que nos enseñó, el « Padre nuestro », asocia el perdón pedido a Dios con el que damos a los hermanos: « Perdónanos nuestras deudas, así como nosotros hemos perdonado a nuestros deudores » (<i>Mt</i> 6,12). Con esta doble reconciliación, el cristiano puede convertirse en artífice de paz y, por tanto, partícipe del Reino de Dios, según lo que Jesús mismo proclama: « Bienaventurados los que trabajan por la paz, porque ellos serán llamados hijos de Dios » (<i>Mt</i> 5,9).</p> <p><b>493 </b><i>La acción por la paz nunca está separada del anuncio del Evangelio, que es ciertamente « la Buena Nueva de la paz » </i>(<i>Hch </i>10,36; cf.<i> Ef</i> 6,15)<i> dirigida a todos los hombres</i>. En el centro del<i> « Evangelio de paz » </i>(<i>Ef</i> 6,15) se encuentra el misterio de la Cruz, porque la paz es inseparable del sacrificio de Cristo (cf.<i> Is</i> 53,5: « El soportó el castigo que nos trae la paz, y con sus cardenales hemos sido curados »): Jesús crucificado ha anulado la división, instaurando la paz y la reconciliación precisamente « por medio de la cruz, dando en sí mismo muerte a la Enemistad » (<i>Ef </i>2,16) y donando a los hombres la salvación de la Resurrección.</p> <p><b><font color="#0000a0">II. </font><a name="LA_PAZ:_FRUTO_DE_LA_JUSTICIA_Y_DE_LA_CAR"><font color="#0000a0">LA PAZ: <br />FRUTO DE </font></a><font color="#0000a0">LA JUSTICIA Y DE LA CARIDAD</font></b></p> <p><b>494 </b><i>La paz es un valor</i> <sup>1015</sup> <i>y un deber universal;</i> <sup>1016</sup> <i>halla su fundamento en el orden racional y moral de la sociedad que tiene sus raíces en Dios mismo</i>, « fuente primaria del ser, verdad esencial y bien supremo ».<sup>1017</sup><i> La paz no es simplemente ausencia de guerra, ni siquiera un equilibrio estable entre fuerzas adversarias</i>,<sup>1018</sup> <i>sino que se funda sobre una correcta concepción de la persona humana</i> <sup>1019</sup> <i>y requiere la edificación de un orden según la justicia y la caridad.</i></p> <p><i>La paz es fruto de la justicia</i> (cf. <i>Is </i>32,17),<sup>1020</sup> entendida en sentido amplio, como el respeto del equilibrio de todas las dimensiones de la persona humana. La paz peligra cuando al hombre no se le reconoce aquello que le es debido en cuanto hombre, cuando no se respeta su dignidad y cuando la convivencia no está orientada hacia el bien común. Para construir una sociedad pacífica y lograr el desarrollo integral de los individuos, pueblos y Naciones, resulta esencial la defensa y la promoción de los derechos humanos.<sup>1021</sup></p> <p><i>La paz también es fruto del amor</i>: « La verdadera paz tiene más de caridad que de justicia, porque a la justicia corresponde sólo quitar los impedimentos de la paz: la ofensa y el daño; pero la paz misma es un acto propio y específico de caridad ».<sup>1022</sup></p> <p><b>495 </b><i>La paz se construye día a día en la búsqueda del orden querido por Dios</i><sup> 1023</sup> <i>y sólo puede florecer cuando cada uno reconoce la propia responsabilidad para promoverla</i>.<sup>1024</sup> Para prevenir conflictos y violencias, es absolutamente necesario que la paz comience a vivirse como un valor en el interior de cada persona: así podrá extenderse a las familias y a las diversas formas de agregación social, hasta alcanzar a toda la comunidad política.<sup>1025</sup> En un dilatado clima de concordia y respeto de la justicia, puede madurar una auténtica cultura de paz,<sup>1026</sup> capaz de extenderse también a la Comunidad Internacional. La paz es, por tanto, « el fruto del orden plantado en la sociedad humana por su divino Fundador, y que los hombres, sedientos siempre de una justicia más perfecta, han de llevar a cabo ».<sup>1027</sup> Este ideal de paz « no se puede lograr si no se asegura el bien de las personas y la comunicación espontánea entre los hombres de sus riquezas de orden intelectual y espiritual ».<sup>1028</sup></p> <p><b>496 </b><i>La violencia no constituye jamás una respuesta justa</i>. La Iglesia proclama, con la convicción de su fe en Cristo y con la conciencia de su misión, « que la violencia es un mal, que la violencia es inaceptable como solución de los problemas, que la violencia es indigna del hombre. La violencia es una mentira, porque va contra la verdad de nuestra fe, la verdad de nuestra humanidad. La violencia destruye lo que pretende defender: la dignidad, la vida, la libertad del ser humano ».<sup>1029</sup></p> <p><i>El mundo actual necesita también el testimonio de profetas no armados, desafortunadamente ridiculizados en cada época</i>: <sup>1030</sup> « Los que renuncian a la acción violenta y sangrienta y recurren para la defensa de los derechos del hombre a medios que están al alcance de los más débiles, dan testimonio de caridad evangélica, siempre que esto se haga sin lesionar los derechos y obligaciones de los otros hombres y de las sociedades. Atestiguan legítimamente la gravedad de los riesgos físicos y morales del recurso a la violencia con sus ruinas y sus muertes ».<sup>1031</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">III. </font><a name="EL_FRACASO_DE_LA_PAZ:_LA_GUERRA"><font color="#0000a0">EL FRACASO DE </font></a><font color="#0000a0">LA PAZ: LA GUERRA</font></b></p> <p><b>497 </b><i>El Magisterio condena « la crueldad de la guerra »</i> <sup>1032</sup> <i>y pide que sea considerada con una perspectiva completamente nueva</i>: <sup>1033</sup> « En nuestra época, que se jacta de poseer la energía atómica, resulta un absurdo sostener que la guerra es un medio apto para resarcir el derecho violado ».<sup>1034</sup> La guerra es un « flagelo » <sup>1035</sup> y no representa jamás un medio idóneo para resolver los problemas que surgen entre las Naciones: « No lo ha sido nunca y no lo será jamás »,<sup>1036</sup> porque genera nuevos y más complejos conflictos.<sup>1037</sup> Cuando estalla, la guerra se convierte en « una matanza inútil »,<sup>1038</sup> « aventura sin retorno »,<sup>1039</sup> que amenaza el presente y pone en peligro el futuro de la humanidad:<i> « Nada se pierde con la paz; todo puede perderse con la guerra »</i>.<sup>1040</sup> Los daños causados por un conflicto armado no son solamente materiales, sino también morales.<sup>1041</sup> La guerra es, en definitiva, « el fracaso de todo auténtico humanismo »,<sup>1042</sup> « siempre es una derrota de la humanidad »: <sup>1043</sup> « nunca más los unos contra los otros, ¡nunca más! ... ¡nunca más la guerra, nunca más la guerra! ».<sup>1044</sup></p> <p><b>498 </b><i>La búsqueda de soluciones alternativas a la guerra para resolver los conflictos internacionales ha adquirido hoy un carácter de dramática urgencia,</i> ya que « el ingente poder de los medios de destrucción, accesibles incluso a las medias y pequeñas potencias, y la conexión cada vez más estrecha entre los pueblos de toda la tierra, hacen muy arduo o prácticamente imposible limitar las consecuencias de un conflicto ».<sup>1045</sup> Es, pues, esencial la búsqueda de las causas que originan un conflicto bélico, ante todo las relacionadas con situaciones estructurales de injusticia, de miseria y de explotación, sobre las que hay que intervenir con el objeto de eliminarlas: « Por eso, el otro nombre de la paz es<i> el desarrollo</i>. Igual que existe la responsabilidad colectiva de evitar la guerra, también existe la responsabilidad colectiva de promover el desarrollo ».<sup>1046</sup></p> <p><b>499 </b><i>Los Estados no siempre disponen de los instrumentos adecuados para proveer eficazmente a su defensa: de ahí la necesidad y la importancia de las Organizaciones internacionales y regionales, </i>que deben ser capaces de colaborar para hacer frente a los conflictos y fomentar la paz, instaurando relaciones de confianza recíproca, que hagan impensable el recurso a la guerra.<sup>1047</sup> « Cabe esperar que los pueblos, por medio de relaciones y contactos institucionalizados, lleguen a conocer mejor los vínculos sociales con que la naturaleza humana los une entre sí y a comprender con claridad creciente que entre los principales deberes de la común naturaleza humana hay que colocar el de que las relaciones individuales e internacionales obedezcan al amor y no al temor, porque ante todo es propio del amor llevar a los hombres a una sincera y múltiple colaboración material y espiritual, de la que tantos bienes pueden derivarse para ellos ».<sup>1048</sup></p> <p>a) <a name="La_legítima_defensa"><b>La legítima defensa</b></a></p> <p><b>500 </b><i>Una guerra de agresión es intrínsecamente inmoral. En el trágico caso que estalle la guerra, los responsables del Estado agredido tienen el derecho y el deber de organizar la defensa, incluso usando la fuerza de las armas</i>.<sup>1049</sup> Para que sea lícito el uso de la fuerza, se deben cumplir simultáneamente unas condiciones rigurosas: « —que el daño causado por el agresor a la Nación o a la comunidad de las naciones sea duradero, grave y cierto; —que todos los demás medios para poner fin a la agresión hayan resultado impracticables o ineficaces; —que se reúnan las condiciones serias de éxito; —que el empleo de las armas no entrañe males y desórdenes más graves que el mal que se pretende eliminar. El poder de los medios modernos de destrucción obliga a una prudencia extrema en la apreciación de esta condición. Estos son los elementos tradicionales enumerados en la doctrina llamada de la “guerra justa”. La apreciación de estas condiciones de legitimidad moral pertenece al juicio prudente de quienes están a cargo del bien común ».<sup>1050</sup></p> <p>Esta responsabilidad justifica la posesión de medios suficientes para ejercer<i> el derecho a la defensa;</i> sin embargo, los Estados siguen teniendo la obligación de hacer todo lo posible para « garantizar las condiciones de la paz, no sólo en su propio territorio, sino en todo el mundo ».<sup>1051</sup> No se puede olvidar que « una cosa es utilizar la fuerza militar para defenderse con justicia y otra muy distinta querer someter a otras Naciones. La potencia bélica no legitima cualquier uso militar o político de ella. Y una vez estallada la guerra lamentablemente, no por eso todo es lícito entre los beligerantes ».<sup>1052</sup></p> <p><b>501 </b><i>La Carta</i><i> de las Naciones Unidas, surgida de la tragedia de la Segunda Guerra Mundial, y dirigida a preservar las generaciones futuras del flagelo de la guerra, se basa en la prohibición generalizada del recurso a la fuerza para resolver los conflictos entre los Estados, con excepción de dos casos: la legítima defensa y las medidas tomadas por el Consejo de Seguridad, en el ámbito de sus responsabilidades, para mantener la paz</i>. En cualquier caso, el ejercicio del derecho a defenderse debe respetar « los tradicionales límites de la<i> necesidad </i>y de la<i> proporcionalidad</i> ».<sup>1053</sup></p> <p><i>Una acción bélica preventiva, emprendida sin pruebas evidentes de que una agresión está por desencadenarse, no deja de plantear graves interrogantes de tipo moral y jurídico</i>. Por tanto, sólo una decisión de los organismos competentes, basada en averiguaciones exhaustivas y con fundados motivos, puede otorgar legitimación internacional al uso de la fuerza armada, autorizando una injerencia en la esfera de la soberanía propia de un Estado, en cuanto identifica determinadas situaciones como una amenaza para la paz.</p> <p>b) <a name="Defender_la_paz"><b>Defender la paz</b></a></p> <p><b>502 </b><i>Las exigencias de la legítima defensa justifican la existencia de las fuerzas armadas en los Estados, cuya acción debe estar al servicio de la paz: quienes custodian con ese espíritu la seguridad y la libertad de un país, dan una auténtica contribución a la paz</i>.<sup>1054</sup> Las personas que prestan su servicio en las fuerzas armadas, tienen el deber específico de defender el bien, la verdad y la justicia en el mundo; no son pocos los que en este contexto han sacrificado la propia vida por estos valores y por defender vidas inocentes. El número creciente de militares que trabajan en fuerzas multinacionales, en el ámbito de las « misiones humanitarias y de paz », promovidas por las Naciones Unidas, es un hecho significativo.<sup>1055</sup></p> <p><b>503 </b><i>Los miembros de las fuerzas armadas están moralmente obligados a oponerse a las órdenes que prescriben cumplir crímenes contra el derecho de gentes y sus principios universales</i>.<sup>1056</sup> Los militares son plenamente responsables de los actos que realizan violando los derechos de las personas y de los pueblos o las normas del derecho internacional humanitario. Estos actos no se pueden justificar con el motivo de la obediencia a órdenes superiores.</p> <p><i>Los objetores de conciencia, que rechazan por principio la prestación del servicio militar en los casos en que sea obligatorio</i>,<i> porque su conciencia les lleva a rechazar cualquier uso de la fuerza, o bien la participación en un determinado conflicto, deben estar disponibles a prestar otras formas de servicio</i>: « Parece razonable que las leyes tengan en cuenta, con sentido humano, el caso de los que se niegan a tomar las armas por motivo de conciencia y aceptan al mismo tiempo servir a la comunidad humana de otra forma ».<sup>1057</sup></p> <p>c) <a name="El_deber_de_proteger_a_los_inocentes"><b>El deber de proteger a los inocentes</b></a></p> <p><b>504 </b><i>El derecho al uso de la fuerza en legítima defensa está asociado al deber de proteger y ayudar a las víctimas inocentes que no pueden defenderse de la agresión</i>. En los conflictos de la era moderna, frecuentemente al interno de un mismo Estado, <i>también deben ser plenamente respetadas las disposiciones del derecho internacional humanitario</i>. Con mucha frecuencia la población civil es atacada, a veces incluso como objetivo bélico. En algunos casos es brutalmente asesinada o erradicada de sus casas y de la propia tierra con emigraciones forzadas, bajo el pretexto de una « limpieza étnica » <sup>1058</sup> inaceptable. En estas trágicas circunstancias, es necesario que las ayudas humanitarias lleguen a la población civil y que nunca sean utilizadas para condicionar a los beneficiarios: el bien de la persona humana debe tener la precedencia sobre los intereses de las partes en conflicto.</p> <p><b>505 </b><i>El principio de humanidad, inscrito en la conciencia de cada persona y pueblo, conlleva la obligación de proteger a la población civil de los efectos de la guerra</i>: « Esa mínima protección de la dignidad de todo ser humano, garantizada por el derecho internacional humanitario, muy a menudo es violada en nombre de exigencias militares o políticas, que jamás deberían prevalecer sobre el valor de la persona humana. Es necesario hoy lograr un nuevo consenso sobre los principios humanitarios y reforzar sus fundamentos, para impedir que se repitan atrocidades y abusos ».<sup>1059</sup></p> <p>Una categoría especial de víctimas de la guerra son los<i> refugiados</i>, que a causa de los combates se ven obligados a huir de los lugares donde viven habitualmente, hasta encontrar protección en países diferentes de donde nacieron. La Iglesia muestra por ellos un especial cuidado, no sólo con la presencia pastoral y el socorro material, sino también con el compromiso de defender su dignidad humana: « La solicitud por los refugiados nos debe estimular a reafirmar y subrayar los derechos humanos, universalmente reconocidos, y a pedir que también para ellos sean efectivamente aplicados ».<sup>1060</sup></p> <p><b>506 </b><i>Los conatos de eliminar enteros grupos nacionales, étnicos, religiosos o lingüísticos son delitos contra Dios y contra la misma humanidad, y los autores de estos crímenes deben responder ante la justicia</i>.<sup>1061</sup> El siglo XX se ha caracterizado trágicamente por diversos genocidios: el de los armenios, los ucranios, los camboyanos, los acaecidos en África y en los Balcanes. Entre ellos sobresale el holocausto del pueblo hebreo, la Shoah: « Los días de la<i> shoah</i> han marcado una verdadera noche en la historia, registrando crímenes inauditos contra Dios y contra el hombre ».<sup>1062</sup></p> <p><i>La Comunidad Internacional</i><i> en su conjunto tiene la obligación moral de intervenir a favor de aquellos grupos cuya misma supervivencia está amenazada o cuyos derechos humanos fundamentales son gravemente violados</i>. Los Estados, en cuanto parte de una Comunidad Internacional, no pueden permanecer indiferentes; al contrario, si todos los demás medios a disposición se revelaran ineficaces, « es legítimo, e incluso obligado, emprender iniciativas concretas para desarmar al agresor ».<sup>1063</sup> El principio de la soberanía nacional no se puede aducir como pretexto para impedir la intervención en defensa de las víctimas.<sup>1064</sup> Las medidas adoptadas deben aplicarse respetando plenamente el derecho internacional y el principio fundamental de la igualdad entre los Estados.</p> <p>La Comunidad Internacional se ha dotado de un<i> Tribunal Penal Internacional</i> para castigar a los responsables de actos particularmente graves: crímenes de genocidio, crímenes contra la humanidad, crímenes de guerra, crimen de agresión. El Magisterio no ha dejado de animar repetidamente esta iniciativa.<sup>1065</sup></p> <p>d) <a name="Medidas_contra_quien_amenaza_la_paz"><b>Medidas contra quien amenaza la paz</b></a></p> <p><b>507 </b><i>Las sanciones, en las formas previstas por el ordenamiento internacional contemporáneo, buscan corregir el comportamiento del gobierno de un país que viola las reglas de la pacífica y ordenada convivencia internacional o que practica graves formas de opresión contra la población</i>. Las finalidades de las sanciones deben ser precisadas de manera inequívoca y las medidas adoptadas deben ser periódicamente verificadas por los organismos competentes de la Comunidad Internacional, con el fin de lograr una estimación objetiva de su eficacia y de su impacto real en la población civil.<i> La verdadera finalidad de estas medidas es abrir paso a la negociación y al diálogo. Las sanciones no deben constituir jamás un instrumento de castigo directo contra toda la población</i>: no es lícito que a causa de estas sanciones tengan que sufrir poblaciones enteras, especialmente sus miembros más vulnerables.<i> Las sanciones económicas, en particular, son un instrumento que ha de usarse con gran ponderación y someterse a estrictos criterios jurídicos y éticos</i>.<sup>1066</sup> <i>El embargo económico </i>debe ser limitado en el tiempo y no puede ser justificado cuando los efectos que produce se revelan indiscriminados.</p> <p>e) <a name="El_desarme"><b>El desarme</b></a></p> <p><b>508 </b><i>La doctrina social propone la meta de un « desarme general, equilibrado y controlado »</i>.<sup>1067</sup> <i>El enorme aumento de las armas representa una amenaza grave para la estabilidad y la paz</i>.<i> El principio de suficiencia</i>, <i>en virtud del cual un Estado puede poseer únicamente los medios necesarios para su legítima defensa, debe ser aplicado tanto por los Estados que compran armas, como por aquellos que las producen y venden</i>.<sup>1068</sup> Cualquier acumulación excesiva de armas, o su comercio generalizado, no pueden ser justificados moralmente; estos fenómenos deben también juzgarse a la luz de la normativa internacional en materia de no-proliferación, producción, comercio y uso de los diferentes tipos de armamento. Las armas nunca deben ser consideradas según los mismos criterios de otros bienes económicos a nivel mundial o en los mercados internos.<sup>1069</sup></p> <p>El Magisterio, también ha formulado una valoración moral del fenómeno de la <i>disuasión</i>: « La <i>acumulación de armas</i> es para muchos como una manera paradójica de apartar de la guerra a posibles adversarios. Ven en ella el más eficaz de los medios, para asegurar la paz entre las Naciones. Este procedimiento de disuasión merece severas reservas morales. La<i> carrera de armamentos </i>no asegura la paz. En lugar de eliminar las causas de guerra, corre el riesgo de agravarlas ».<sup>1070</sup> Las políticas de disuasión nuclear, típicas del período de la llamada Guerra Fría, deben ser sustituidas por medidas concretas de desarme, basadas en el diálogo y la negociación multilateral.</p> <p><b>509 </b><i>Las armas de destrucción masiva —biológicas, químicas y nucleares— representan una amenaza particularmente grave; quienes las poseen tienen una enorme responsabilidad delante de Dios y de la humanidad entera</i>.<sup>1071</sup> El principio de la no-proliferación de armas nucleares, junto con las medidas para el desarme nuclear, así como la prohibición de pruebas nucleares, constituyen objetivos estrechamente unidos entre sí, que deben alcanzarse en el menor tiempo posible por medio de controles eficaces a nivel internacional.<sup>1072</sup> La prohibición de desarrollar, producir, acumular y emplear armas químicas y biológicas, así como las medidas que exigen su destrucción, completan el cuadro normativo internacional para proscribir estas armas nefastas,<sup>1073</sup> cuyo uso ha sido explícitamente reprobado por el Magisterio: « Toda acción bélica que tiende indiscriminadamente a la destrucción de ciudades enteras o de extensas regiones junto con sus habitantes, es un crimen contra Dios y la humanidad que hay que condenar con firmeza y sin vacilaciones ».<sup>1074</sup></p> <p><b>510 </b><i>El desarme debe extenderse a la interdicción de armas que infligen efectos traumáticos excesivos o que golpean indiscriminadamente, así como las minas antipersona, un tipo de pequeños artefactos, inhumanamente insidiosos, porque siguen dañando durante mucho tiempo después del fin de las hostilidades</i>: los Estados que las producen, comercializan o las usan todavía, deben cargar con la responsabilidad de retrasar gravemente la total eliminación de estos instrumentos mortíferos.<sup>1075</sup> <i>La Comunidad Internacional</i><i> debe continuar empeñándose en la limpieza de campos minados</i>, promoviendo una eficaz cooperación, incluida la formación técnica, con los países que no disponen de medios propios aptos para efectuar esta urgente labor de sanear sus territorios y que no están en condiciones de proporcionar una asistencia adecuada a las víctimas de las minas.</p> <p><b>511 </b><i>Es necesario que se adopten las medidas apropiadas para el control de la producción, la venta, la importación y la exportación de armas ligeras e individuales, que favorecen muchas manifestaciones de violencia</i>. La venta y el tráfico de estas armas constituyen una seria amenaza para la paz: son las que matan un mayor número de personas y las más usadas en los conflictos no internacionales; su disponibilidad aumenta el riesgo de nuevos conflictos y la intensidad de aquellos en curso. La actitud de los Estados que aplican rígidos controles al tráfico internacional de armas pesadas, mientras que no prevén nunca, o sólo en raras ocasiones, restricciones al comercio de armas ligeras e individuales, es una contradicción inaceptable. Es indispensable y urgente que los Gobiernos adopten medidas apropiadas para controlar la producción, acumulación, venta y tráfico de estas armas,<sup>1076</sup> con el fin de contrarrestar su creciente difusión, en gran parte entre grupos de combatientes que no pertenecen a las fuerzas armadas de un Estado.</p> <p><b>512 </b><i>Debe denunciarse la utilización de niños y adolescentes como soldados en conflictos armados, a pesar de que su corta edad debería impedir su reclutamiento</i>. Éstos se ven obligados a combatir a la fuerza, o bien lo eligen por propia iniciativa sin ser plenamente conscientes de las consecuencias. Se trata de niños privados no sólo de la instrucción que deberían recibir y de una infancia normal, sino además adiestrados para matar: todo esto constituye un crimen intolerable. Su empleo en las <br />fuerzas combatientes de cualquier tipo debe suprimirse; al mismo tiempo, es necesario proporcionar toda la ayuda posible para el cuidado, la educación y la rehabilitación de aquellos que han participado en combates.<sup>1077</sup></p> <p>f) <a name="La_condena_del_terrorismo"><b>La condena del terrorismo</b></a></p> <p><b>513 </b><i>El terrorismo es una de las formas más brutales de violencia que actualmente perturba a la Comunidad Internacional, pues siembra odio, muerte, deseo de venganza y de represalia</i>.<sup>1078</sup> De estrategia subversiva, típica sólo de algunas organizaciones extremistas, dirigida a la destrucción de las cosas y al asesinato de las personas, el terrorismo se ha transformado en una red oscura de complicidades políticas, que utiliza también sofisticados medios técnicos, se vale frecuentemente de ingentes cantidades de recursos financieros y elabora estrategias a gran escala, atacando personas totalmente inocentes, víctimas casuales de las acciones terroristas.<sup>1079</sup> Los objetivos de los ataques terroristas son, en general, los lugares de la vida cotidiana y no objetivos militares en el contexto de una guerra declarada. El terrorismo actúa y golpea a ciegas, fuera de las reglas con las que los hombres han tratado de regular sus conflictos, por ejemplo mediante el derecho internacional humanitario: « En muchos casos se admite como nuevo sistema de guerra el uso de los métodos del terrorismo ».<sup>1080</sup> No se deben desatender las causas que originan esta inaceptable forma de reivindicación. La lucha contra el terrorismo presupone el deber moral de contribuir a crear las condiciones para que no nazca ni se desarrolle.</p> <p><b>514 </b><i>El terrorismo se debe condenar de la manera más absoluta. Manifiesta un desprecio total de la vida humana, y ninguna motivación puede justificarlo, en cuanto el hombre es siempre fin, y nunca medio</i>. Los actos de terrorismo hieren profundamente la dignidad humana y constituyen una ofensa a la humanidad entera: « <i>Existe por tanto, un derecho a defenderse del terrorismo</i> ».<sup>1081</sup> Este derecho no puede, sin embargo, ejercerse sin reglas morales y jurídicas, porque la lucha contra los terroristas debe conducirse respetando los derechos del hombre y los principios de un Estado de derecho.<sup>1082</sup> La identificación de los culpables debe estar debidamente probada, ya que la responsabilidad penal es siempre personal y, por tanto, no se puede extender a las religiones, las Naciones o las razas a las que pertenecen los terroristas. La colaboración internacional contra la actividad terrorista « <i>no puede reducirse sólo a operaciones represivas y punitivas</i>. Es esencial que incluso el recurso necesario a la fuerza vaya acompañado por un análisis lúcido y decidido de los <i>motivos subyacentes a los ataques terroristas</i> ».<sup>1083</sup> Es necesario también un compromiso decidido en el plano « político y pedagógico » <sup>1084</sup> para resolver, con valentía y determinación, los problemas que en algunas dramáticas situaciones pueden alimentar el terrorismo: « El reclutamiento de los terroristas resulta más fácil en los contextos sociales donde los derechos son conculcados y las injusticias se toleran durante demasiado tiempo ».<sup>1085</sup></p> <p><b>515 </b><i>Es una profanación y una blasfemia proclamarse terroristas en nombre de Dios</i>: <sup>1086</sup> de ese modo se instrumentaliza, no sólo al hombre, sino también a Dios, al creer que se posee totalmente su verdad, en vez de querer ser poseídos por ella. Definir « mártires » a quienes mueren cumpliendo actos terroristas es subvertir el concepto de martirio, ya que éste es un testimonio de quien se deja matar por no renunciar a Dios y a su amor, no de quien asesina en nombre de Dios.</p> <p><i>Ninguna religión puede tolerar el terrorismo ni, menos aún, predicarlo</i>.<sup>1087</sup> Las religiones están más bien comprometidas en colaborar para eliminar las causas del terrorismo y promover la amistad entre los pueblos.<sup>1088</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">IV. </font><a name="LA_APORTACIÓN_DE_LA_IGLESIA_A_LA_PAZ"></a><font color="#0000a0">LA APORTACIÓN DE LA IGLESIA A LA PAZ</font></b></p> <p><b>516 </b><i>La promoción de la paz en el mundo es parte integrante de la misión con la que la Iglesia prosigue la obra redentora de Cristo sobre la tierra</i>. La Iglesia, en efecto, es, en Cristo « “sacramento”, es decir signo e instrumento de paz en el mundo y para el mundo ».<sup>1089</sup> La promoción de la verdadera paz es una expresión de la fe cristiana en el amor que Dios nutre por cada ser humano. De la fe liberadora en el amor de Dios se desprenden una nueva visión del mundo y un nuevo modo de acercarse a los demás, tanto a una sola persona como a un pueblo entero: es una fe que cambia y renueva la vida, inspirada por la paz que Cristo ha dejado a sus discípulos (cf. <i>Jn </i>14,27). Movida únicamente por esta fe, la Iglesia promueve la unidad de los cristianos y una fecunda colaboración con los creyentes de otras religiones. Las diferencias religiosas no pueden y no deben constituir causa de conflicto: la búsqueda común de la paz por parte de todos los creyentes es un decisivo factor de unidad entre los pueblos.<sup>1090</sup> La Iglesia exhorta a personas, pueblos, Estados y Naciones a hacerse partícipes de su preocupación por el restablecimiento y la consolidación de la paz destacando, en particular, la importante función del derecho internacional.<sup>1091</sup></p> <p><b>517 </b><i>La Iglesia</i><i> enseña que una verdadera paz es posible sólo mediante el perdón y la reconciliación</i>.<sup>1092</sup> No es fácil perdonar a la vista de las consecuencias de la guerra y de los conflictos, porque la violencia, especialmente cuando llega « hasta los límites de lo inhumano y de la aflicción »,<sup>1093</sup> deja siempre como herencia una pesada carga de dolor, que sólo puede aliviarse mediante una reflexión profunda, leal, valiente y común entre los contendientes, capaz de afrontar las dificultades del presente con una actitud purificada por el arrepentimiento. El peso del pasado, que no se puede olvidar, puede ser aceptado sólo en presencia de un perdón recíprocamente ofrecido y recibido: se trata de un recorrido largo y difícil, pero no imposible.<sup>1094</sup></p> <p><b>518 </b><i>El perdón recíproco no debe anular las exigencias de la justicia</i>,<i> ni mucho menos impedir el camino que conduce a la verdad: justicia y verdad representan, en cambio, los requisitos concretos de la reconciliación</i>. Resultan oportunas las iniciativas que tienden a instituir Organismos judiciales internacionales. Semejantes Organismos, valiéndose del principio de jurisdicción universal y apoyados en procedimientos adecuados, respetuosos de los derechos de los imputados y de las víctimas, pueden encontrar la verdad sobre los crímenes perpetrados durante los conflictos armados.<sup>1095</sup> Es necesario, sin embargo, ir más allá de la determinación de los comportamientos delictivos, ya sean de acción o de omisión, y de las decisiones sobre los procedimientos de reparación, para llegar al restablecimiento de relaciones de recíproco entendimiento entre los pueblos divididos, en nombre de la reconciliación.<sup>1096</sup> Es necesario, además, promover el respeto del<i> derecho a la paz</i>: este derecho « favorece la construcción de una sociedad en cuyo seno las relaciones de fuerza se sustituyen por relaciones de colaboración con vistas al bien común ».<sup>1097</sup></p> <p><b>519 </b><i>La Iglesia</i><i> lucha por la paz con la oración</i>. La oración abre el corazón, no sólo a una profunda relación con Dios, sino también al encuentro con el prójimo inspirado por sentimientos de respeto, confianza, comprensión, estima y amor.<sup>1098</sup> La oración infunde valor y sostiene a « los verdaderos amigos de la paz »,<sup>1099</sup> a los que tratan de promoverla en las diversas circunstancias en que viven. La oración litúrgica es « la cumbre a la cual tiende la actividad de la Iglesia y, al mismo tiempo, la fuente de donde mana toda su fuerza »; <sup>1100</sup> en particular la celebración eucarística, « fuente y cumbre de toda la vida cristiana »,<sup>1101</sup> es el manantial inagotable de todo auténtico compromiso cristiano por la paz.<sup>1102</sup></p> <p><b>520 </b><i>Las Jornadas Mundiales de la Paz son celebraciones de especial intensidad para orar invocando la paz y para comprometerse a construir un mundo de paz</i>. El Papa Pablo VI las instituyó con el fin de « dedicar a los pensamientos y a los propósitos de la Paz, una celebración particular en el día primero del año civil ».<sup>1103</sup><i> Los Mensajes Pontificios para esta ocasión anual constituyen una rica fuente de actualización y desarrollo de la doctrina social,</i> e indican la constante acción pastoral de la Iglesia en favor de la paz: « La Paz se afianza solamente con la paz; la paz no separada de los deberes de justicia, sino alimentada por el propio sacrificio, por la clemencia, por la misericordia, por la caridad ».<sup>1104</sup></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-85276163082450051132008-06-01T23:15:00.000-03:002008-06-01T23:15:47.771-03:00CAPÍTULO DÉCIMO: SALVAGUARDAR EL MEDIO AMBIENTE<p><b><font color="#0000a0">I. ASPECTOS BÍBLICOS</font></b></p> <p><b>451 </b><i>La experiencia viva de la presencia divina en la historia es el fundamento de la fe del pueblo de Dios</i>: « Éramos esclavos de Faraón de Egipto, y Yahvéh nos sacó de Egipto con mano fuerte » (<i>Dt</i> 6,21). La reflexión sobre la historia permite reasumir el pasado y descubrir la obra de Dios desde sus raíces: « Mi Padre era un arameo errante » (<i>Dt</i> 26,5). Un Dios que puede decir a su pueblo: « Yo tomé a vuestro padre Abrahán del otro lado del Río » (<i>Jos </i>24,3). Es una reflexión que permite mirar confiadamente al futuro, gracias a la promesa y a la alianza que Dios renueva continuamente.</p> <p><i>La fe de Israel vive en el tiempo y en el espacio de este mundo, que se percibe no como un ambiente hostil o un mal del cual liberarse, sino como el don mismo de Dios, el lugar y el proyecto que Él confía a la guía responsable y al trabajo del hombre</i>. La naturaleza, obra de la acción creadora de Dios, no es una peligrosa adversaria. Dios, que ha hecho todas las cosas, de cada una de ellas « vio que estaba bien » (<i>Gn </i>1,4.10.12.18.21.25). En la cumbre de su creación, el Creador colocó al hombre como algo que « estaba muy bien » (<i>Gn</i> 1,31). Sólo el hombre y la mujer, entre todas las criaturas, han sido queridos por Dios « a imagen suya » (<i>Gn</i> 1,27): a ellos el Señor confía la responsabilidad de toda la creación, la tarea de tutelar su armonía y desarrollo (cf.<i> Gn </i>1,26-30). El vínculo especial con Dios explica la posición privilegiada de la pareja humana en el orden de la creación.</p> <p><b>452 </b><i>La relación del hombre con el mundo es un elemento constitutivo de la identidad humana. Se trata de una relación que nace como fruto de la unión, todavía más profunda, del hombre con Dios</i>. El Señor ha querido a la persona humana como su interlocutor: sólo en el diálogo con Dios la criatura humana encuentra la propia verdad, en la que halla inspiración y normas para proyectar el futuro del mundo, un<i> jardín </i>que Dios le ha dado para que sea cultivado y custodiado (cf.<i> Gn</i> 2,15). Ni siquiera el pecado suprime esta misión, aun cuando haya marcado con el dolor y el sufrimiento la nobleza del trabajo (cf.<i> Gn</i> 3,17-19).</p> <p><i>La creación es constante objeto de alabanza en la oración de Israel</i>: « ¡Cuán numerosas tus obras, oh Yahvéh! Todas las has hecho con sabiduría » (<i>Sal</i> 104,24). La salvación de Dios se concibe como una<i> nueva creación</i>, que restablece la armonía y la potencialidad de desarrollo que el pecado ha puesto en peligro: « Yo creo cielos nuevos y tierra nueva » (<i>Is </i>65,17) —dice el Señor—, « se hará la estepa un vergel ... y la justicia morará en el vergel ... Y habitará mi pueblo en albergue de paz » (<i>Is</i> 32,15-18).</p> <p><b>453 </b><i>La salvación definitiva que Dios ofrece a toda la humanidad por medio de su propio Hijo, no se realiza fuera de este mundo. Aun herido por el pecado, el mundo está destinado a conocer una purificación radical</i> (cf. <i>2 P</i> 3,10) de la que saldrá renovado (cf. <i>Is </i>65,17; 66,22;<i> Ap</i> 21,1), convirtiéndose por fin en el lugar donde establemente « habite la justicia » (<i>2 P</i> 3,13).</p> <p><i>En su ministerio público, Jesús valora los elementos naturales</i>. De la naturaleza, Él es, no sólo su intérprete sabio en las imágenes y en las parábolas que ama ofrecer, sino también su dominador (cf. el episodio de la tempestad calmada en<i> Mt</i> 14,22-33;<i> Mc</i> 6,45-52; <i>Lc</i> 8,22-25; <i>Jn</i> 6,16-21): el Señor pone la naturaleza al servicio de su designio redentor. A sus discípulos les pide mirar las cosas, las estaciones y los hombres con la confianza de los hijos que saben no serán abandonados por el Padre providente (cf.<i> Lc </i>11,11-13).<i> En cambio de hacerse esclavo de las cosas, el discípulo de Cristo debe saber servirse de ellas para compartir y crear fraternidad </i>(cf. <i>Lc </i>16,9-13).</p> <p><b>454 </b><i>El ingreso de Jesucristo en la historia del mundo tiene su culmen en la Pascua, donde la naturaleza misma participa del drama del Hijo de Dios rechazado y de la victoria de la Resurrección </i>(cf.<i> Mt </i>27,45.51; 28,2). Atravesando la muerte e injertando en ella la resplandeciente novedad de la Resurrección, Jesús inaugura un mundo nuevo en el que todo está sometido a Él (cf. <i>1 Co</i> 15,20-28) y restablece las relaciones de orden y armonía que el pecado había destruido. La conciencia de los desequilibrios entre el hombre y la naturaleza debe ir acompañada de la convicción que en Jesús se ha realizado la reconciliación del hombre y del mundo con Dios, de tal forma que el ser humano, consciente del amor divino, puede reencontrar la paz perdida: « Por tanto, el que está en Cristo, es una nueva creación; pasó lo viejo, todo es nuevo » (<i>2 Co </i>5,17). La naturaleza, que en el Verbo había sido creada, por medio del mismo Verbo hecho carne, ha sido reconciliada con Dios y pacificada (cf. <i>Col </i>1,15-20).</p> <p><b>455 </b><i>No sólo la interioridad del hombre ha sido sanada, también su corporeidad ha sido elevada por la fuerza redentora de Cristo; toda la creación toma parte en la renovación que brota de la Pascua del Señor</i>, aun gimiendo con dolores de parto (cf. <i>Rm </i>8,19-23), en espera de dar a luz « un nuevo cielo y una tierra nueva » (<i>Ap</i> 21,1) que son el don del fin de los tiempos, de la salvación cumplida. Mientras tanto, nada es extraño a esta salvación: en cualquier condición de vida, el cristiano está llamado a servir a Cristo, a vivir según su Espíritu, dejándose guiar por el amor, principio de una vida nueva, que reporta el mundo y el hombre al proyecto de sus orígenes: « El mundo, la vida, la muerte, el presente, el futuro, todo es vuestro; y vosotros, de Cristo y Cristo, de Dios » (<i>1 Co </i>3,22-23).</p> <p><b><font color="#0000a0">II. </font><a name="EL_HOMBRE_Y_EL_UNIVERSO_DE_LAS_COSAS"><font color="#0000a0">EL HOMBRE Y EL UNIVERSO DE LAS COSAS</font></a></b></p> <p><b>456 </b><i>La visión bíblica inspira las actitudes de los cristianos con respecto al uso de la tierra, y al desarrollo de la ciencia y de la técnica</i>. El Concilio Vaticano II declara que « tiene razón el hombre, participante de la luz de la inteligencia divina, cuando afirma que por virtud de su inteligencia es superior al universo material ».<sup>946</sup> Los Padres Conciliares reconocen los progresos realizados gracias a la aplicación incesante del ingenio humano a lo largo de los siglos, en las ciencias empíricas, en la técnica y en las disciplinas liberales.<sup>947</sup> El hombre « en nuestros días, gracias a la ciencia y la técnica, ha logrado dilatar y sigue dilatando el campo de su dominio sobre casi toda la naturaleza ».<sup>948</sup></p> <p>Puesto que el hombre, « creado a imagen de Dios, recibió el mandato de gobernar el mundo en justicia y santidad, sometiendo a sí la tierra y cuanto en ella se contiene, y de orientar a Dios la propia persona y el universo entero, reconociendo a Dios como Creador de todo, de modo que con el sometimiento de todas las cosas al hombre sea admirable el nombre de Dios en el mundo », el Concilio enseña que « la actividad humana, individual y colectiva o el conjunto ingente de esfuerzos realizados por el hombre a lo largo de los siglos para lograr mejores condiciones de vida, considerado en sí mismo, responde a la voluntad de Dios ».<sup>949</sup></p> <p><b>457 </b><i>Los resultados de la ciencia y de la técnica son, en sí mismos, positivos</i>: los cristianos « lejos de pensar que las conquistas logradas por el hombre se oponen al poder de Dios y que la criatura racional pretende rivalizar con el Creador, están, por el contrario persuadidos de que las victorias del hombre son signo de la grandeza de Dios y consecuencia de su inefable designio ».<sup>950</sup> Los Padres Conciliares subrayan también el hecho de que « cuanto más se acrecienta el poder del hombre, más amplia es su responsabilidad individual y colectiva »,<sup>951</sup> y que toda la actividad humana debe encaminarse, según el designio de Dios y su voluntad, al bien de la humanidad.<sup>952</sup> En esta perspectiva, el Magisterio ha subrayado frecuentemente que la Iglesia católica no se opone en modo alguno al progreso,<sup>953</sup> al contrario, considera « la ciencia y la tecnología... un maravilloso producto de la creatividad humana donada por Dios, ellas nos han proporcionado estupendas posibilidades y nos hemos beneficiado de ellas agradecidamente ».<sup>954</sup> Por eso, « como creyentes en Dios, que ha juzgado “buena” la naturaleza creada por Él, nosotros gozamos de los progresos técnicos y económicos que el hombre con su inteligencia logra realizar ».<sup>955</sup></p> <p><b>458 </b><i>Las consideraciones del Magisterio sobre la ciencia y la tecnología en general, se extienden también en sus aplicaciones al medio ambiente y a la agricultura</i>. La Iglesia aprecia « las ventajas que resultan —y que aún pueden resultar— del estudio y de las aplicaciones de la biología molecular, completada con otras disciplinas, como la genética, y su aplicación tecnológica en la agricultura y en la industria ».<sup>956</sup> En efecto, « <i>la técnica</i> podría constituirse, si se aplicara rectamente, en un valioso instrumento para resolver graves problemas, comenzando por el del hambre y la enfermedad, mediante la producción de variedades de plantas más avanzadas y resistentes y de muy útiles medicamentos ».<sup>957</sup> Es importante, sin embargo, reafirmar el concepto de « recta aplicación », porque « sabemos que este potencial no es neutral: puede ser usado tanto para el progreso del hombre como para su degradación ».<sup>958</sup> Por esta razón, « es necesario mantener un actitud de prudencia y analizar con ojo atento<i> la naturaleza, la finalidad y los modos</i> de las diversas formas de tecnología aplicada ».<sup>959</sup> Los científicos, pues, deben « utilizar verdaderamente su investigación y su capacidad técnica para el servicio de la humanidad »,<sup>960</sup> sabiendo subordinarlas « a los principios morales que respetan y realizan en su plenitud la dignidad del hombre ».<sup>961</sup></p> <p><b>459 </b><i>Punto central de referencia para toda aplicación científica y técnica es el respeto del hombre, que debe ir acompañado por una necesaria actitud de respeto hacia las demás criaturas vivientes</i>. Incluso cuando se plantea una alteración de éstas, « conviene tener en cuenta<i> la naturaleza de cada ser </i>y su <i>mutua conexión</i> en un sistema ordenado ».<sup>962</sup> En este sentido, las formidables posibilidades de la investigación biológica suscitan profunda inquietud, ya que « no se ha llegado aún a calcular las alteraciones provocadas en la naturaleza por una indiscriminada manipulación genética y por el desarrollo irreflexivo de nuevas especies de plantas y formas de vida animal, por no hablar de inaceptables intervenciones sobre los orígenes de la misma vida humana ».<sup>963</sup> De hecho, « se ha constatado que la aplicación de algunos descubrimientos en el campo industrial y agrícola produce, a largo plazo, efectos negativos. Todo esto ha demostrado crudamente cómo toda intervención en una área del ecosistema debe considerar sus consecuencias en otras áreas y, en general, en el bienestar de las generaciones futuras ».<sup>964</sup></p> <p><b>460 </b><i>El hombre, pues, no debe olvidar que « su capacidad de transformar y, en cierto sentido, de “crear” el mundo con el propio trabajo... se desarrolla siempre sobre la base de la primera y originaria donación de las cosas por parte de Dios »</i>.<sup>965</sup> No debe « disponer arbitrariamente de la tierra, sometiéndola sin reservas a su voluntad, como si ella no tuviese una fisonomía propia y un destino anterior dados por Dios, y que el hombre puede desarrollar ciertamente, pero que no debe traicionar ».<sup>966</sup> Cuando se comporta de este modo, « en vez de desempeñar su papel de colaborador de Dios en la obra de la creación, el hombre suplanta a Dios y con ello provoca la rebelión de la naturaleza, más bien tiranizada que gobernada por él ».<sup>967</sup></p> <p>Si el hombre interviene sobre la naturaleza sin abusar de ella ni dañarla, se puede decir que « interviene no para modificar la naturaleza, sino para ayudarla a desarrollarse en su línea, la de la creación, la querida por Dios. Trabajando en este campo, sin duda delicado, el investigador se adhiere al designio de Dios. Dios ha querido que el hombre sea el rey de la creación ».<sup>968</sup> En el fondo, es Dios mismo quien ofrece al hombre el honor de cooperar con todas las fuerzas de su inteligencia en la obra de la creación.</p> <p><b><font color="#0000a0">III. </font><a name="LA_CRISIS_EN_LA_RELACIÓN_ENTRE_EL_HOMBRE"></a><font color="#0000a0">LA CRISIS EN LA RELACIÓN <br />ENTRE EL HOMBRE Y EL MEDIO AMBIENTE</font></b></p> <p><b>461 </b><i>El mensaje bíblico y el Magisterio de la Iglesia constituyen los puntos de referencia esenciales para valorar los problemas que se plantean en las relaciones entre el hombre y el medio ambiente</i>.<sup>969</sup> En el origen de estos problemas se puede percibir la pretensión de ejercer un dominio absoluto sobre las cosas por parte del hombre, un hombre indiferente a las consideraciones de orden moral que deben caracterizar toda actividad humana.</p> <p><i>La tendencia a la explotación « inconsiderada »</i> <sup>970</sup> <i>de los recursos de la creación es el resultado de un largo proceso histórico y cultural</i>: « La época moderna ha experimentado la creciente capacidad de intervención transformadora del hombre. El aspecto de conquista y de explotación de los recursos ha llegado a predominar y a extenderse, y amenaza hoy la misma capacidad de acogida del medio ambiente: el ambiente como <i>“recurso”</i> pone en peligro el ambiente como<i> “casa”</i>. A causa de los poderosos medios de transformación que brinda la civilización tecnológica, a veces parece que el equilibrio hombre—ambiente ha alcanzado un punto crítico ».<sup>971</sup></p> <p><b>462 </b><i>La naturaleza aparece como un instrumento en las manos del hombre, una realidad que él debe manipular constantemente, especialmente mediante la tecnología</i>. A partir del presupuesto, que se ha revelado errado, de que existe una cantidad ilimitada de energía y de recursos utilizables, que su regeneración inmediata es posible y que los efectos negativos de las manipulaciones de la naturaleza pueden ser fácilmente absorbidos, se ha difundido y prevalece una concepción reductiva que entiende el mundo natural en clave mecanicista y el desarrollo en clave consumista. El primado atribuido al hacer y al tener más que al ser, es causa de graves formas de alienación humana.<sup>972</sup></p> <p><i>Una actitud semejante no deriva de la investigación científica y tecnológica, sino de una ideología cientificista y tecnócrata que tiende a condicionarla</i>. La ciencia y la técnica, con su progreso, no eliminan la necesidad de trascendencia y no son de por sí causa de la secularización exasperada que conduce al nihilismo; mientras avanzan en su camino, plantean cuestiones acerca de su sentido y hacen crecer la necesidad de respetar la dimensión trascendente de la persona humana y de la misma creación.</p> <p><b>463 </b><i>Una correcta concepción del medio ambiente, si por una parte no puede reducir utilitariamente la naturaleza a un mero objeto de manipulación y explotación, por otra parte, tampoco debe absolutizarla y colocarla, en dignidad, por encima de la misma persona humana</i>. En este último caso, se llega a divinizar la naturaleza o la tierra, como puede fácilmente verse en algunos movimientos ecologistas que piden se otorgue un reconocimiento institucional internacionalmente garantizado a sus ideas.<sup>973</sup></p> <p><i>El Magisterio ha motivado su contrariedad a una noción del medio ambiente inspirada en el ecocentrismo y el biocentrismo</i>, porque ésta « se propone eliminar la diferencia ontológica y axiológica entre el hombre y los demás seres vivos, considerando la biosfera como una unidad biótica de valor indiferenciado. Así se elimina <i>la responsabilidad superior del hombre </i>en favor de una consideración igualitaria de la “dignidad” de todos los seres vivos ».<sup>974</sup></p> <p><b>464 </b><i>Una visión del hombre y de las cosas desligada de toda referencia a la trascendencia ha llevado a rechazar el concepto de creación y a atribuir al hombre y a la naturaleza una existencia completamente autónoma</i>. El vínculo que une el mundo con Dios ha sido así roto: esta ruptura ha acabado desvinculando también al hombre de la tierra y, más radicalmente, ha empobrecido su misma identidad. El ser humano ha llegado a considerarse extraño al contexto ambiental en el que vive. La consecuencia que deriva de todo ello es muy clara: « La relación que el hombre tiene con Dios determina la relación del hombre con sus semejantes y con su ambiente. Por eso la cultura cristiana ha reconocido siempre en las criaturas que rodean al hombre otros tantos dones de Dios que se han de cultivar y custodiar con sentido de gratitud hacia el Creador. En particular, la espiritualidad benedictina y la franciscana han testimoniado esta especie de parentesco del hombre con el medio ambiente, alimentando en él una actitud de respeto a toda realidad del mundo que lo rodea ».<sup>975</sup> Debe darse un mayor relieve a la profunda conexión que existe entre ecología ambiental y « <i>ecología humana</i> ».<sup>976</sup></p> <p><b>465 </b><i>El Magisterio subraya la responsabilidad humana de preservar un ambiente íntegro y sano para todos</i>: <sup>977</sup> « La humanidad de hoy, si logra conjugar las nuevas capacidades científicas con una fuerte dimensión ética, ciertamente será capaz de promover el ambiente como casa y como recurso, en favor del hombre y de todos los hombres; de eliminar los factores de contaminación; y de asegurar condiciones de adecuada higiene y salud tanto para pequeños grupos como para grandes asentamientos humanos. La tecnología que contamina, también puede descontaminar; la producción que acumula, también puede distribuir equitativamente, a condición de que prevalezca la ética del respeto a la vida, a la dignidad del hombre y a los derechos de las generaciones humanas presentes y futuras ».<sup>978</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">IV. UNA RESPONSABILIDAD COMÚN</font></b></p> <p>a) <a name="El_ambiente,_un_bien_colectivo"><b>El ambiente, un bien colectivo</b></a></p> <p><b>466 </b><i>La tutela del medio ambiente constituye un desafío para la entera humanidad: se trata del deber, común y universal, de respetar un bien colectivo</i>,<sup>979</sup> destinado a todos, impidiendo que se puedan « utilizar impunemente las diversas categorías de seres, vivos o inanimados —animales, plantas, elementos naturales—, como mejor apetezca, según las propias exigencias ».<sup>980</sup> Es una responsabilidad que debe crecer, teniendo en cuenta la globalidad de la actual crisis ecológica y la consiguiente necesidad de afrontarla globalmente, ya que todos los seres dependen unos de otros en el orden universal establecido por el Creador: « Conviene tener en cuenta la<i> naturaleza de cada ser</i> y su <i>mutua conexión </i>en un sistema ordenado, que es precisamente el cosmos ».<sup>981</sup></p> <p>Esta perspectiva adquiere una importancia particular cuando se considera, en el contexto de los estrechos vínculos que unen entre sí a los diversos ecosistemas,<i> el valor ambiental de la biodiversidad</i>, que se ha de tratar con sentido de responsabilidad y proteger adecuadamente, porque constituye una riqueza extraordinaria para toda la humanidad. Al respecto, cada uno puede advertir con facilidad, por ejemplo, la importancia de la región de amazónica, « uno de los espacios naturales más apreciados en el mundo por su diversidad biológica, siendo vital para el equilibrio ambiental de todo el planeta ».<sup>982</sup><i> Los bosques</i> contribuyen a mantener los esenciales equilibrios naturales, indispensables para la vida.<sup>983</sup> Su destrucción, incluida la causada por los irrazonables incendios dolosos, acelera los procesos de desertificación con peligrosas consecuencias para las reservas de agua y pone en peligro la vida de muchos pueblos indígenas y el bienestar de las futuras generaciones. Todos, personas y sujetos institucionales, deben sentirse comprometidos en la protección del patrimonio forestal y, donde sea necesario, promover programas adecuados de reforestación.</p> <p><b>467 </b><i>La responsabilidad de salvaguardar el medio ambiente, patrimonio común del género humano, se extiende no sólo a las exigencias del presente, sino también a las del futuro</i>: « Herederos de generaciones pasadas y beneficiándonos del trabajo de nuestros contemporáneos, estamos obligados para con todos y no podemos desinteresarnos de los que vendrán a aumentar todavía más el círculo de la familia humana. La solidaridad universal, que es un hecho y un beneficio para todos, es también un deber ».<sup>984</sup> <i>Se trata de una responsabilidad que las generaciones presentes tienen respecto a las futuras</i>,<sup>985</sup> una responsabilidad que incumbe también a cada Estado y a la Comunidad Internacional.</p> <p><b>468 </b><i>La responsabilidad respecto al medio ambiente debe encontrar una traducción adecuada en ámbito jurídico</i>. Es importante que la Comunidad Internacional elabore reglas uniformes, de manera que esta reglamentación permita a los Estados controlar más eficazmente las diversas actividades que determinan efectos negativos sobre el ambiente y preservar los ecosistemas, previniendo posibles incidentes: « Corresponde a cada Estado, en el ámbito del propio territorio, la función de prevenir el deterioro de la atmósfera y de la biosfera, controlando atentamente, entre otras cosas, los efectos de los nuevos descubrimientos tecnológicos o científicos, y ofreciendo a los propios ciudadanos la garantía de no verse expuestos a agentes contaminantes o a residuos tóxicos ».<sup>986</sup></p> <p>El contenido jurídico del<i> « derecho a un ambiente natural seguro y saludable »</i> <sup>987</sup> será el fruto de una gradual elaboración, solicitada por la opinión pública, preocupada por disciplinar el uso de los bienes de la creación según las exigencias del bien común y con una voluntad común de instituir sanciones para quienes contaminan. Las normas jurídicas, sin embargo, no bastan por sí solas; <sup>988</sup> junto a ellas deben madurar un firme sentido de responsabilidad y un cambio efectivo en la mentalidad y en los estilos de vida.</p> <p><b>469 </b><i>Las autoridades llamadas a tomar decisiones para hacer frente a los riesgos contra la salud y el medio ambiente, a menudo se encuentran ante situaciones en las que los datos científicos disponibles son contradictorios o cuantitativamente escasos: puede ser oportuno entonces hacer una valoración según el « principio de precaución », que no comporta la aplicación de una regla, sino una orientación para gestionar situaciones de incertidumbre</i>. Este principio evidencia la necesidad de tomar una decisión provisional, que podrá ser modificada en base a nuevos conocimientos que eventualmente se logren. La decisión debe ser proporcionada a las medidas ya en acto para otros riesgos. Las políticas preventivas, basadas sobre el principio de precaución, exigen que las decisiones se basen en una comparación entre los riesgos y los beneficios hipotéticos que comporta cada decisión alternativa posible, incluida la decisión de no intervenir. A este planteamiento precaucional está vinculada la exigencia de promover seriamente la adquisición de conocimientos más profundos, aun sabiendo que la ciencia puede no llegar rápidamente a la conclusión de una ausencia de riesgos. Las circunstancias de incertidumbre y provisionalidad hacen especialmente importante la transparencia en el proceso de toma de decisiones.</p> <p><b>470 </b><i>La programación del desarrollo económico debe considerar atentamente « la necesidad de respetar la integridad y los ritmos de la naturaleza »</i>,<sup>989</sup><i> porque los recursos naturales son limitados y algunos no son renovables</i>. El actual ritmo de explotación amenaza seriamente la disponibilidad de algunos recursos naturales para el presente y el futuro.<sup>990</sup> La solución del problema ecológico exige que la actividad económica respete mejor el medio ambiente, conciliando las exigencias del desarrollo económico con las de la protección ambiental. <i>Cualquier actividad económica que se sirva de los recursos naturales debe preocuparse también de la salvaguardia del medio ambiente y prever sus costos</i>, que se han de considerar como « un elemento esencial del coste actual de la actividad económica ».<sup>991</sup> En este contexto se deben considerar las relaciones entre la actividad humana y los <i>cambios climáticos</i> que, debido a su extrema complejidad, deben ser oportuna y constantemente vigilados a nivel científico, político y jurídico, nacional e internacional. El clima es un bien que debe ser protegido y requiere que los consumidores y los agentes de las actividades industriales desarrollen un mayor sentido de responsabilidad en sus comportamientos.<sup>992</sup></p> <p><i>Una economía que respete el medio ambiente no buscará únicamente el objetivo del máximo beneficio, porque la protección ambiental no puede asegurarse sólo en base al cálculo financiero de costos y beneficios</i>. El ambiente es uno de esos bienes que los mecanismos del mercado no son capaces de defender o de promover adecuadamente.<sup>993</sup> Todos los países, en particular los desarrollados, deben advertir la urgente obligación de reconsiderar las modalidades de uso de los bienes naturales. La investigación en el campo de las innovaciones que pueden reducir el impacto sobre el medio ambiente provocado por la producción y el consumo, deberá incentivarse eficazmente.</p> <p>Una particular atención deberá atribuirse a la compleja problemática de los<i> recursos energéticos</i>.<sup>994</sup> Los recursos no renovables, a los que recurren los países altamente industrializados y los de reciente industrialización, deben ser puestos al servicio de toda la humanidad. En una perspectiva moral caracterizada por la equidad y la solidaridad intergeneracional, también se deberá continuar, con la contribución de la comunidad científica, a identificar nuevas fuentes energéticas, a desarrollar las alternativas y a elevar los niveles de seguridad de la energía nuclear.<sup>995</sup> El uso de la energía, por su vinculación con las cuestiones del desarrollo y el ambiente, exige la responsabilidad política de los Estados, de la Comunidad Internacional y de los agentes económicos; estas responsabilidades deberán ser iluminadas y guiadas por la búsqueda continua del bien común universal.</p> <p><b>471 </b><i>La relación que los pueblos indígenas tienen con su tierra y sus recursos merece una consideración especial: se trata de una expresión fundamental de su identidad</i>.<sup>996</sup> Muchos pueblos han perdido o corren el riesgo de perder las tierras en que viven,<sup>997</sup> a las que está vinculado el sentido de su existencia, a causa de poderosos intereses agrícolas e industriales, o condicionados por procesos de asimilación y de urbanización.<sup>998</sup> Los derechos de los pueblos indígenas deben ser tutelados oportunamente.<sup>999</sup> Estos pueblos ofrecen un ejemplo de vida en armonía con el medio ambiente, que han aprendido a conocer y a preservar: <sup>1000</sup> su extraordinaria experiencia, que es una riqueza insustituible para toda la humanidad, corre el peligro de perderse junto con el medio ambiente en que surgió.</p> <p>b) <a name="El_uso_de_las_biotecnologías"><b>El uso de las biotecnologías</b></a></p> <p><b>472 </b><i>En los últimos años se ha impuesto con fuerza la cuestión del uso de las nuevas biotecnologías con finalidades ligadas a la agricultura, la zootecnia, la medicina y la protección del medio ambiente</i>.<i> Las nuevas posibilidades que ofrecen las actuales técnicas biológicas y biogenéticas suscitan, por una parte, esperanzas y entusiasmos y, por otra, alarma y hostilidad.</i> Las aplicaciones de las biotecnologías, su licitud desde el punto de vista moral, sus consecuencias para la salud del hombre, su impacto sobre el medio ambiente y la economía, son objeto de profundo estudio y de animado debate. Se trata de cuestiones controvertidas que afectan a científicos e investigadores, políticos y legisladores, economistas y ambientalistas, productores y consumidores. Los cristianos no son indiferentes a estos problemas, conscientes de la importancia de los valores que están en juego.<sup>1001</sup></p> <p><b>473 </b><i>La visión cristiana de la creación conlleva un juicio positivo sobre la licitud de las intervenciones del hombre en la naturaleza, sin excluir los demás seres vivos, y, al mismo tiempo, comporta una enérgica llamada al sentido de la responsabilidad</i>.<sup>1002</sup> La naturaleza, en efecto, no es una realidad sagrada o divina, vedada a la acción humana. Es, más bien, un don entregado por el Creador a la comunidad humana, confiado a la inteligencia y a la responsabilidad moral del hombre. Por ello, el hombre no comete un acto ilícito cuando, respetando el orden, la belleza y la utilidad de cada ser vivo y de su función en el ecosistema, interviene modificando algunas de las características y propiedades de estos. Si bien, las intervenciones del hombre que dañan los seres vivos o el medio ambiente son deplorables, son en cambio encomiables las que se traducen en una mejora de aquéllos. <i>La licitud del uso de las técnicas biológicas y biogenéticas no agota toda la problemática ética</i>: como en cualquier comportamiento humano, es necesario valorar cuidadosamente su utilidad real y sus posibles consecuencias, también en términos de riesgo. En el ámbito de las intervenciones técnico-científicas que poseen una amplia y profunda repercusión sobre los organismos vivos, con la posibilidad de consecuencias notables a largo plazo, no es lícito actuar con irresponsabilidad ni a la ligera.</p> <p><b>474 </b><i>Las modernas biotecnologías tienen un fuerte impacto social, económico y político, en el plano local, nacional e internacional: se han de valorar según los criterios éticos que deben orientar siempre las actividades y las relaciones humanas en el ámbito socioeconómico y político</i>.<sup>1003</sup> <i>Es necesario tener presentes, sobre todo, los criterios de justicia y solidaridad</i>, a los que deben sujetarse, en primer lugar, los individuos y grupos que trabajan en la investigación y la comercialización en el campo de las biotecnologías. En cualquier caso, no se debe caer en el error de creer que la sola difusión de los beneficios vinculados a las nuevas biotecnologías pueda resolver todos los apremiantes problemas de pobreza y subdesarrollo que subyugan aún a tantos países del mundo.</p> <p><b>475 </b><i>Con espíritu de solidaridad internacional, se pueden poner en práctica diversas medidas relacionadas con el uso de las nuevas biotecnologías</i>. Se ha de facilitar, en primer lugar, el<i> intercambio comercial equitativo</i>,<i> libre de vínculos injustos</i>. Sin embargo, la promoción del desarrollo de los pueblos más necesitados no será auténtica y eficaz si se reduce al mero intercambio de productos. Es indispensable favorecer también la <i>maduración de una necesaria autonomía científica y tecnológica</i> por parte de esos mismos pueblos, promoviendo el <i>intercambio de conocimientos científicos y tecnológicos y la transferencia de tecnologías hacia los países en vías de desarrollo.</i></p> <p><b>476 </b><i>La solidaridad implica también una llamada a la responsabilidad que tienen los países en vías de desarrollo y, particularmente sus autoridades políticas, en la promoción de una política comercial favorable a sus pueblos y del intercambio de tecnologías que puedan mejorar sus condiciones de alimentación y salud.</i> En estos países debe crecer la inversión en investigación, con especial atención a las características y a las necesidades particulares del propio territorio y de la propia población, sobre todo teniendo en cuenta que algunas investigaciones en el campo de las biotecnologías, potencialmente beneficiosas, requieren inversiones relativamente modestas. Con tal fin, sería útil crear Organismos nacionales dedicados a la protección del bien común mediante una gestión inteligente de los riesgos.</p> <p><b>477 </b><i>Los científicos y los técnicos que operan en el sector de las biotecnologías deben trabajar con inteligencia y perseverancia en la búsqueda de las mejores soluciones para los graves y urgentes problemas de la alimentación y de la salud.</i> No han de olvidar que sus actividades atañen a materiales, vivos o inanimados, que son parte del patrimonio de la humanidad, destinado también a las generaciones futuras; para los creyentes, se trata de un don recibido del Creador, confiado a la inteligencia y la libertad humanas, que son también éstas un don del Altísimo. Los científicos han de saber empeñar sus energías y capacidades en una investigación apasionada, guiada por una conciencia limpia y honesta.<sup>1004</sup></p> <p><b>478 </b><i>Los empresarios y los responsables de los entes públicos que se ocupan de la investigación, la producción y el comercio de los productos derivados de las nuevas biotecnologías deben tener en cuenta no sólo el legítimo beneficio, sino también el bien común</i>. Este principio, que vale para toda actividad económica, resulta particularmente importante cuando se trata de actividades relacionadas con la alimentación, la medicina, la protección del medio ambiente y el cuidado de la salud. Los empresarios y los responsables de los entes públicos interesados pueden orientar, con sus decisiones, el sector de las biotecnologías hacia metas con un importante impacto en lo que se refiere a la lucha contra el hambre, especialmente en los países más pobres, la lucha contra las enfermedades y la lucha por salvaguardar el ecosistema, patrimonio de todos.</p> <p><b>479 </b><i>Los políticos, los legisladores y los administradores públicos tienen la responsabilidad de valorar las potencialidades, las ventajas y los eventuales riesgos vinculados al uso de las biotecnologías</i>. Es inaceptable que sus decisiones, a nivel nacional o internacional, estén dictadas por presiones procedentes de intereses particulares. Las autoridades públicas deben favorecer también una correcta información de la opinión pública y saber tomar las decisiones más convenientes para el bien común.</p> <p><b>480 </b><i>Los responsables de la información tienen también una tarea importante en este ámbito, que han de ejercer con prudencia y objetividad</i>. La sociedad espera de ellos una información completa y objetiva, que ayude a los ciudadanos a formarse una opinión correcta sobre los productos biotecnológicos, porque se trata de algo que les concierne en primera persona, en cuanto posibles consumidores. Se debe evitar, por tanto, caer en la tentación de una información superficial, alimentada por fáciles entusiasmos o por alarmismos injustificados.</p> <p>c) <a name="Medio_ambiente_y_distribución_de_los_bie"><b>Medio ambiente y distribución de los bienes</b></a></p> <p><b>481 </b><i>También en el campo de la ecología la doctrina social invita a tener presente que los bienes de la tierra han sido creados por Dios para ser sabiamente usados por todos: estos bienes deben ser equitativamente compartidos, según la justicia y la caridad</i>. Se trata fundamentalmente de impedir la injusticia de un acaparamiento de los recursos: la avidez, ya sea individual o colectiva, es contraria al orden de la creación.<sup>1005</sup><i> Los actuales problemas ecológicos, de carácter planetario, pueden ser afrontados eficazmente sólo gracias a una cooperación internacional capaz de garantizar una mayor coordinación en el uso de los recursos de la tierra</i></p> <p><b>482 </b><i>El principio del destino universal de los bienes ofrece una orientación fundamental, moral y cultural, para deshacer el complejo y dramático nexo que une la crisis ambiental con la pobreza</i>. La actual crisis ambiental afecta particularmente a los más pobres, bien porque viven en tierras sujetas a la erosión y a la desertización, están implicados en conflictos armados o son obligados a migraciones forzadas, bien porque no disponen de los medios económicos y tecnológicos para protegerse de las calamidades.</p> <p>Multitudes de estos pobres viven en los suburbios contaminados de las ciudades, en alojamientos fortuitos o en conglomerados de casas degradadas y peligrosas (<i>slums, bidonvilles, barrios, favelas</i>). En el caso que se deba proceder a su traslado, y para no añadir más sufrimiento al que ya padecen, es necesario proporcionar una información adecuada y previa, ofrecer alternativas de alojamientos dignos e implicar directamente a los interesados.</p> <p>Téngase presente, además, la situación de los países penalizados por las reglas de un comercio internacional injusto, en los que la persistente escasez de capitales se agrava, con frecuencia, por el peso de la deuda externa: en estos casos, el hambre y la pobreza hacen casi inevitable una explotación intensiva y excesiva del medio ambiente.</p> <p><b>483 </b><i>El estrecho vínculo que existe entre el desarrollo de los países más pobres, los cambios demográficos y un uso sostenible del ambiente, no debe utilizarse como pretexto para decisiones políticas y económicas poco conformes a la dignidad de la persona humana</i>. En el Norte del planeta se asiste a una « <i>caída de la tasa de natalidad</i>, con repercusiones en el envejecimiento de la población, incapaz incluso de renovarse biológicamente »,<sup>1006</sup> mientras que en el Sur la situación es diversa. Si bien es cierto que la desigual distribución de la población y de los recursos disponibles crean obstáculos al desarrollo y al uso sostenible del ambiente, debe reconocerse que el crecimiento demográfico es plenamente compatible con un desarrollo integral y solidario: <sup>1007</sup> « Todos están de acuerdo en que la política demográfica representa sólo una parte de una estrategia global de desarrollo. Así pues, es importante que cualquier discusión sobre políticas demográficas tenga en cuenta el desarrollo actual y futuro de las Naciones y las zonas. Al mismo tiempo, es imposible no considerar la verdadera naturaleza de lo que significa el término "desarrollo". Todo desarrollo digno de este nombre ha de ser integral, es decir, ha de buscar el verdadero bien de toda persona y de toda la persona ».<sup>1008</sup></p> <p><b>484 </b><i>El principio del destino universal de los bienes, naturalmente, se aplica también al agua, considerada en la Sagrada Escritura símbolo de purificación</i> (cf.<i> Sal</i> 51,4; <i>Jn</i> 13,8)<i> y de vida</i> (cf.<i> Jn </i>3,5;<i> Ga</i> 3,27): « Como don de Dios, el agua es instrumento vital, imprescindible para la supervivencia y, por tanto, un derecho de todos ».<sup>1009</sup> La utilización del agua y de los servicios a ella vinculados debe estar orientada a satisfacer las necesidades de todos y sobre todo de las personas que viven en la pobreza. El acceso limitado al agua potable repercute sobre el bienestar de un número enorme de personas y es con frecuencia causa de enfermedades, sufrimientos, conflictos, pobreza e incluso de muerte: para resolver adecuadamente esta cuestión, « se debe enfocar de forma que se establezcan criterios morales basados precisamente en el valor de la vida y en el respeto de los derechos humanos y de la dignidad de todos los seres humanos ».<sup>1010</sup></p> <p><b>485 </b><i>El agua, por su misma naturaleza, no puede ser tratada como una simple mercancía más entre las otras, y su uso debe ser racional y solidario</i>. Su distribución forma parte, tradicionalmente, de las responsabilidades de los entes públicos, porque el agua ha sido considerada siempre como un bien público, una característica que debe mantenerse, aun cuando la gestión fuese confiada al sector privado. El derecho al agua,<sup>1011</sup> como todos los derechos del hombre, se basa en la dignidad humana y no en valoraciones de tipo meramente cuantitativo, que consideran el agua sólo como un bien económico. Sin agua, la vida está amenazada. Por tanto, el derecho al agua es un derecho universal e inalienable.</p> <p>d) <a name="Nuevos_estilos_de_vida"><b>Nuevos estilos de vida</b></a></p> <p><b>486 </b><i>Los graves problemas ecológicos requieren un efectivo cambio de mentalidad que lleve a adoptar nuevos estilos de vida</i>,<sup>1012</sup> « a tenor de los cuales la búsqueda de la verdad, de la belleza y del bien, así como la comunión con los demás hombres para un desarrollo común, sean los elementos que determinen las opciones del consumo, de los ahorros y de las inversiones ».<sup>1013</sup> Tales estilos de vida deben estar presididos por la sobriedad, la templanza, la autodisciplina, tanto a nivel personal como social. Es necesario abandonar la lógica del mero consumo y promover formas de producción agrícola e industrial que respeten el orden de la creación y satisfagan las necesidades primarias de todos. Una actitud semejante, favorecida por la renovada conciencia de la interdependencia que une entre sí a todos los habitantes de la tierra, contribuye a eliminar diversas causas de desastres ecológicos y garantiza una capacidad de pronta respuesta cuando estos percances afectan a pueblos y territorios.<sup>1014</sup> La cuestión ecológica no debe ser afrontada únicamente en razón de las terribles perspectivas que presagia la degradación ambiental: tal cuestión debe ser, principalmente, una vigorosa motivación para promover una auténtica solidaridad de dimensión mundial.</p> <p><b>487 </b><i>La actitud que debe caracterizar al hombre ante la creación es esencialmente la de la gratitud y el reconocimiento</i>: <i>el mundo, en efecto, orienta hacia el misterio de Dios, que lo ha creado y lo sostiene. </i>Si se coloca entre paréntesis la relación con Dios, la naturaleza pierde su significado profundo, se la empobrece. En cambio, si se contempla la naturaleza en su dimensión de criatura, se puede establecer con ella una relación comunicativa, captar su significado evocativo y simbólico y penetrar así en el horizonte del <i>misterio</i>, que abre al hombre el paso hacia Dios, Creador de los cielos y de la tierra.<i> El mundo se presenta a la mirada del hombre como huella de Dios</i>, lugar donde se revela su potencia creadora, providente y redentora.</p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-43475155288210559672008-06-01T23:12:00.000-03:002008-06-01T23:12:09.454-03:00CAPÍTULO NOVENO: LA COMUNIDAD INTERNACIONAL<p><b><font color="#0000a0">I. ASPECTOS BÍBLICOS</font></b></p> <p>a)<b> <a name="La_unidad_de_la_familia_humana">La unidad de la familia humana</a></b></p> <p><b>428 </b><i>Las narraciones bíblicas sobre los orígenes muestran la unidad del género humano y enseñan que el Dios de Israel es el Señor de la historia y del cosmos</i>: su acción abarca todo el mundo y la entera familia humana, a la cual está destinada la obra de la creación. La decisión de Dios de hacer al hombre a su imagen y semejanza (cf.<i> Gn </i>1,26-27) confiere a la criatura humana una dignidad única, que se extiende a todas las generaciones (cf. <i>Gn </i>5) y sobre toda la tierra (cf.<i> Gn </i>10). <i>El libro del Génesis muestra, además, que el ser humano no ha sido creado aislado, sino dentro de un contexto</i> del cual son parte integrante el espacio vital, que le asegura la libertad (el jardín), la disponibilidad de alimentos (los árboles del jardín), el trabajo (el mandato de cultivar) y sobre todo la comunidad (el don de la ayuda de alguien semejante a él) (cf.<i> Gn </i>2,8-24). Las condiciones que aseguran plenitud a la vida humana son, en todo el Antiguo Testamento, objeto de la bendición divina. Dios quiere garantizar al hombre los bienes necesarios para su crecimiento, la posibilidad de expresarse libremente, el resultado positivo del trabajo, la riqueza de relaciones entre seres semejantes.</p> <p><b>429 </b><i>La alianza de Dios con Noé </i>(cf.<i> Gn</i> 9,1-17),<i> y en él con toda la humanidad, después de la destrucción causada por el diluvio, manifiesta que Dios quiere mantener para la comunidad humana la bendición de la fecundidad,</i> la tarea de dominar la creación y la absoluta dignidad e intangibilidad de la vida humana que habían caracterizado la primera creación, no obstante que en ella se haya introducido, con el pecado, la degeneración de la violencia y de la injusticia, castigada con el diluvio. El libro del <i>Génesis</i> presenta con admiración la variedad de los pueblos, obra de la acción creadora de Dios (cf.<i> Gn </i>10,1-32) y, al mismo tiempo, estigmatiza el rechazo por parte del hombre de su condición de criatura, en el episodio de la torre de Babel (cf.<i> Gn </i>11,1-9). Todos los pueblos, en el plan divino, tenían « un mismo lenguaje e idénticas palabras » (<i>Gn</i> 11,1), pero los hombres se dividen, dando la espalda al Creador (cf. <i>Gn</i> 11,4).</p> <p><b>430 </b><i>La alianza establecida por Dios con Abraham, elegido como « padre de una muchedumbre de pueblos »</i> (<i>Gn </i>17,4),<i> abre el camino para la reunificación de la familia humana con su Creador. </i>La historia de salvación induce al pueblo de Israel a pensar que la acción divina esté limitada a su tierra. Sin embargo, poco a poco, se va consolidando la convicción que Dios actúa también entre las otras Naciones (cf.<i> Is</i> 19,18-25). Los Profetas anunciarán para el tiempo escatológico la peregrinación de los pueblos al templo del Señor y una era de paz entre las Naciones (cf.<i> Is</i> 2,2-5; 66,18-23). Israel, disperso en el exilio, tomará definitivamente conciencia de su papel de testigo del único Dios (cf. <i>Is </i>44,6-8), Señor del mundo y de la historia de los pueblos (cf.<i> Is</i> 44,24-28).</p> <p>b) <a name="Jesucristo_prototipo_y_fundamento_de_la_"><b>Jesucristo prototipo y fundamento de la nueva humanidad</b></a></p> <p><b>431 </b><i>El Señor Jesús es el prototipo y el fundamento de la nueva humanidad.</i> En Él, verdadera « imagen de Dios » (<i>2 Co </i>4,4), encuentra su plenitud el hombre creado por Dios a su imagen. En el testimonio definitivo de amor que Dios ha manifestado en la Cruz de Cristo, todas las barreras de enemistad han sido derribadas (cf.<i> Ef </i>2,12-18) y para cuantos viven la vida nueva en Cristo, las diferencias raciales y culturales no son ya motivo de división (cf. <i>Rm</i> 10,12;<i> Ga </i>3,26-28;<i> Col</i> 3,11).</p> <p><i>Gracias al Espíritu, la Iglesia conoce el designio divino que alcanza a todo el género humano</i> (cf.<i> Hch </i>17,26) y que está destinado a reunir, en el misterio de una salvación realizada bajo el señorío de Cristo (cf. <i>Ef</i> 1,8-10), toda la realidad creatural fragmentada y dispersa. Desde el día de Pentecostés, cuando la Resurrección es anunciada a los diversos pueblos y comprendida por cada uno en su propia lengua (cf.<i> Hch </i>2,6), la Iglesia cumple la misión de restaurar y testimoniar la unidad perdida en Babel: gracias a este ministerio eclesial, la familia humana está llamada a redescubrir su unidad y a reconocer la riqueza de sus diferencias, para alcanzar en Cristo « la unidad completa ».<sup>873</sup></p> <p>c) <a name="La_vocación_universal_del_cristianismo"><b>La vocación universal del cristianismo</b></a></p> <p><b>432 </b><i>El mensaje cristiano ofrece una visión universal de la vida de los hombres y de los pueblos sobre la tierra</i>,<sup>874</sup><i> que hace comprender la unidad de la familia humana</i>.<sup>875</sup> Esta unidad no se construye con la fuerza de las armas, del terror o de la prepotencia; es más bien el resultado de aquel « supremo<i> modelo de unidad</i>, reflejo de la vida íntima de Dios, Uno en tres personas... que los cristianos expresamos con la palabra “<i>comunión</i>” »,<sup>876</sup> y una conquista de la<i> fuerza moral y cultural de la libertad</i>.<sup>877</sup> El mensaje cristiano ha sido decisivo para hacer entender a la humanidad que los pueblos tienden a unirse no sólo en razón de formas de organización, de vicisitudes políticas, de proyectos económicos o en nombre de un internacionalismo abstracto e ideológico, sino porque libremente se orientan hacia la cooperación, conscientes de « pertenecer como miembros vivos a la gran comunidad mundial ».<sup>878</sup> La comunidad mundial debe proponerse cada vez más y mejor como figura concreta de la unidad querida por el Creador: « Ninguna época podrá borrar la unidad social de los hombres, puesto que consta de individuos que poseen con igual derecho una misma dignidad natural. Por esta causa, será siempre necesario, por imperativos de la misma naturaleza, atender debidamente al bien<i> universal</i>, es decir, al que afecta a toda la familia humana ».<sup>879</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">II. LAS REGLAS FUNDAMENTALES <br />DE LA COMUNIDAD INTERNACIONAL</font></b></p> <p>a) <a name="Comunidad_Internacional_y_valores"><b>Comunidad Internacional y valores</b></a></p> <p><b>433 </b><i>La centralidad de la persona humana y la natural tendencia de las personas y de los pueblos a estrechar relaciones entre sí, son los elementos fundamentales para construir una verdadera Comunidad Internacional, cuya organización debe orientarse al efectivo bien común universal</i>.<sup>880</sup> A pesar de que esté ampliamente difundida la aspiración hacia una auténtica comunidad internacional, la unidad de la familia humana no encuentra todavía realización, puesto que se ve obstaculizada por ideologías materialistas y nacionalistas que niegan los valores propios de la persona considerada integralmente, en todas sus dimensiones, material y espiritual, individual y comunitaria. En particular, es moralmente inaceptable cualquier teoría o comportamiento inspirados en el racismo y en la discriminación racial.<sup>881</sup></p> <p><i>La convivencia entre las Naciones se funda en los mismos valores que deben orientar la de los seres humanos entre sí: la verdad, la justicia, la solidaridad y la libertad<sup>882</sup></i>. La enseñanza de la Iglesia en el ámbito de los principios constitutivos de la Comunidad Internacional, exhorta a las relaciones entre los pueblos y las comunidades políticas encuentren su justa regulación en la razón, la equidad, el derecho, la negociación, al tiempo que excluye el recurso a la violencia y a la guerra, a formas de discriminación, de intimidación y de engaño.<sup>883</sup></p> <p><b>434 </b><i>El derecho se presenta como instrumento de garantía del orden internacional</i>,<sup>884</sup> es decir, de la convivencia entre comunidades políticas que individualmente buscan el bien común de sus ciudadanos y que colectivamente deben tender al de todos los pueblos,<sup>885</sup> con la convicción de que el bien común de una Nación es inseparable del bien de toda la familia humana.<sup>886</sup></p> <p><i>La Comunidad Internacional</i><i> es una comunidad jurídica fundada en la soberanía de cada uno de los Estados miembros, sin vínculos de subordinación que nieguen o limiten su independencia<sup>887</sup></i>. Concebir de este modo la comunidad internacional<i> no significa en absoluto relativizar o eliminar las diferencias y características peculiares de cada pueblo, sino favorecer sus expresiones</i>.<sup>888</sup> La valoración de las diferentes identidades ayuda a superar las diversas formas de división que tienden a separar los pueblos y hacerlos portadores de un egoísmo de efectos desestabilizadores.</p> <p><b>435 </b><i>El Magisterio reconoce la importancia de la soberanía nacional, concebida ante todo como expresión de la libertad que debe regular las relaciones entre los Estados</i>.<sup>889</sup> La soberanía representa la<i> subjetividad</i> <sup>890</sup> <i>de una Nación</i> en su perfil político, económico, social y cultural. La dimensión cultural adquiere un valor decisivo como punto de apoyo para resistir los actos de agresión o las formas de dominio que condicionan la libertad de un país: la cultura constituye la garantía para conservar la identidad de un pueblo, expresa y promueve su<i> soberanía espiritual</i>.<sup>891</sup></p> <p><i>La soberanía nacional no es, sin embargo, un absoluto. Las Naciones pueden renunciar libremente al ejercicio de algunos de sus derechos, en orden a lograr un objetivo común, </i>con la conciencia de formar una « familia »,<sup>892</sup> donde deben reinar la confianza recíproca, el apoyo y respeto mutuos. En esta perspectiva, merece una atenta consideración la ausencia de un acuerdo internacional que vele adecuadamente por « los derechos de las Naciones »,<sup>893</sup> cuya preparación podría resolver de manera oportuna las cuestiones relacionadas con la justicia y la libertad en el mundo contemporáneo.</p> <p>b) <a name="Relaciones_fundadas_sobre_la_armonía_ent"><b>Relaciones fundadas sobre la armonía entre el orden jurídico y el orden moral</b></a></p> <p><b>436 </b><i>Para realizar y consolidar un orden internacional que garantice eficazmente la pacífica convivencia entre los pueblos, la misma ley moral que rige la vida de los hombres debe regular también las relaciones entre los Estados</i>: « Ley moral, cuya observancia debe ser inculcada y promovida por la opinión pública de todas las Naciones y de todos los Estados con tal unanimidad de voz y de fuerza, que ninguno pueda osar ponerla en duda o atenuar su vínculo obligante ».<sup>894</sup> Es necesario que la<i> ley moral universal, </i>escrita en el corazón del hombre, sea considerada efectiva e inderogable cual viva expresión de la conciencia que la humanidad tiene en común, una « gramática » <sup>895</sup> capaz de orientar el diálogo sobre el futuro del mundo.</p> <p><b>437 </b><i>El respeto universal de los principios que inspiran una « ordenación jurídica del Estado, la cual responde a las normas de la moral »</i> <sup>896</sup> <i>es condición necesaria para la estabilidad de la vida internacional. La búsqueda de tal estabilidad ha propiciado la gradual elaboración de un derecho de gentes</i> <sup>897</sup> <i>« ius gentium »</i>, que puede considerarse como el « antepasado del derecho internacional ».<sup>898</sup> La reflexión jurídica y teológica, vinculada al derecho natural, ha formulado « principios universales que son anteriores y superiores al derecho interno de los Estados »,<sup>899</sup> como son la unidad del género humano, la igual dignidad de todos los pueblos, el rechazo de la guerra para superar las controversias, la obligación de cooperar al bien común, la exigencia de mantener los acuerdos suscritos (« <i>pacta sunt servanda »</i>). Este último principio se debe subrayar especialmente a fin de evitar « la tentación de apelar al<i> derecho de la fuerza </i>más que a la <i>fuerza del derecho</i> ».<sup>900</sup></p> <p><b>438 </b><i>Para resolver los conflictos que surgen entre las diversas comunidades políticas y que comprometen la estabilidad de las Naciones y la seguridad internacional, es indispensable pactar reglas comunes derivadas del diálogo, renunciando definitivamente a la idea de buscar la justicia mediante el recurso a la guerra</i>: <sup>901</sup> « La guerra puede terminar, sin vencedores ni vencidos, en un suicidio de la humanidad; por lo cual hay que repudiar la lógica que conduce a ella, la idea de que la lucha por la destrucción del adversario, la contradicción y la guerra misma sean factores de progreso y de avance de la historia ».<sup>902</sup></p> <p><i>La Carta</i><i> de las Naciones Unidas repudia no sólo el recurso a la fuerza, sino también la misma amenaza de emplearla</i>: <sup>903</sup> esta disposición nació de la trágica experiencia de la Segunda Guerra Mundial. El Magisterio no había dejado de señalar, durante aquel conflicto, algunos factores indispensables para edificar un nuevo orden internacional: la libertad y la integridad territorial de cada Nación; la tutela de los derechos de las minorías; un reparto equitativo de los bienes de la tierra; el rechazo de la guerra y la puesta en práctica del desarme; la observancia de los pactos acordados; el cese de la persecución religiosa.<sup>904</sup></p> <p><b>439 </b><i>Para consolidar el primado del derecho, es importante ante todo consolidar el principio de la confianza recíproca</i>.<sup>905</sup> <i>En esta perspectiva, es necesario remozar los instrumentos normativos para la solución pacífica de las controversias de modo que se refuercen su alcance y su obligatoriedad. </i>Las instituciones de la negociación, la mediación, la conciliación y el arbitraje, que son expresión de la legalidad internacional, deben apoyarse en la creación de « <i>una autoridad judicial totalmente efectiva</i> en un mundo en paz ».<sup>906</sup> Un progreso en esta dirección permitirá a la Comunidad Internacional presentarse no ya como un simple momento de agrupación de la vida de los Estados, sino como una estructura en la que los conflictos pueden resolverse pacíficamente: « Así como dentro de cada Estado (...) el sistema de la venganza privada y de la represalia ha sido sustituido por el imperio de la ley, así también es urgente ahora que semejante progreso tenga lugar en la Comunidad internacional ».<sup>907</sup> En definitiva, el derecho internacional « debe evitar que prevalezca la ley del más fuerte ».<sup>908</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">III. LA ORGANIZACIÓN <br />DE LA COMUNIDAD INTERNACIONAL</font></b></p> <p>a) <a name="El_valor_de_las_Organizaciones_Internaci"><b>El valor de las Organizaciones Internacionales</b></a></p> <p><b>440 </b><i>La Iglesia</i><i> favorece el camino hacia una auténtica « comunidad » internacional, que ha asumido una dirección precisa mediante la institución de la Organización de las Naciones Unidas en 1945</i>. Esta organización « ha contribuido a promover notablemente el respeto de la dignidad humana, la libertad de los pueblos y la exigencia del desarrollo, preparando el terreno cultural e institucional sobre el cual construir la paz ».<sup>909</sup> La doctrina social, en general, considera positivo el papel de las Organizaciones intergubernamentales, en particular de las que actúan en sectores específicos,<sup>910</sup> si bien ha expresado reservas cuando afrontan los problemas de forma incorrecta.<sup>911</sup> El Magisterio recomienda que la acción de los Organismos internacionales responda a las necesidades humanas en la vida social y en los ambientes relevantes para la convivencia pacífica y ordenada de las Naciones y de los pueblos.<sup>912</sup></p> <p><b>441 </b><i>La solicitud por lograr una ordenada y pacífica convivencia de la familia humana impulsa al Magisterio a destacar la exigencia de instituir « una autoridad pública universal reconocida por todos, con poder eficaz para garantizar la seguridad, el cumplimiento de la justicia y el respeto de los derechos »</i>.<sup>913</sup> En el curso de la historia, no obstante los cambios de perspectiva de las diversas épocas, se ha advertido constantemente la necesidad de una autoridad semejante para responder a los problemas de dimensión mundial que presenta la búsqueda del bien común: es esencial que esta autoridad sea el fruto de un acuerdo y no de una imposición, y no se entienda como un « super-estado global ».<sup>914</sup></p> <p><i>Una autoridad política ejercida en el marco de la Comunidad Internacional debe estar regulada por el derecho, ordenada al bien común y ser respetuosa del principio de subsidiaridad</i>: « No corresponde a esta autoridad mundial limitar la esfera de acción o invadir la competencia propia de la autoridad pública de cada Estado. Por el contrario, la autoridad mundial debe procurar que en todo el mundo se cree un ambiente dentro del cual no sólo los poderes públicos de cada Nación, sino también los individuos y los grupos intermedios, puedan con mayor seguridad realizar sus funciones, cumplir sus deberes y defender sus derechos ».<sup>915</sup></p> <p><b>442 </b><i>Una política internacional que tienda al objetivo de la paz y del desarrollo mediante la adopción de medidas coordinadas</i>,<sup>916</sup> <i>es más que nunca necesaria a causa de la globalización de los problemas</i>. El Magisterio subraya que la interdependencia entre los hombres y entre las Naciones adquiere una dimensión moral y determina las relaciones del mundo actual en el ámbito económico, cultural, político y religioso. En este contexto es de desear una revisión de las Organizaciones internacionales; es éste un proceso que « supone la superación de las rivalidades políticas y la renuncia a la voluntad de instrumentalizar dichas organizaciones, cuya razón única debe ser el<i> bien común</i> »,<sup>917</sup> con el objetivo de conseguir « <i>un grado superior de ordenamiento internacional</i> ».<sup>918</sup></p> <p><i>En particular, las estructuras intergubernamentales deben ejercitar eficazmente sus funciones de control y guía en el campo de la economía, </i>ya que el logro del bien común es hoy en día una meta inalcanzable para cada uno de los Estados, aun cuando posean un gran dominio en términos de poder, riqueza, fuerza política.<sup>919</sup> Los Organismos internacionales deben, además, garantizar la igualdad, que es el fundamento del derecho de todos a la participación en el proceso de pleno desarrollo, respetando las legítimas diversidades.<sup>920</sup></p> <p><b>443 </b><i>El Magisterio valora positivamente el papel de las agrupaciones que se han ido creando en la sociedad civil para desarrollar una importante función de formación y sensibilización de la opinión pública en los diversos aspectos de la vida internacional</i>, con una especial atención por el respeto de los derechos del hombre, como lo demuestra « el número de asociaciones privadas, algunas de alcance mundial, de reciente creación, y casi todas comprometidas en seguir con extremo cuidado y loable objetividad los acontecimientos internacionales en un campo tan delicado ».<sup>921</sup></p> <p>Los Gobiernos deberían sentirse animados a la vista de este esfuerzo, que busca poner en práctica los ideales que inspiran la comunidad internacional, « especialmente a través de los gestos concretos de solidaridad y de paz de tantas personas que trabajan en las <i>Organizaciones No Gubernativas</i> y en los<i> Movimientos </i>en favor de los derechos humanos ».<sup>922</sup></p> <p>b) <a name="La_personalidad_jurídica_de_la_Santa_Sed"><b>La personalidad jurídica de </b></a><b>la Santa Sede</b></p> <p><b>444 </b><i>La Santa Sede</i><i> —o Sede Apostólica</i>— <sup>923</sup><i> goza de plena subjetividad internacional, en cuanto autoridad soberana que realiza actos jurídicamente propios. Ejerce una soberanía externa, reconocida en el marco de la Comunidad Internacional, que refleja la ejercida dentro de la Iglesia</i> y que se caracteriza por la <i>unidad organizativa </i>y la<i> independencia</i>. La Iglesia se sirve de las modalidades jurídicas que son necesarias o útiles para el desempeño de su misión.</p> <p><i>La actividad internacional de la Santa Sede se manifiesta objetivamente según diversos aspectos, entre los que se hallan</i>: el derecho de legación activo y pasivo; el ejercicio del « <i>ius contrahendi</i> », con la estipulación de tratados; la participación en organizaciones intergubernamentales, como por ejemplo, las que pertenecen al sistema de las Naciones Unidas; las iniciativas de mediación en caso de conflicto. Esta actividad pretende ofrecer un servicio desinteresado a la Comunidad Internacional, ya que no busca beneficios de parte, sino el bien común de toda la familia humana. En este contexto, la Santa Sede se sirve especialmente del propio personal diplomático.</p> <p><b>445 </b><i>El servicio diplomático de la Santa Sede, fruto de una praxis antigua y consolidada, es un instrumento que actúa no sólo para la </i>« libertas Ecclesiae »<i>, sino también para la defensa y la promoción de la dignidad humana, así como para establecer un orden social basado en los valores de la </i>justicia, la verdad, la libertad y el amor: « Por un nativo derecho inherente a nuestra misma misión espiritual, favorecido por un secular desarrollo de acontecimientos históricos, también Nos enviamos nuestros legados a las supremas autoridades de los Estados en los que está radicada o presente de alguna manera la Iglesia Católica. Es cierto que las finalidades de la Iglesia y del Estado son de orden diferente, y que ambas son sociedades perfectas, dotadas, por tanto, de medios propios, y son independientes en la propia esfera de acción; pero es también cierto que una y otra actúan en beneficio de un sujeto común, el hombre, llamado por Dios a la salvación eterna y colocado en la tierra para permitirle, con la ayuda de la gracia, obtenerla mediante una vida de trabajo, que le proporcione bienestar en una convivencia pacífica ».<sup>924</sup> El bien de las personas y de las comunidades humanas resulta favorecido cuando existe un diálogo constructivo y articulado entre la Iglesia y las autoridades civiles, que se expresa también mediante la estipulación de acuerdos recíprocos. Este diálogo tiende a establecer o reforzar relaciones de recíproca comprensión y colaboración, así como a prevenir o a sanar eventuales tensiones, con el fin de contribuir al progreso de cada pueblo y de toda la humanidad en la justicia y en la paz.</p> <p><b><font color="#0000a0">IV. LA COOPERACIÓN INTERNACIONAL <br />PARA EL DESARROLLO</font></b></p> <p>a) <a name="Colaboración_para_garantizar_el_derecho_"><b>Colaboración para garantizar el derecho al desarrollo</b></a></p> <p><b>446 </b><i>La solución al problema del desarrollo requiere la cooperación entre las comunidades políticas particulares: </i>« Las Naciones, al hallarse necesitadas las unas de ayudas complementarias y las otras de ulteriores perfeccionamientos, sólo podrán atender a su propia utilidad mirando simultáneamente al provecho de los demás. Por lo cual es de todo punto preciso que los Estados se entiendan bien y se presten ayuda mutua ».<sup>925</sup> El subdesarrollo parece una situación imposible de eliminar, casi una condena fatal, si se considera que éste no es sólo fruto de decisiones humanas equivocadas, sino también resultado de « <i>mecanismos</i> económicos, financieros y sociales » <sup>926</sup> y de « estructuras de pecado » <sup>927</sup> que impiden el pleno desarrollo de los hombres y de los pueblos.</p> <p><i>Estas dificultades, sin embargo, deben ser afrontadas con determinación firme y perseverante</i>, <i>porque el desarrollo no es sólo una aspiración, sino un derecho</i> <sup>928</sup> <i>que, como todo derecho, implica una obligación</i>: « La cooperación al desarrollo de todo el hombre y de cada hombre es un deber de<i> todos para con todos</i> y, al mismo tiempo, debe ser común a las cuatro partes del mundo: Este y Oeste, Norte y Sur ».<sup>929</sup> En la visión del Magisterio,<i> el derecho al desarrollo</i> se funda en los siguientes principios: unidad de origen y destino común de la familia humana; igualdad entre todas las personas y entre todas las comunidades, basada en la dignidad humana; destino universal de los bienes de la tierra; integridad de la noción de desarrollo; centralidad de la persona humana; solidaridad.</p> <p><b>447 </b><i>La doctrina social induce a formas de cooperación capaces de incentivar el acceso al mercado internacional de los países marcados por la pobreza y el subdesarrollo</i>: « En años recientes se ha afirmado que el desarrollo de los países más pobres dependía del aislamiento del mercado mundial, así como de su confianza exclusiva en las propias fuerzas. La historia reciente ha puesto de manifiesto que los países que se han marginado han experimentado un estancamiento y retroceso; en cambio, han experimentado un desarrollo los países que han logrado introducirse en la interrelación general de las actividades económicas a nivel internacional. Parece, pues, que el mayor problema está en conseguir un acceso equitativo al mercado internacional, fundado no sobre el principio unilateral de la explotación de los recursos naturales, sino sobre la valoración de los recursos humanos ».<sup>930</sup> Entre las causas que en mayor medida concurren a determinar el subdesarrollo y la pobreza, además de la imposibilidad de acceder al mercado internacional,<sup>931</sup> se encuentran el analfabetismo, las dificultades alimenticias, la ausencia de estructuras y servicios, la carencia de medidas que garanticen la asistencia básica en el campo de la salud, la falta de agua potable, la corrupción, la precariedad de las instituciones y de la misma vida política. Existe, en muchos países, una conexión entre la pobreza y la falta de libertad, de posibilidades de iniciativa económica, de administración estatal capaz de predisponer un adecuado sistema de educación e información.</p> <p><b>448 </b><i>El espíritu de cooperación internacional requiere que, por encima de la estrecha lógica del mercado, se desarrolle la conciencia del deber de solidaridad, de justicia social y de caridad universal</i>,<sup>932</sup> porque existe « <i>algo que es debido al hombre porque es hombre, </i>en virtud de su eminente dignidad ».<sup>933</sup> La cooperación es la vía en la que la Comunidad Internacional en su conjunto debe comprometerse y recorrer « según una concepción adecuada del bien común con referencia a toda la familia humana ».<sup>934</sup> De ella derivarán efectos muy positivos, por ejemplo, un aumento de confianza en las potencialidades de las personas pobres y, por tanto, de los países pobres y una equitativa distribución de los bienes.</p> <p>b) <a name="Lucha_contra_la_pobreza"><b>Lucha contra la pobreza</b></a></p> <p><b>449 </b><i>Al comienzo del nuevo milenio, la pobreza de miles de millones de hombres y mujeres es « la cuestión que, más que cualquier otra, interpela nuestra conciencia humana y cristiana »</i>.<sup>935</sup> La pobreza manifiesta un dramático problema de justicia: la pobreza, en sus diversas formas y consecuencias, se caracteriza por un crecimiento desigual y no reconoce a cada pueblo el « igual derecho a “sentarse a la mesa del banquete común” ».<sup>936</sup> Esta pobreza hace imposible la realización de aquel<i> humanismo pleno </i>que la Iglesia auspicia y propone, a fin de que las personas y los pueblos puedan « ser más » <sup>937</sup> y vivir en « condiciones más humanas ».<sup>938</sup></p> <p><i>La lucha contra la pobreza encuentra una fuerte motivación en la opción o amor preferencial de la Iglesia por los pobres</i>.<sup>939</sup> En toda su enseñanza social, la Iglesia no se cansa de confirmar también otros principios fundamentales: primero entre todos, el <i>destino universal de los bienes</i>.<sup>940</sup> Con la constante reafirmación del principio de la<i> solidaridad</i>, la doctrina social insta a pasar a la acción para promover « el bien de todos y cada uno, para que todos seamos verdaderamente responsables de todos ».<sup>941</sup> El principio de solidaridad, también en la lucha contra la pobreza, debe ir siempre acompañado oportunamente por el de <i>subsidiaridad</i>, gracias al cual es posible estimular el espíritu de iniciativa, base fundamental de todo desarrollo socioeconómico, en los mismos países pobres: <sup>942</sup> a los pobres se les debe mirar « no como un problema, sino como los que pueden llegar a ser sujetos y protagonistas de un futuro nuevo y más humano para todo el mundo ».<sup>943</sup></p> <p>c) <a name="La_deuda_externa"><b>La deuda externa</b></a></p> <p><b>450 </b><i>El derecho al desarrollo debe tenerse en cuenta en las cuestiones vinculadas a la crisis deudora de muchos países pobres</i>.<sup>944</sup> Esta crisis tiene en su origen causas complejas de naturaleza diversa, tanto de carácter internacional —fluctuación de los cambios, especulación financiera, neocolonialismo económico— como internas a los países endeudados —corrupción, mala gestión del dinero público, utilización distorsionada de los préstamos recibidos—. Los mayores sufrimientos, atribuibles a cuestiones estructurales pero también a comportamientos personales, recaen sobre la población de los países endeudados y pobres, que no tiene culpa alguna. La comunidad internacional no puede desentenderse de semejante situación: incluso reafirmando el principio de que la deuda adquirida debe ser saldada, es necesario encontrar los caminos para no comprometer el « derecho fundamental de los pueblos a la subsistencia y al progreso ».<sup>945</sup></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-40984225178128419862008-06-01T23:08:00.001-03:002008-06-01T23:08:33.129-03:00CAPÍTULO OCTAVO: LA COMUNIDAD POLÍTICA<p><b><font color="#0000a0">I. ASPECTOS BÍBLICOS</font></b></p> <p>a)<b> <a name="El_señorío_de_Dios">El señorío de Dios</a></b></p> <p><b>377 </b><i>El pueblo de Israel, en la fase inicial de su historia, no tiene rey, como los otros pueblos, porque reconoce solamente el señorío de Yahvéh. Dios interviene en la historia a través de hombres carismáticos, </i>como atestigua el Libro de los Jueces. Al último de estos hombres, Samuel, juez y profeta, el pueblo le pedirá un rey (cf. <i>1 S</i> 8,5; 10,18-19). Samuel advierte a los israelitas las consecuencias de un ejercicio despótico de la realeza (cf.<i> 1 S</i> 8,11-18). El poder real, sin embargo, también se puede experimentar como un don de Yahvéh que viene en auxilio de su pueblo (cf.<i> 1 S</i> 9,16). Al final, Saúl recibirá la unción real (cf.<i> 1 S </i>10,1-2). El acontecimiento subraya las tensiones que llevaron a Israel a una concepción de la realeza diferente de la de los pueblos vecinos: el rey, elegido por Yahvéh (cf.<i> Dt</i> 17,15;<i> 1 S </i>9,16) y por él consagrado (cf.<i> 1 S </i>16,12-13), será visto como su hijo (cf.<i> Sal</i> 2,7) y deberá hacer visible su señorío y su diseño de salvación (cf. <i>Sal</i> 72). Deberá, por tanto, hacerse defensor de los débiles y asegurar al pueblo la justicia: las denuncias de los profetas se dirigirán precisamente a los extravíos de los reyes (cf.<i> 1R</i> 21;<i> Is</i> 10, 1-4;<i> Am</i> 2,6-8; 8,4-8;<i> Mi</i> 3,1-4).</p> <p><b>378 </b><i>El prototipo de rey elegido por Yahvéh es David, cuya condición humilde es subrayada con satisfacción por la narración bíblica</i> (cf.<i> 1 S </i>16,1- 13). David es el depositario de la promesa (cf. <i>2 S</i> 7,13-16;<i> Sal </i>89,2-38; 132,11-18), que lo hace iniciador de una especial tradición real, la tradición « mesiánica ». Ésta, a pesar de todos los pecados y las infidelidades del mismo David y de sus sucesores, culmina en Jesucristo, el « ungido de Yahvéh » (es decir, « consagrado del Señor »: cf.<i> 1 S</i> 2,35; 24,7.11; 26,9.16; ver también<i> Ex </i>30,22-32) por excelencia, hijo de David (cf. la genealogía en: <i>Mt</i> 1,1-17 y <i>Lc </i>3,23-38; ver también<i> Rm</i> 1,3).</p> <p><i>El fracaso de la realeza en el plano histórico no llevará a la desaparición del ideal de un rey que, fiel a Yahvéh, gobierne con sabiduría y realice la justicia. </i>Esta esperanza reaparece con frecuencia en los Salmos (cf.<i> Sal</i> 2; 18; 20; 21; 72). En los oráculos mesiánicos se espera para el tiempo escatológico la figura de un rey en quien inhabita el Espíritu del Señor, lleno de sabiduría y capaz de hacer justicia a los pobres (cf. <i>Is</i> 11,2-5;<i> Jr</i> 23,5-6). Verdadero pastor del pueblo de Israel (cf. <i>Ez</i> 34,23-24; 37,24), él traerá la paz a los pueblos (cf. <i>Za</i> 9,9-10). En la literatura sapiencial, el rey es presentado como aquel que pronuncia juicios justos y aborrece la iniquidad (cf. <i>Pr</i> 16,12), juzga a los pobres con justicia (cf. <i>Pr</i> 29,14) y es amigo del hombre de corazón puro (cf. <i>Pr</i> 22,11). Poco a poco se va haciendo más explícito el anuncio de cuanto los Evangelios y los demás textos del Nuevo Testamento ven realizado en Jesús de Nazaret, encarnación definitiva de la figura del rey descrita en el Antiguo Testamento.</p> <p>b) <a name="Jesús_y_la_autoridad_política"><b>Jesús y la autoridad política</b></a></p> <p><b>379 </b><i>Jesús rechaza el poder opresivo y despótico de los jefes sobre las Naciones</i> (cf.<i> Mc </i>10,42)<i> y su pretensión de hacerse llamar benefactores</i> (cf.<i> Lc</i> 22,25), <i>pero jamás rechaza directamente las autoridades de su tiempo.</i> En la diatriba sobre el pago del tributo al César (cf. <i>Mc </i>12,13-17; <i>Mt</i> 22,15-22;<i> Lc</i> 20,20-26), afirma que es necesario dar a Dios lo que es de Dios, condenando implícitamente cualquier intento de divinizar y de absolutizar el poder temporal: sólo Dios puede exigir todo del hombre. Al mismo tiempo, el poder temporal tiene derecho a aquello que le es debido: Jesús no considera injusto el tributo al César.</p> <p><i>Jesús, el Mesías prometido, ha combatido y derrotado la tentación de un mesianismo político, caracterizado por el dominio sobre las Naciones</i> (cf.<i> Mt</i> 4,8-11; <i>Lc</i> 4,5-8). Él es el Hijo del hombre que ha venido « a servir y a dar su vida » (<i>Mc </i>10,45; cf. <i>Mt</i> 20,24-28; <i>Lc</i> 22,24-27). A los discípulos que discuten sobre quién es el más grande, el Señor les enseña a hacerse los últimos y a servir a todos (cf.<i> Mc </i>9,33-35), señalando a los hijos de Zebedeo, Santiago y Juan, que ambicionan sentarse a su derecha, el camino de la cruz (cf. <i>Mc</i> 10,35-40; <i>Mt</i> 20,20-23).</p> <p>c) <a name="Las_primeras_comunidades_cristianas"><b>Las primeras comunidades cristianas</b></a></p> <p><b>380 </b><i>La sumisión, no pasiva, sino por razones de conciencia</i> (cf.<i> Rm</i> 13,5),<i> al poder constituido responde al orden establecido por Dios</i>. San Pablo define las relaciones y los deberes de los cristianos hacia las autoridades (cf.<i> Rm</i> 13,1-7). Insiste en el deber cívico de pagar los tributos: « Dad a cada cual lo que se le debe: a quien impuestos, impuestos; a quien tributo, tributo; a quien respeto, respeto; a quien honor, honor » (<i>Rm </i>13,7). El Apóstol no intenta ciertamente legitimar todo poder, sino más bien ayudar a los cristianos a « <i>procurar el bien ante todos los hombres</i> » (<i>Rm </i>12,17), incluidas las relaciones con la autoridad, en cuanto está al servicio de Dios para el bien de la persona (cf. <i>Rm </i>13,4; <i>1 Tm</i> 2,1-2;<i> Tt</i> 3,1) y « para hacer justicia y castigar al que obra el mal » (<i>Rm </i>13,4).</p> <p>San Pedro exhorta a los cristianos a permanecer sometidos « a causa del Señor, a toda institución humana » (<i>1 P</i> 2,13). El rey y sus gobernantes están para el « castigo de los que obran el mal y alabanza de los que obran el bien » (<i>1 P </i>2,14). Su autoridad debe ser « honrada » (cf.<i> 1 P</i> 2,17), es decir reconocida, porque Dios exige un comportamiento recto, que cierre « <i>la boca a los ignorantes insensatos</i> » (<i>1 P</i> 2,15). La libertad no puede ser usada para cubrir la propia maldad, sino para servir a Dios (cf.<i> 1 P </i>2,16). Se trata entonces de una obediencia libre y responsable a una autoridad que hace respetar la justicia, asegurando el bien común.</p> <p><b>381 </b><i>La oración por los gobernantes, recomendada por San Pablo durante las persecuciones, señala explícitamente lo que debe garantizar la autoridad política: una vida pacífica y tranquila, que transcurra con toda piedad y dignidad</i> (<i>1Tm</i> 2,1-2). Los cristianos deben estar « prontos para toda obra buena » (<i>Tt </i>3,1), « mostrando una perfecta mansedumbre con todos los hombres » (<i>Tt</i> 3,2), conscientes de haber sido salvados no por sus obras, sino por la misericordia de Dios. Sin el « baño de regeneración y de renovación del Espíritu Santo, que él derramó sobre nosotros con largueza por medio de Jesucristo nuestro Salvador » (<i>Tt </i>3,5-6), todos los hombres son « insensatos, desobedientes, descarriados, esclavos de toda suerte de pasiones y placeres, viviendo en malicia y envidia, aborrecibles y aborreciéndonos unos a otros » (<i>Tt </i>3,3). No se debe olvidar la miseria de la condición humana, marcada por el pecado y rescatada por el amor de Dios.</p> <p><b>382 </b><i>Cuando el poder humano se extralimita del orden querido por Dios, se auto-diviniza y reclama absoluta sumisión: se convierte entonces en la Bestia del Apocalipsis, imagen del poder imperial perseguidor, </i>ebrio de « la sangre de los santos y la sangre de los mártires de Jesús » (<i>Ap </i>17,6). La Bestia tiene a su servicio al « falso profeta » (<i>Ap </i>19,20), que mueve a los hombres a adorarla con portentos que seducen. Esta visión señala proféticamente todas las insidias usadas por Satanás para gobernar a los hombres, insinuándose en su espíritu con la mentira. Pero Cristo es el Cordero Vencedor de todo poder que en el curso de la historia humana se absolutiza. Frente a este poder, San Juan recomienda la resistencia de los mártires: de este modo los creyentes dan testimonio de que el poder corrupto y satánico ha sido vencido, porque no tiene ninguna influencia sobre ellos.</p> <p><b>383 </b><i>La Iglesia</i><i> anuncia que Cristo, vencedor de la muerte, reina sobre el universo que Él mismo ha rescatado. Su Reino incluye también el tiempo presente y terminará sólo cuando todo será consignado al Padre y la historia humana se concluirá con el juicio final</i> (cf. <i>1 Co</i> 15,20-28). Cristo revela a la autoridad humana, siempre tentada por el dominio, que su significado auténtico y pleno es de servicio. Dios es Padre único y Cristo único maestro para todos los hombres, que son hermanos. La soberanía pertenece a Dios. El Señor, sin embargo, « no ha querido retener para Él solo el ejercicio de todos los poderes. Entrega a cada criatura las funciones que es capaz de ejercer, según las capacidades de su naturaleza. Este modo de gobierno debe ser imitado en la vida social. El comportamiento de Dios en el gobierno del mundo, que manifiesta tanto respeto a la libertad humana, debe inspirar la sabiduría de los que gobiernan las comunidades humanas. Estos deben comportarse como ministros de la providencia divina ».<sup>773</sup></p> <p>El mensaje bíblico inspira incesantemente el pensamiento cristiano sobre el poder político, recordando que éste procede de Dios y es parte integrante del orden creado por Él. Este orden es percibido por las conciencias y se realiza, en la vida social, mediante la verdad, la justicia, la libertad y la solidaridad que procuran la paz.<sup>774</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">II. EL FUNDAMENTO <br />Y EL FIN DE LA COMUNIDAD POLÍTICA</font></b></p> <p>a) <a name="Comunidad_política,_persona_humana_y_pue"><b>Comunidad política, persona humana y pueblo</b></a></p> <p><b>384</b><i> La persona humana es el fundamento y el fin de la convivencia política</i>.<sup>775</sup> Dotado de racionalidad, el hombre es responsable de sus propias decisiones y capaz de perseguir proyectos que dan sentido a su vida, en el plano individual y social. La apertura a la Trascendencia y a los demás es el rasgo que la caracteriza y la distingue: sólo en relación con la Trascendencia y con los demás, la persona humana alcanza su plena y completa realización. Esto significa que por ser una criatura social y política por naturaleza, « la vida social no es, pues, para el hombre sobrecarga accidental »,<sup>776</sup> sino una dimensión esencial e ineludible.</p> <p><i>La comunidad política deriva de la naturaleza de las personas, cuya conciencia « descubre y manda observar estrictamente » </i><sup>777</sup> el orden inscrito por Dios en todas sus criaturas: se trata de « una ley moral basada en la religión, la cual posee capacidad muy superior a la de cualquier otra fuerza o utilidad material para resolver los problemas de la vida individual y social, así en el interior de las Naciones como en el seno de la sociedad internacional ».<sup>778</sup> Este orden debe ser gradualmente descubierto y desarrollado por la humanidad. La comunidad política, realidad connatural a los hombres, existe para obtener un fin de otra manera inalcanzable: el crecimiento más pleno de cada uno de sus miembros, llamados a colaborar establemente para realizar el bien común,<sup>779</sup> bajo el impulso de su natural inclinación hacia la verdad y el bien.</p> <p><b>385 </b><i>La comunidad política encuentra en la referencia al pueblo su auténtica dimensión</i>: ella « es, y debe ser en realidad, la unidad orgánica y organizadora de un verdadero pueblo ».<sup>780</sup> El pueblo no es una multitud amorfa, una masa inerte para manipular e instrumentalizar, sino un conjunto de personas, cada una de las cuales —« en su propio puesto y según su manera propia » <sup>781</sup> — tiene la posibilidad de formar su opinión acerca de la cosa pública y la libertad de expresar su sensibilidad política y hacerla valer de manera conveniente al bien común. El pueblo « vive de la plenitud de vida de los hombres que lo componen, cada uno de los cuales... es una persona consciente de su propia responsabilidad y de sus propias convicciones ».<sup>782</sup> Quienes pertenecen a una comunidad política, aun estando unidos<i> orgánicamente</i> entre sí como pueblo, conservan, sin embargo, una insuprimible <i>autonomía</i> en su existencia personal y en los fines que persiguen.</p> <p><b>386 </b><i>Lo que caracteriza en primer lugar a un pueblo es el hecho de compartir la vida y los valores, fuente de comunión espiritual y moral</i>: « La sociedad humana... tiene que ser considerada, ante todo, como una realidad de orden principalmente espiritual: que impulse a los hombres, iluminados por la verdad, a comunicarse entre sí los más diversos conocimientos; a defender sus derechos y cumplir sus deberes; a desear los bienes del espíritu; a disfrutar en común del justo placer de la belleza en todas sus manifestaciones; a sentirse inclinados continuamente a compartir con los demás lo mejor de sí mismos; a asimilar con afán, en provecho propio, los bienes espirituales del prójimo. Todos estos valores informan y, al mismo tiempo, dirigen las manifestaciones de la cultura, de la economía, de la convivencia social, del progreso y del orden político, del ordenamiento jurídico y, finalmente, de cuantos elementos constituyen la expresión externa de la comunidad humana en su incesante desarrollo ».<sup>783</sup></p> <p><b>387 </b><i>A</i><i> cada pueblo corresponde normalmente una Nación, pero, por diversas razones, no siempre los confines nacionales coinciden con los étnicos</i>.<sup>784</sup><i> Surge así la cuestión de las minorías, que históricamente han dado lugar a no pocos conflictos. El Magisterio afirma que las minorías constituyen grupos con específicos derechos y deberes</i>. En primer lugar, un grupo minoritario tiene derecho a la propia existencia: « Este derecho puede no ser tenido en cuenta de modos diversos, pudiendo llegar hasta el extremo de ser negado mediante formas evidentes o indirectas de genocidio ».<sup>785</sup> Además, las minorías tienen derecho a mantener su cultura, incluida la lengua, así como sus convicciones religiosas, incluida la celebración del culto. En la legítima reivindicación de sus derechos, las minorías pueden verse empujadas a buscar una mayor autonomía o incluso la independencia: en estas delicadas circunstancias, el diálogo y la negociación son el camino para alcanzar la paz. En todo caso, el recurso al terrorismo es injustificable y dañaría la causa que se pretende defender. Las minorías tienen también deberes que cumplir, entre los cuales se encuentra, sobre todo, la cooperación al bien común del Estado en que se hallan insertos. En particular, « el grupo minoritario tiene el deber de promover la libertad y la dignidad de cada uno de sus miembros y de respetar las decisiones de cada individuo, incluso cuando uno de ellos decidiera pasar a la cultura mayoritaria ».<sup>786</sup></p> <p>b) <a name="Tutelar_y_promover_los_derechos_humanos"><b>Tutelar y promover los derechos humanos</b></a></p> <p><b>388 </b><i>Considerar a la persona humana como fundamento y fin de la comunidad política significa trabajar, ante todo, por el reconocimiento y el respeto de su dignidad mediante la tutela y la promoción de los derechos fundamentales e inalienables del hombre</i>: « En la época actual se considera que el bien común consiste principalmente en la defensa de los derechos y deberes de la persona humana ».<sup>787</sup> En los derechos humanos están condensadas las principales exigencias morales y jurídicas que deben presidir la construcción de la comunidad política. Estos constituyen una norma objetiva que es el fundamento del derecho positivo y que no puede ser ignorada por la comunidad política, porque la persona es, desde el punto de vista ontológico y como finalidad, anterior a aquélla: el derecho positivo debe garantizar la satisfacción de las exigencias humanas fundamentales.</p> <p><b>389 </b><i>La comunidad política tiende al bien común cuando actúa a favor de la creación de un ambiente humano en el que se ofrezca a los ciudadanos la posibilidad del ejercicio real de los derechos humanos y del cumplimiento pleno de los respectivos deberes</i>: « De hecho, la experiencia enseña que, cuando falta una acción apropiada de los poderes públicos en lo económico, lo político o lo cultural, se produce entre los ciudadanos, sobre todo en nuestra época, un mayor número de desigualdades en sectores cada vez más amplios, resultando así que los derechos y deberes de la persona humana carecen de toda eficacia práctica ».<sup>788</sup></p> <p><i>La plena realización del bien común requiere que la comunidad política desarrolle, en el ámbito de los derechos humanos, una doble y complementaria acción, de defensa y de promoción</i>: debe « evitar, por un lado, que la preferencia dada a los derechos de algunos particulares o de determinados grupos venga a ser origen de una posición de privilegio en la Nación, y para soslayar, por otro, el peligro de que, por defender los derechos de todos, incurran en la absurda posición de impedir el pleno desarrollo de los derechos de cada uno ».<sup>789</sup></p> <p>c) <a name="La_convivencia_basada_en_la_amistad_civi"><b>La convivencia basada en la amistad civil</b></a></p> <p><b>390 </b><i>El significado profundo de la convivencia civil y política no surge inmediatamente del elenco de los derechos y deberes de la persona. Esta convivencia adquiere todo su significado si está basada en la amistad civil y en la fraternidad</i>.<sup>790</sup> El campo del derecho, en efecto, es el de la tutela del interés y el respeto exterior, el de la protección de los bienes materiales y su distribución según reglas establecidas. El campo de la amistad, por el contrario, es el del desinterés, el desapego de los bienes materiales, la donación, la disponibilidad interior a las exigencias del otro.<sup>791</sup> <i>La amistad civil</i>,<sup>792</sup> así entendida, es la actuación más auténtica del principio de fraternidad, que es inseparable de los de libertad y de igualdad.<sup>793</sup> Se trata de un principio que se ha quedado en gran parte sin practicar en las sociedades políticas modernas y contemporáneas, sobre todo a causa del influjo ejercido por las ideologías individualistas y colectivistas.</p> <p><b>391 </b><i>Una comunidad está sólidamente fundada cuando tiende a la promoción integral de la persona y del bien común. En este caso, el derecho se define, se respeta y se vive también según las modalidades de la solidaridad y la dedicación al prójimo.</i> La justicia requiere que cada uno pueda gozar de sus propios bienes, de sus propios derechos, y puede ser considerada como la medida mínima del amor.<sup>794</sup> La convivencia es tanto más humana cuanto más está caracterizada por el esfuerzo hacia una conciencia más madura del ideal al que ella debe tender, que es la « civilización del amor ».<sup>795</sup></p> <p><i>El hombre es una persona, no sólo un individuo</i>.<sup>796</sup><i> Con el término « persona » se indica « una naturaleza dotada de inteligencia y de libre albedrío »</i>: <sup>797</sup><i> es por tanto una realidad muy superior a la de un sujeto que se expresa en las necesidades producidas por la sola dimensión material. </i>La persona humana, en efecto, aun cuando participa activamente en la tarea de satisfacer las necesidades en el seno de la sociedad familiar, civil y política, no encuentra su plena realización mientras no supera la lógica de la necesidad para proyectarse en la de la gratuidad y del don, que responde con mayor plenitud a su esencia y vocación comunitarias.</p> <p><b>392 </b><i>El precepto evangélico de la caridad ilumina a los cristianos sobre el significado más profundo de la convivencia política. </i>La mejor manera de hacerla verdaderamente humana « es fomentar el sentido interior de la justicia, de la benevolencia y del servicio al bien común y robustecer las convicciones fundamentales en lo que toca a la naturaleza verdadera de la comunidad política y al fin, recto ejercicio y límites de los poderes públicos ».<sup>798</sup> El objetivo que los creyentes deben proponerse es<i> la realización de relaciones comunitarias entre las personas</i>. La visión cristiana de la sociedad política otorga la máxima importancia al valor de la <i>comunidad</i>, ya sea como modelo organizativo de la convivencia, ya sea como estilo de vida cotidiana.</p> <p><b><font color="#0000a0">III. LA AUTORIDAD POLÍTICA</font></b></p> <p>a) <a name="El_fundamento_de_la_autoridad_política"><b>El fundamento de la autoridad política</b></a></p> <p><b>393 </b><i>La Iglesia</i><i> se ha confrontado con diversas concepciones de la autoridad, teniendo siempre cuidado de defender y proponer un modelo fundado en la naturaleza social de las personas</i>: « En efecto, como Dios ha creado a los hombres sociales por naturaleza y ninguna sociedad puede conservarse sin un jefe supremo que mueva a todos y a cada uno con un mismo impulso eficaz, encaminado al bien común, resulta necesaria en toda sociedad humana una autoridad que la dirija; una autoridad que, como la misma sociedad, surge y deriva de la naturaleza, y, por tanto, del mismo Dios, que es su autor ».<sup>799</sup> <i>La autoridad política es por tanto necesaria</i>,<sup>800</sup> <i>en razón de las tareas que se le asignan y debe ser un componente positivo e insustituible de la convivencia civil</i>.<sup>801</sup></p> <p><b>394 </b><i>La autoridad política debe garantizar la vida ordenada y recta de la comunidad, sin suplantar la libre actividad de los personas y de los grupos, sino disciplinándola y orientándola hacia la realización del bien común, respetando y tutelando la independencia de los sujetos individuales y sociales. </i>La autoridad política es el instrumento de coordinación y de dirección mediante el cual los particulares y los cuerpos intermedios se deben orientar hacia un orden cuyas relaciones, instituciones y procedimientos estén al servicio del crecimiento humano integral. El ejercicio de la autoridad política, en efecto, « así en la comunidad en cuanto tal como en las instituciones representativas, debe realizarse siempre dentro de los límites del orden moral para procurar el bien común —concebido dinámicamente— según el orden jurídico legítimamente establecido o por establecer. Es entonces cuando los ciudadanos están obligados en conciencia a obedecer ».<sup>802</sup></p> <p><b>395 </b><i>El sujeto de la autoridad política es el pueblo, considerado en su totalidad como titular de la soberanía.</i> El pueblo transfiere de diversos modos el ejercicio de su soberanía a aquellos que elige libremente como sus representantes, pero conserva la facultad de ejercitarla en el control de las acciones de los gobernantes y también en su sustitución, en caso de que no cumplan satisfactoriamente sus funciones. Si bien esto es un derecho válido en todo Estado y en cualquier régimen político, el sistema de la democracia, gracias a sus procedimientos de control, permite y garantiza su mejor actuación.<sup>803</sup> El solo consenso popular, sin embargo, no es suficiente para considerar justas las modalidades del ejercicio de la autoridad política.</p> <p>b) <a name="La_autoridad_como_fuerza_moral"><b>La autoridad como fuerza moral</b></a></p> <p><b>396 </b><i>La autoridad debe dejarse guiar por la ley moral: toda su dignidad deriva de ejercitarla en el ámbito del orden moral</i>,<sup>804</sup><i> « que tiene a Dios como primer principio y último fin »</i>.<sup>805</sup> En razón de la necesaria referencia a este orden, que la precede y la funda, de sus finalidades y destinatarios, la autoridad no puede ser entendida como una fuerza determinada por criterios de carácter puramente sociológico e histórico: « Hay, en efecto, quienes osan negar la existencia de una ley moral objetiva, superior a la realidad externa y al hombre mismo, absolutamente necesaria y universal y, por último, igual para todos. Por esto, al no reconocer los hombres una única ley de justicia con valor universal, no pueden llegar en nada a un acuerdo pleno y seguro ».<sup>806</sup> En este orden, « si se niega la idea de Dios, esos preceptos necesariamente se desintegran por completo ».<sup>807</sup> Precisamente de este orden proceden la fuerza que la autoridad tiene para obligar <sup>808</sup> y su legitimidad moral; <sup>809</sup> no del arbitrio o de la voluntad de poder,<sup>810</sup> y tiene el deber de traducir este orden en acciones concretas para alcanzar el bien común.<sup>811</sup></p> <p><b>397 </b><i>La autoridad debe reconocer, respetar y promover los valores humanos y morales esenciales. </i>Estos son innatos, « derivan de la verdad misma del ser humano y expresan y tutelan la dignidad de la persona. Son valores, por tanto, que ningún individuo, ninguna mayoría y ningún Estado nunca pueden crear, modificar o destruir ».<sup>812</sup> Estos valores no se fundan en « mayorías » de opinión, provisionales y mudables, sino que deben ser simplemente reconocidos, respetados y promovidos como elementos de una ley moral objetiva, ley natural inscrita en el corazón del hombre (cf.<i> Rm</i> 2,15), y punto de referencia normativo de la misma ley civil.<sup>813</sup> Si, a causa de un trágico oscurecimiento de la conciencia colectiva, el escepticismo lograse poner en duda los principios fundamentales de la ley moral,<sup>814</sup> el mismo ordenamiento estatal quedaría desprovisto de sus fundamentos, reduciéndose a un puro mecanismo de regulación pragmática de los diversos y contrapuestos intereses.<sup>815</sup></p> <p><b>398 </b><i>La autoridad debe emitir leyes justas, es decir, conformes a la dignidad de la persona humana y a los dictámenes de la recta razón</i>: « En tanto la ley humana es tal en cuanto es conforme a la recta razón y por tanto deriva de la ley eterna. Cuando por el contrario una ley está en contraste con la razón, se le denomina ley inicua; en tal caso cesa de ser ley y se convierte más bien en un acto de violencia ».<sup>816</sup> La autoridad que gobierna según la razón pone al ciudadano en relación no tanto de sometimiento con respecto a otro hombre, cuanto más bien de obediencia al orden moral y, por tanto, a Dios mismo que es su fuente última.<sup>817</sup> Quien rechaza obedecer a la autoridad que actúa según el orden moral « se rebela contra el orden divino » (<i>Rm </i>13,2).<sup>818</sup> Análogamente la autoridad pública, que tiene su fundamento en la naturaleza humana y pertenece al orden preestablecido por Dios,<sup>819</sup> si no actúa en orden al bien común, desatiende su fin propio y por ello mismo se hace ilegítima.</p> <p>c) <a name="El_derecho_a_la_objeción_de_conciencia"><b>El derecho a la objeción de conciencia</b></a></p> <p><b>399</b><i> El ciudadano no está obligado en conciencia a seguir las prescripciones de las autoridades civiles si éstas son contrarias a las exigencias del orden moral, a los derechos fundamentales de las personas o a las enseñanzas del Evangelio</i>.<sup>820</sup> Las leyes injustas colocan a la persona moralmente recta ante dramáticos problemas de conciencia:<i> cuando son llamados a colaborar en acciones moralmente ilícitas, tienen la obligación de negarse</i>.<sup>821</sup> Además de ser un deber moral, este rechazo es también un derecho humano elemental que, precisamente por ser tal, la misma ley civil debe reconocer y proteger: « Quien recurre a la objeción de conciencia debe estar a salvo no sólo de sanciones penales, sino también de cualquier daño en el plano legal, disciplinar, económico y profesional ».<sup>822</sup></p> <p><i>Es un grave deber de conciencia no prestar colaboración, ni siquiera formal, a aquellas prácticas que, aun siendo admitidas por la legislación civil, están en contraste con la ley de Dios.</i> Tal cooperación, en efecto, no puede ser jamás justificada, ni invocando el respeto de la libertad de otros, ni apoyándose en el hecho de que es prevista y requerida por la ley civil. Nadie puede sustraerse jamás a la responsabilidad moral de los actos realizados y sobre esta responsabilidad cada uno será juzgado por Dios mismo (cf.<i> Rm </i>2,6; 14,12).</p> <p>d) <a name="El_derecho_de_resistencia"><b>El derecho de resistencia</b></a></p> <p><b>400 </b><i>Reconocer que el derecho natural funda y limita el derecho positivo significa admitir que es legítimo resistir a la autoridad en caso de que ésta viole grave y repetidamente los principios del derecho natural. </i>Santo Tomás de Aquino escribe que « se está obligado a obedecer ... por cuanto lo exige el orden de la justicia ».<sup>823</sup> El fundamento del derecho de resistencia es, pues, el derecho de naturaleza.</p> <p>Las expresiones concretas que la realización de este derecho puede adoptar son diversas. También pueden ser diversos los <i>fines </i>perseguidos. La resistencia a la autoridad se propone confirmar la validez de una visión diferente de las cosas, ya sea cuando se busca obtener un cambio parcial, por ejemplo, modificando algunas leyes, ya sea cuando se lucha por un cambio radical de la situación.</p> <p><b>401 </b><i>La doctrina social indica los criterios para el ejercicio del derecho de resistencia</i>: « La<i> resistencia</i> a la opresión de quienes gobiernan no podrá recurrir legítimamente a las armas sino cuando se reúnan las condiciones siguientes: 1) en caso de violaciones ciertas, graves y prolongadas de los derechos fundamentales; 2) después de haber agotado todos los otros recursos; 3) sin provocar desórdenes peores; 4) que haya esperanza fundada de éxito; 5) si es imposible prever razonablemente soluciones mejores ».<sup>824</sup> La lucha armada debe considerarse un remedio extremo para poner fin a una « tiranía evidente y prolongada que atentase gravemente a los derechos fundamentales de la persona y dañase peligrosamente el bien común del país ».<sup>825</sup> La gravedad de los peligros que el recurso a la violencia comporta hoy evidencia que es siempre preferible el camino de la <i>resistencia pasiva</i>, « más conforme con los principios morales y no menos prometedor del éxito ».<sup>826</sup></p> <p>e) <a name="Infligir_las_penas"><b>Infligir las penas</b></a></p> <p><b>402 </b><i>Para tutelar el bien común, la autoridad pública legítima tiene el derecho y el deber de conminar penas proporcionadas a la gravedad de los delitos</i>.<sup>827</sup> El Estado tiene la doble tarea de<i> reprimir </i>los comportamientos lesivos de los derechos del hombre y de las reglas fundamentales de la convivencia civil, y <i>remediar</i>, mediante el sistema de las penas, el desorden causado por la acción delictiva. En el<i> Estado de Derecho</i>, el poder de infligir penas queda justamente confiado a la Magistratura: « Las Constituciones de los Estados modernos, al definir las relaciones que deben existir entre los poderes legislativo, ejecutivo y judicial, garantizan a este último la independencia necesaria en el ámbito de la ley ».<sup>828</sup></p> <p><b>403 </b><i>La pena no sirve únicamente para defender el orden público y garantizar la seguridad de las personas; ésta se convierte, además, en instrumento de corrección del culpable, una corrección que asume también el valor moral de expiación cuando el culpable acepta voluntariamente su pena</i>.<sup>829</sup> La finalidad a la que tiende es doble: por una parte, <i>favorecer la reinserción de las personas condenadas</i>; por otra parte, <i>promover una justicia reconciliadora</i>, capaz de restaurar las relaciones de convivencia armoniosa rotas por el acto criminal.</p> <p><i>En este campo, es importante la actividad que los capellanes de las cárceles están llamados a desempeñar, no sólo desde el punto de vista específicamente religioso, sino también en defensa de la dignidad de las personas detenidas</i>. Lamentablemente, las condiciones en que éstas cumplen su pena no favorecen siempre el respeto de su dignidad. Con frecuencia las prisiones se convierten incluso en escenario de nuevos crímenes. El ambiente de los Institutos Penitenciarios ofrece, sin embargo, un terreno privilegiado para dar testimonio, una vez más, de la solicitud cristiana en el campo social: « Estaba... en la cárcel y vinisteis a verme » (<i>Mt </i>25,35-36).</p> <p><b>404 </b><i>La actividad de los entes encargados de la averiguación de la responsabilidad penal, que es siempre de carácter personal, ha de tender a la rigurosa búsqueda de la verdad y se ha de ejercer con respeto pleno de la dignidad y de los derechos de la persona humana</i>: se trata de garantizar los derechos tanto del culpable como del inocente. Se debe tener siempre presente el principio jurídico general en base al cual no se puede aplicar una pena si antes no se ha probado el delito.</p> <p><i>En la realización de las averiguaciones se debe observar escrupulosamente la regla que prohíbe la práctica de la tortura,</i> aun en el caso de los crímenes más graves: « El discípulo de Cristo rechaza todo recurso a tales medios, que nada es capaz de justificar y que envilecen la dignidad del hombre, tanto en quien es la víctima como en quien es su verdugo ».<sup>830</sup> Los instrumentos jurídicos internacionales que velan por los derechos del hombre indican justamente la prohibición de la tortura como un principio que no puede ser derogado en ninguna circunstancia.</p> <p>Queda excluido además « el recurso a una detención motivada sólo por el intento de obtener noticias significativas para el proceso ».<sup>831</sup> También, se ha de asegurar « la rapidez de los procesos: una duración excesiva de los mismos resulta intolerable para los ciudadanos y termina por convertirse en una verdadera injusticia ».<sup>832</sup></p> <p><i>Los magistrados están obligados a la necesaria reserva en el desarrollo de sus investigaciones</i> para no violar el derecho a la intimidad de los indagados y para no debilitar el principio de la presunción de inocencia. Puesto que también un juez puede equivocarse, es oportuno que la legislación establezca una justa indemnización para las víctimas de los errores judiciales.</p> <p><b>405 </b><i>La Iglesia</i><i> ve como un signo de esperanza </i>« la <i>aversión cada vez más difundida en la opinión pública a la pena de muerte, </i>incluso como instrumento de “legítima defensa” social, al considerar las posibilidades con las que cuenta una sociedad moderna para reprimir eficazmente el crimen de modo que, neutralizando a quien lo ha cometido, no se le prive definitivamente de la posibilidad de redimirse ».<sup>833</sup> Aun cuando la enseñanza tradicional de la Iglesia no excluya —supuesta la plena comprobación de la identidad y de la responsabilidad del culpable— la pena de muerte « si esta fuera el único camino posible para defender eficazmente del agresor injusto las vidas humanas »,<sup>834</sup> los métodos incruentos de represión y castigo son preferibles, ya que « corresponden mejor a las condiciones concretas del bien común y son más conformes con la dignidad de la persona humana ».<sup>835</sup> El número creciente de países que adoptan disposiciones para abolir la pena de muerte o para suspender su aplicación es también una prueba de que los casos en los cuales es absolutamente necesario eliminar al reo « son ya muy raros, por no decir prácticamente inexistentes ».<sup>836</sup> La creciente aversión de la opinión pública a la pena de muerte y las diversas disposiciones que tienden a su abolición o a la suspensión de su aplicación, constituyen manifestaciones visibles de una mayor sensibilidad moral.</p> <p><b><font color="#0000a0">IV. EL SISTEMA DE LA DEMOCRACIA</font></b></p> <p><b>406 </b><i>Un juicio explícito y articulado sobre la democracia está contenido en la encíclica « Centesimus annus »</i>: « La Iglesia aprecia el sistema de la democracia, en la medida en que asegura la participación de los ciudadanos en las opciones políticas y garantiza a los gobernados la posibilidad de elegir y controlar a sus propios gobernantes, o bien la de sustituirlos oportunamente de manera pacífica. Por esto mismo, no puede favorecer la formación de grupos dirigentes restringidos que, por intereses particulares o por motivos ideológicos, usurpan el poder del Estado. Una auténtica democracia es posible solamente en un Estado de derecho y sobre la base de una recta concepción de la persona humana. Requiere que se den las condiciones necesarias para la promoción de las personas concretas, mediante la educación y la formación en los verdaderos ideales, así como de la “subjetividad” de la sociedad mediante la creación de estructuras de participación y de corresponsabilidad ».<sup>837</sup></p> <p>a) <a name="Los_valores_y_la_democracia"><b>Los valores y la democracia</b></a></p> <p><b>407 </b><i>Una auténtica democracia no es sólo el resultado de un respeto formal de las reglas, sino que es el fruto de la aceptación convencida de los valores que inspiran los procedimientos democráticos: la dignidad de toda persona humana, el respeto de los derechos del hombre, la asunción del « bien común » como fin y criterio regulador de la vida política. </i>Si no existe un consenso general sobre estos valores, se pierde el significado de la democracia y se compromete su estabilidad.</p> <p><i>La doctrina social individúa uno de los mayores riesgos para las democracias actuales en el relativismo ético, que induce a considerar inexistente un criterio objetivo y universal para establecer el fundamento y la correcta jerarquía de valores</i>: « Hoy se tiende a afirmar que el agnosticismo y el relativismo escéptico son la filosofía y la actitud fundamental correspondientes a las formas políticas democráticas, y que cuantos están convencidos de conocer la verdad y se adhieren a ella con firmeza no son fiables desde el punto de vista democrático, al no aceptar que la verdad sea determinada por la mayoría o que sea variable según los diversos equilibrios políticos. A este propósito, hay que observar que, si no existe una verdad última, la cual guía y orienta la acción política, entonces las ideas y las convicciones humanas pueden ser instrumentalizadas fácilmente para fines de poder. Una democracia sin valores se convierte con facilidad en un totalitarismo visible o encubierto, como demuestra la historia ».<sup>838</sup> La democracia es fundamentalmente « un “ordenamiento” y, como tal, un instrumento y no un fin. Su carácter “moral” no es automático, sino que depende de su conformidad con la ley moral a la que, como cualquier otro comportamiento humano, debe someterse; esto es, depende de la moralidad de los fines que persigue y de los medios de que se sirve ».<sup>839</sup></p> <p>b) <a name="Instituciones_y_democracia"><b>Instituciones y democracia</b></a></p> <p><b>408 </b><i>El Magisterio reconoce la validez del principio de la división de poderes en un Estado</i>: « Es preferible que un poder esté equilibrado por otros poderes y otras esferas de competencia, que lo mantengan en su justo límite. Es éste el principio del “Estado de derecho”, en el cual es soberana la ley y no la voluntad arbitraria de los hombres ».<sup>840</sup></p> <p><i>En el sistema democrático, la autoridad política es responsable ante el pueblo</i>. Los organismos representativos deben estar sometidos a un efectivo control por parte del cuerpo social. Este control es posible ante todo mediante elecciones libres, que permiten la elección y también la sustitución de los representantes. La obligación por parte de los electos de<i> rendir cuentas </i>de su proceder, garantizado por el respeto de los plazos electorales, es un elemento constitutivo de la representación democrática.</p> <p><b>409 </b><i>En su campo específico (elaboración de leyes, actividad de gobierno y control sobre ella), los electos deben empeñarse en la búsqueda y en la actuación de lo que pueda ayudar al buen funcionamiento de la convivencia civil en su conjunto</i>.<sup>841</sup> La obligación de los gobernantes de responder a los gobernados no implica en absoluto que los representantes sean simples agentes pasivos de los electores. El control ejercido por los ciudadanos, en efecto, no excluye la necesaria libertad que tienen los electos, en el ejercicio de su mandato, con relación a los objetivos que se deben proponer: estos no dependen exclusivamente de intereses de parte, sino en medida mucho mayor de la función de síntesis y de mediación en vistas al bien común, que constituye una de las finalidades esenciales e irrenunciables de la autoridad política.</p> <p>c) <a name="La_componente_moral_de_la_representación"><b>La componente moral de la representación política</b></a></p> <p><b>410 </b><i>Quienes tienen responsabilidades políticas no deben olvidar o subestimar la dimensión moral de la representación,</i> que consiste en el compromiso de compartir el destino del pueblo y en buscar soluciones a los problemas sociales. En esta perspectiva, una autoridad responsable significa también una autoridad ejercida mediante el recurso a las virtudes que favorecen <i>la práctica del poder con espíritu de servicio</i> <sup>842</sup> (paciencia, modestia, moderación, caridad, generosidad); una autoridad ejercida por personas capaces de asumir auténticamente como finalidad de su actuación el bien común y no el prestigio o el logro de ventajas personales.</p> <p><b>411 </b><i>Entre las deformaciones del sistema democrático, la corrupción política es una de las más graves</i> <sup>843</sup> <i>porque traiciona al mismo tiempo los principios de la moral y las normas de la justicia social</i>; compromete el correcto funcionamiento del Estado, influyendo negativamente en la relación entre gobernantes y gobernados; introduce una creciente desconfianza respecto a las instituciones públicas, causando un progresivo menosprecio de los ciudadanos por la política y sus representantes, con el consiguiente debilitamiento de las instituciones. La corrupción distorsiona de raíz el papel de las instituciones representativas, porque las usa como terreno de intercambio político entre peticiones clientelistas y prestaciones de los gobernantes. De este modo, las opciones políticas favorecen los objetivos limitados de quienes poseen los medios para influenciarlas e impiden la realización del bien común de todos los ciudadanos.</p> <p><b>412 </b><i>La administración pública, a cualquier nivel —nacional, regional, municipal—, como instrumento del Estado, tiene como finalidad servir a los ciudadanos</i>: « El Estado, al servicio de los ciudadanos, es el gestor de los bienes del pueblo, que debe administrar en vista del bien común ».<sup>844</sup> Esta perspectiva se opone a la <i>burocratización excesiva</i>, que se verifica cuando « las instituciones, volviéndose complejas en su organización y pretendiendo gestionar toda área a disposición, terminan por ser abatidas por el funcionalismo impersonal, por la exagerada burocracia, por los injustos intereses privados, por el fácil y generalizado encogerse de hombros ».<sup>845</sup> El papel de quien trabaja en la administración pública no ha de concebirse como algo impersonal y burocrático, sino como una ayuda solícita al ciudadano, ejercitada con espíritu de servicio.</p> <p>d) <a name="Instrumentos_de_participación_política"><b>Instrumentos de participación política</b></a></p> <p><b>413 </b><i>Los partidos políticos tienen la tarea de favorecer una amplia participación y el acceso de todos a las responsabilidades públicas.</i> Los partidos están llamados a interpretar las aspiraciones de la sociedad civil orientándolas al bien común,<sup>846</sup> ofreciendo a los ciudadanos la posibilidad efectiva de concurrir a la formación de las opciones políticas. Los partidos deben ser democráticos en su estructura interna, capaces de síntesis política y con visión de futuro.</p> <p><i>El referéndum es también un instrumento de participación política,</i> con él se realiza una forma directa de elaborar las decisiones políticas. La representación política no excluye, en efecto, que los ciudadanos puedan ser interpelados directamente en las decisiones de mayor importancia para la vida social.</p> <p>e) <a name="Información_y_democracia"><b>Información y democracia</b></a></p> <p><b>414 </b><i>La información se encuentra entre los principales instrumentos de participación democrática.</i> Es impensable la participación sin el conocimiento de los problemas de la comunidad política, de los datos de hecho y de las varias propuestas de solución. Es necesario asegurar un pluralismo real en este delicado ámbito de la vida social, garantizando una multiplicidad de formas e instrumentos en el campo de la información y de la comunicación, y facilitando condiciones de igualdad en la posesión y uso de estos instrumentos mediante leyes apropiadas. Entre los obstáculos que se interponen a la plena realización del derecho a la objetividad en la información,<sup>847</sup> merece particular atención el fenómeno de las concentraciones editoriales y televisivas, con peligrosos efectos sobre todo el sistema democrático cuando a este fenómeno corresponden vínculos cada vez más estrechos entre la actividad gubernativa, los poderes financieros y la información.</p> <p><b>415 </b><i>Los medios de comunicación social se deben utilizar para edificar y sostener la comunidad humana, en los diversos sectores, económico, político, cultural, educativo, religioso</i>: <sup>848</sup> « La información de estos medios es un servicio del bien común. La sociedad tiene derecho a una información fundada en la verdad, la libertad, la justicia y la solidaridad ».<sup>849</sup></p> <p>La cuestión esencial en este ámbito es si el actual sistema informativo contribuye a hacer a la persona humana realmente mejor, es decir, más madura espiritualmente, más consciente de su dignidad humana, más responsable, más abierta a los demás, en particular a los más necesitados y a los más débiles. Otro aspecto de gran importancia es la necesidad de que las nuevas tecnologías respeten las legítimas diferencias culturales.</p> <p><b>416 </b><i>En el mundo de los medios de comunicación social las dificultades intrínsecas de la comunicación frecuentemente se agigantan a causa de la ideología, del deseo de ganancia y de control político, de las rivalidades y conflictos entre grupos, y otros males sociales</i>. Los valores y principios morales valen también para el sector de las comunicaciones sociales: « La dimensión ética no sólo atañe al contenido de la comunicación (el mensaje) y al proceso de comunicación (cómo se realiza la comunicación), sino también a cuestiones fundamentales, estructurales y sistemáticas, que a menudo incluyen múltiples asuntos de política acerca de la distribución de tecnología y productos de alta calidad (¿quién será rico y quién pobre en información?) ».<sup>850</sup></p> <p><i>En estas tres áreas —el mensaje, el proceso, las cuestiones estructurales— se debe aplicar un principio moral fundamental: la persona y la comunidad humana son el fin y la medida del uso de los medios de comunicación social</i>.<i> Un segundo principio es complementario del primero: el bien de las personas no se puede realizar independientemente del bien común de las comunidades a las que pertenecen</i>.<sup>851</sup> Es necesaria una participación en el proceso de la toma de decisiones acerca de la política de las comunicaciones. Esta participación, de forma pública, debe ser auténticamente representativa y no dirigida a favorecer grupos particulares, cuando los medios de comunicación social persiguen fines de lucro.<sup>852</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">V. LA COMUNIDAD POLÍTICA <br />AL SERVICIO DE LA SOCIEDAD CIVIL</font></b></p> <p>a) <a name="El_valor_de_la_sociedad_civil"><b>El valor de la sociedad civil</b></a></p> <p><b>417 </b><i>La comunidad política se constituye para servir a la sociedad civil, de la cual deriva. </i>La Iglesia ha contribuido a establecer la distinción entre comunidad política y sociedad civil, sobre todo con su visión del hombre, entendido como ser autónomo, relacional, abierto a la Trascendencia: esta visión contrasta tanto con las ideologías políticas de carácter individualista, cuanto con las totalitarias que tienden a absorber la sociedad civil en la esfera del Estado. El empeño de la Iglesia en favor del pluralismo social se propone conseguir una realización más adecuada del bien común y de la misma democracia, según los principios de la solidaridad, la subsidiaridad y la justicia.</p> <p><i>La sociedad civil es un conjunto de relaciones y de recursos, culturales y asociativos, relativamente autónomos del ámbito político y del económico</i>: « El fin establecido para la sociedad civil alcanza a todos, en cuanto persigue el bien común, del cual es justo que participen todos y cada uno según la proporción debida ».<sup>853</sup> Se caracteriza por su capacidad de iniciativa, orientada a favorecer una convivencia social más libre y justa, en la que los diversos grupos de ciudadanos se asocian y se movilizan para elaborar y expresar sus orientaciones, para hacer frente a sus necesidades fundamentales y para defender sus legítimos intereses.</p> <p>b) <a name="El_primado_de_la_sociedad_civil"><b>El primado de la sociedad civil</b></a></p> <p><b>418 </b><i>La comunidad política y la sociedad civil, aun cuando estén recíprocamente vinculadas y sean interdependientes, no son iguales en la jerarquía de los fines. </i>La comunidad política está esencialmente al servicio de la sociedad civil y, en último análisis, de las personas y de los grupos que la componen.<sup>854</sup> La sociedad civil, por tanto, no puede considerarse un mero apéndice o una variable de la comunidad política: al contrario, ella tiene la preeminencia, ya que es precisamente la sociedad civil la que justifica la existencia de la comunidad política.</p> <p><i>El Estado debe aportar un marco jurídico adecuado para el libre ejercicio de la actividades de los sujetos sociales y estar preparado a intervenir, cuando sea necesario y respetando el principio de subsidiaridad</i>, para orientar al bien común la dialéctica entre las libres asociaciones activas en la vida democrática. La sociedad civil es heterogénea y fragmentaria, no carente de ambigüedades y contradicciones: es también lugar de enfrentamiento entre intereses diversos, con el riesgo de que el más fuerte prevalezca sobre el más indefenso.</p> <p>c) <a name="La_aplicación_del_principio_de_subsidiar"><b>La aplicación del principio de subsidiaridad</b></a></p> <p><b>419 </b><i>La comunidad política debe regular sus relaciones con la sociedad civil según el principio de subsidiaridad</i>: <sup>855</sup> es esencial que el crecimiento de la vida democrática comience en el tejido social. Las actividades de la sociedad civil —sobre todo de <i>voluntariado y cooperación </i>en el ámbito<i> privado-social, </i>sintéticamente definido « <i>tercer sector</i> » para distinguirlo de los ámbitos del Estado y del mercado— constituyen las modalidades más adecuadas para desarrollar la dimensión social de la persona, que en tales actividades puede encontrar espacio para su plena manifestación. La progresiva expansión de las iniciativas sociales fuera de la esfera estatal crea nuevos espacios para la presencia activa y para la acción directa de los ciudadanos, integrando las funciones desarrolladas por el Estado. Este importante fenómeno con frecuencia se ha realizado por caminos y con instrumentos informales, dando vida a modalidades nuevas y positivas de ejercicio de los derechos de la persona que enriquecen cualitativamente la vida democrática.</p> <p><b>420 </b><i>La cooperación, incluso en sus formas menos estructuradas, se delinea como una de las respuestas más fuertes a la lógica del conflicto y de la competencia sin límites, que hoy aparece como predominante.</i> Las relaciones que se instauran en un clima de cooperación y solidaridad superan las divisiones ideológicas, impulsando a la búsqueda de lo que une más allá de lo que divide.</p> <p><i>Muchas experiencias de voluntariado constituyen un ulterior ejemplo de gran valor, que lleva a considerar la sociedad civil como el lugar donde siempre es posible recomponer una ética pública centrada en la solidaridad, la colaboración concreta y el diálogo fraterno.</i> Todos deben mirar con confianza estas potencialidades y colaborar con su acción personal para el bien de la comunidad en general y en particular de los más débiles y necesitados. Es también así como se refuerza el principio de la « subjetividad de la sociedad ».<sup>856</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">VI. EL ESTADO Y LAS COMUNIDADES RELIGIOSAS</font></b></p> <p>A) <a name="LA_LIBERTAD_RELIGIOSA,_UN_DERECHO_HUMANO"></a><b>LA LIBERTAD RELIGIOSA</b><b>, UN DERECHO HUMANO FUNDAMENTAL</b></p> <p><b>421 </b><i>El Concilio Vaticano II ha comprometido a la Iglesia Católica en la promoción de la libertad religiosa.</i> La Declaración « <i>Dignitatis humanae</i> » precisa en el subtítulo que pretende proclamar « el derecho de la persona y de las comunidades a la libertad social y civil en materia religiosa ». Para que esta libertad, querida por Dios e inscrita en la naturaleza humana, pueda ejercerse, no debe ser obstaculizada, dado que « la verdad no se impone de otra manera que por la fuerza de la misma verdad ».<sup>857</sup> La dignidad de la persona y la naturaleza misma de la búsqueda de Dios, exigen para todos los hombres la inmunidad frente a cualquier coacción en el campo religioso.<sup>858</sup> La sociedad y el Estado no deben constreñir a una persona a actuar contra su conciencia, ni impedirle actuar conforme a ella.<sup>859</sup> La libertad religiosa no supone una licencia moral para adherir al error, ni un implícito derecho al error.<sup>860</sup></p> <p><b>422 </b><i>La libertad de conciencia y de religión « corresponde al hombre individual y socialmente considerado »</i>.<sup>861</sup> El derecho a la libertad religiosa debe ser reconocido en el ordenamiento jurídico y sancionado como derecho civil.<sup>862</sup> Sin embargo, no es de por sí un derecho ilimitado. Los<i> justos límites</i> al ejercicio de la libertad religiosa deben ser determinados para cada situación social mediante la prudencia política, según las exigencias del bien común, y ratificados por la autoridad civil mediante normas jurídicas conformes al orden moral objetivo. Son normas exigidas « por la tutela eficaz, en favor de todos los ciudadanos, de estos derechos, y por la pacífica composición de tales derechos; por la adecuada promoción de esa honesta paz pública, que es la ordenada convivencia en la verdadera justicia; y por la debida custodia de la moralidad pública ».<sup>863</sup></p> <p><b>423 </b><i>En razón de sus vínculos históricos y culturales con una Nación, una comunidad religiosa puede recibir un especial reconocimiento por parte del Estado: este reconocimiento no debe, en modo alguno, generar una discriminación de orden civil o social respecto a otros grupos religiosos</i>.<sup>864</sup> La visión de las relaciones entre los Estados y las organizaciones religiosas, promovida por el Concilio Vaticano II, corresponde a las exigencias del Estado de derecho y a las normas del derecho internacional.<sup>865</sup> La Iglesia es perfectamente consciente de que no todos comparten esta visión: por desgracia, « numerosos Estados violan este derecho [a la libertad religiosa], hasta tal punto que dar, hacer dar la catequesis o recibirla llega a ser un delito susceptible de sanción ».<sup>866</sup></p> <p>B)<b> <a name="IGLESIA_CATÓLICA_Y_COMUNIDAD_POLÍTICA">IGLESIA CATÓLICA Y COMUNIDAD POLÍTICA</a></b></p> <p>a) <a name="Autonomía_e_independencia"><b>Autonomía e independencia</b></a></p> <p><b>424 </b><i>La Iglesia</i><i> y la comunidad política, si bien se expresan ambas con estructuras organizativas visibles, son de naturaleza diferente, tanto por su configuración como por las finalidades que persiguen</i>. El Concilio Vaticano II ha reafirmado solemnemente que « la comunidad política y la Iglesia son independientes y autónomas, cada una en su propio terreno ».<sup>867</sup> La Iglesia se organiza con formas adecuadas para satisfacer las exigencias espirituales de sus fieles, mientras que las diversas comunidades políticas generan relaciones e instituciones al servicio de todo lo que pertenece al bien común temporal. La autonomía e independencia de las dos realidades se muestran claramente sobre todo en el orden de los fines.</p> <p>El deber de respetar la libertad religiosa impone a la comunidad política que garantice a la Iglesia el necesario espacio de acción. Por su parte, la Iglesia no tiene un campo de competencia específica en lo que se refiere a la estructura de la comunidad política: « La Iglesia respeta <i>la legítima autonomía del orden democrático;</i> pero no posee título alguno para expresar preferencias por una u otra solución institucional o constitucional »,<sup>868</sup> ni tiene tampoco la tarea de valorar los programas políticos, si no es por sus implicaciones religiosas y morales.</p> <p>b) <a name="Colaboración"><b>Colaboración</b></a></p> <p><b>425 </b><i>La recíproca autonomía de la Iglesia y la comunidad política no comporta una separación tal que excluya la colaboración</i>: ambas, aunque a título diverso, están al servicio de la vocación personal y social de los mismos hombres. La Iglesia y la comunidad política, en efecto, se expresan mediante formas organizativas que no constituyen un fin en sí mismas, sino que están al servicio del hombre, para permitirle el pleno ejercicio de sus derechos, inherentes a su identidad de ciudadano y de cristiano, y un correcto cumplimiento de los correspondientes deberes. La Iglesia y la comunidad política pueden desarrollar su servicio « con tanta mayor eficacia, para bien de todos, cuanto mejor cultiven ambas entre sí una sana cooperación, habida cuenta de las circunstancias de lugar y tiempo ».<sup>869</sup></p> <p><b>426 </b><i>La Iglesia</i><i> tiene derecho al reconocimiento jurídico de su propia identidad</i>. Precisamente porque su misión abarca toda la realidad humana, la Iglesia, sintiéndose « íntima y realmente solidaria del genero humano y de su historia »,<sup>870</sup> reivindica la libertad de expresar su juicio moral sobre estas realidades, cuantas veces lo exija la defensa de los derechos fundamentales de la persona o la salvación de las almas.<sup>871</sup></p> <p>La Iglesia por tanto pide: libertad de expresión, de enseñanza, de evangelización; libertad de ejercer el culto públicamente; libertad de organizarse y tener sus reglamentos internos; libertad de elección, de educación, de nombramiento y de traslado de sus ministros; libertad de construir edificios religiosos; libertad de adquirir y poseer bienes adecuados para su actividad; libertad de asociarse para fines no sólo religiosos, sino también educativos, culturales, de salud y caritativos.<sup>872</sup></p> <p><b>427 </b><i>Con el fin de prevenir y atenuar posibles conflictos entre la Iglesia y la comunidad política, la experiencia jurídica de la Iglesia y del Estado ha delineado diversas formas estables de relación e instrumentos aptos para garantizar relaciones armónicas.</i> Esta experiencia es un punto de referencia esencial para los casos en que el Estado pretende invadir el campo de acción de la Iglesia, obstaculizando su libre actividad, incluso hasta perseguirla abiertamente o, viceversa, en los casos en que las organizaciones eclesiales no actúen correctamente con respecto al Estado.</p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-75179585451503419282008-06-01T23:05:00.001-03:002008-06-01T23:05:33.816-03:00CAPÍTULO SÉPTIMO: LA VIDA ECONÓMICA<p><b><font color="#0000a0">I. ASPECTOS BÍBLICOS</font></b></p> <p>a)<b> <a name="El_hombre,_pobreza_y_riqueza">El hombre, pobreza y riqueza</a></b></p> <p><b>323 </b><i>En el Antiguo Testamento se encuentra una doble postura frente a los bienes económicos y la riqueza. Por un lado, de aprecio a la disponibilidad de bienes materiales considerados necesarios para la vida:</i> en ocasiones, la abundancia —pero no la riqueza o el lujo— es vista como una bendición de Dios. En la literatura sapiencial, la pobreza se describe como una consecuencia negativa del ocio y de la falta de laboriosidad (cf. <i>Pr</i> 10,4), pero también como un hecho natural (cf.<i> Pr </i>22,2). <i>Por otro lado, los bienes económicos y la riqueza no son condenados en sí mismos, sino por su mal uso</i>. La tradición profética estigmatiza las estafas, la usura, la explotación, las injusticias evidentes, especialmente con respecto a los más pobres (cf.<i> Is </i>58,3-11; <i>Jr</i> 7,4-7; <i>Os</i> 4,1-2; <i>Am</i> 2,6-7;<i> Mi </i>2,1-2). Esta tradición, si bien considera un mal la pobreza de los oprimidos, de los débiles, de los indigentes, ve también en ella un símbolo de la situación del hombre delante de Dios; de Él proviene todo bien como un don que hay que administrar y compartir.</p> <p><b>324 </b><i>Quien reconoce su pobreza ante Dios, en cualquier situación que viva, es objeto de una atención particular por parte de Dios</i>: cuando el pobre busca, el Señor responde; cuando grita, Él lo escucha. A los pobres se dirigen las promesas divinas: ellos serán los herederos de la alianza entre Dios y su pueblo. La intervención salvífica de Dios se actuará mediante un nuevo David (cf.<i> Ez</i> 34,22-31), el cual, como y más que el rey David, será defensor de los pobres y promotor de la justicia; Él establecerá una nueva alianza y escribirá una nueva ley en el corazón de los creyentes (cf. <i>Jr</i> 31,31-34).</p> <p><i>La pobreza, cuando es aceptada o buscada con espíritu religioso, predispone al reconocimiento y a la aceptación del orden creatural</i>; en esta perspectiva, el « rico » es aquel que pone su confianza en las cosas que posee más que en Dios, el hombre que se hace fuerte mediante las obras de sus manos y que confía sólo en esta fuerza. La pobreza se eleva a valor moral cuando se manifiesta como humilde disposición y apertura a Dios, confianza en Él. Estas actitudes hacen al hombre capaz de reconocer lo relativo de los bienes económicos y de tratarlos como dones divinos que hay que administrar y compartir, porque la propiedad originaria de todos los bienes pertenece a Dios.</p> <p><b>325 </b><i>Jesús asume toda la tradición del Antiguo Testamento, también sobre los bienes económicos, sobre la riqueza y la pobreza, confiriéndole una definitiva claridad y plenitud</i> (cf.<i> Mt</i> 6,24 y 13,22;<i> Lc </i>6,20-24 y 12,15-21;<i> Rm</i> 14,6-8 y<i> 1 Tm</i> 4,4). Él, infundiendo su Espíritu y cambiando los corazones, instaura el « Reino de Dios », que hace posible una nueva convivencia en la justicia, en la fraternidad, en la solidaridad y en el compartir. El Reino inaugurado por Cristo perfecciona la bondad originaria de la creación y de la actividad humana, herida por el pecado. Liberado del mal y reincorporado en la comunión con Dios, todo hombre puede continuar la obra de Jesús con la ayuda de su Espíritu: hacer justicia a los pobres, liberar a los oprimidos, consolar a los afligidos, buscar activamente un nuevo orden social, en el que se ofrezcan soluciones adecuadas a la pobreza material y se contrarresten más eficazmente las fuerzas que obstaculizan los intentos de los más débiles para liberarse de una condición de miseria y de esclavitud. Cuando esto sucede, el Reino de Dios se hace ya presente sobre esta tierra, aun no perteneciendo a ella. En él encontrarán finalmente cumplimiento las promesas de los Profetas.</p> <p><b>326 </b><i>A</i><i> la luz de la Revelación, la actividad económica ha de considerarse y ejercerse como una respuesta agradecida a la vocación que Dios reserva a cada hombre</i>. Éste ha sido colocado en el jardín para cultivarlo y custodiarlo, usándolo según unos limites bien precisos (cf.<i> Gn </i>2,16-17), con el compromiso de perfeccionarlo (cf.<i> Gn </i>1,26-30; 2,15-16;<i> Sb </i>9,2-3). Al hacerse testigo de la grandeza y de la bondad del Creador, el hombre camina hacia la plenitud de la libertad a la que Dios lo llama. Una buena administración de los dones recibidos, incluidos los dones materiales, es una obra de justicia hacia sí mismo y hacia los demás hombres: lo que se recibe ha de ser bien usado, conservado, multiplicado, como enseña la parábola de los talentos (cf. <i>Mt </i>25,14-31; <i>Lc</i> 19,12-27).</p> <p><i>La actividad económica y el progreso material deben ponerse al servicio del hombre y de la sociedad</i>: dedicándose a ellos con la fe, la esperanza y la caridad de los discípulos de Cristo, la economía y el progreso pueden transformarse en lugares de salvación y de santificación. También en estos ámbitos es posible expresar un amor y una solidaridad más que humanos y contribuir al crecimiento de una humanidad nueva, que prefigure el mundo de los últimos tiempos.<sup>683</sup> Jesús sintetiza toda la Revelación pidiendo al creyente<i> enriquecerse delante de Dios</i> (cf. <i>Lc</i> 12,21): y la economía es útil a este fin, cuando no traiciona su función de instrumento para el crecimiento integral del hombre y de las sociedades, de la calidad humana de la vida.</p> <p><b>327 </b><i>La fe en Jesucristo permite una comprensión correcta del desarrollo social, en el contexto de un humanismo integral y solidario. </i>Para ello resulta muy útil la contribución de la reflexión teológica ofrecida por el Magisterio social: « <i>La fe en Cristo redentor</i>, mientras ilumina interiormente la naturaleza del desarrollo, guía también en la tarea de colaboración. En la carta de san Pablo a los Colosenses leemos que Cristo es “el primogénito de toda la creación” y que “todo fue creado por él y para él” (1,15-16). En efecto, “todo tiene en él su consistencia” porque “Dios tuvo a bien hacer residir en él toda la plenitud y reconciliar por él y para él todas la cosas” (<i>ibíd</i>., 1,20). En este plan divino, que comienza desde la eternidad en Cristo, “Imagen” perfecta del Padre, y culmina en él, “Primogénito de entre los muertos” (<i>ibíd.</i>, 1,15.18),<i> se inserta nuestra historia</i>, marcada por nuestro esfuerzo personal y colectivo por elevar la condición humana, vencer los obstáculos que surgen siempre en nuestro camino, disponiéndonos así a participar en la plenitud que “reside en el Señor” y que él comunica “a su cuerpo, la Iglesia” (<i>ibíd</i>., 1,18; cf.<i> Ef</i> 1,22-23), mientras el pecado, que siempre nos acecha y compromete nuestras realizaciones humanas, es vencido y rescatado por la “reconciliación” obrada por Cristo (cf.<i> Col </i>1,20) ».<sup>684</sup></p> <p>b) <a name="La_riqueza_existe_para_ser_compartida"><b>La riqueza existe para ser compartida</b></a></p> <p><b>328 </b><i>Los bienes, aun cuando son poseídos legítimamente, conservan siempre un destino universal. Toda forma de acumulación indebida es inmoral, porque se halla en abierta contradicción con el destino universal que Dios creador asignó a todos los bienes.</i> La salvación cristiana es una liberación integral del hombre, liberación de la necesidad, pero también de la posesión misma: « Porque la raíz de todos los males es el afán de dinero, y algunos, por dejarse llevar de él, se extraviaron en la fe » (<i>1 Tm</i> 6,10). Los Padres de la Iglesia insisten en la necesidad de la conversión y de la transformación de las conciencias de los creyentes, más que en la exigencia de cambiar las estructuras sociales y políticas de su tiempo, instando a quien desarrolla una actividad económica y posee bienes a considerarse administrador de cuanto Dios le ha confiado.</p> <p><b>329 </b><i>Las riquezas realizan su función de servicio al hombre cuando son destinadas a producir beneficios para los demás y para la sociedad</i>: <sup>685</sup> « ¿Cómo podríamos hacer el bien al prójimo —se pregunta Clemente de Alejandría— si nadie poseyese nada? ».<sup>686</sup> En la visión de San Juan Crisóstomo, las riquezas pertenecen a algunos para que estos puedan ganar méritos compartiéndolas con los demás.<sup>687</sup> Las riquezas son un bien que viene de Dios: quien lo posee lo debe usar y hacer circular, de manera que también los necesitados puedan gozar de él; el mal se encuentra en el apego desordenado a las riquezas, en el deseo de acapararlas. San Basilio el Grande invita a los ricos a abrir las puertas de sus almacenes y exclama: « Un gran río se vierte, en mil canales, sobre el terreno fértil: así, por mil caminos, tú haces llegar la riqueza a las casas de los pobres ».<sup>688</sup> La riqueza, explica San Basilio, es como el agua que brota cada vez más pura de la fuente si se bebe de ella con frecuencia, mientras que se pudre si la fuente permanece inutilizada.<sup>689</sup> El rico, dirá más tarde San Gregorio Magno, no es sino un administrador de lo que posee; dar lo necesario a quien carece de ello es una obra que hay que cumplir con humildad, porque los bienes no pertenecen a quien los distribuye. Quien tiene las riquezas sólo para sí no es inocente; darlas a quien tiene necesidad significa pagar una deuda.<sup>690</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">II. </font><a name="MORAL_Y_ECONOMÍA"><font color="#0000a0">MORAL Y ECONOMÍA</font></a></b></p> <p><b>330 </b><i>La doctrina social de la Iglesia insiste en la connotación moral de la economía.</i> Pío XI, en un texto de la encíclica<i> Quadragesimo anno,</i> recuerda la relación entre la economía y la moral: « Aun cuando la economía y la disciplina moral, cada cual en su ámbito, tienen principios propios, a pesar de ello es erróneo que el orden económico y el moral estén tan distanciados y ajenos entre sí, que bajo ningún aspecto dependa aquél de éste. Las leyes llamadas económicas, fundadas sobre la naturaleza de las cosas y en la índole del cuerpo y del alma humanos, establecen, desde luego, con toda certeza qué fines no y cuáles sí, y con qué medios, puede alcanzar la actividad humana dentro del orden económico; pero la razón también, apoyándose igualmente en la naturaleza de las cosas y del hombre, individual y socialmente considerado, demuestra claramente que a ese orden económico en su totalidad le ha sido prescrito un fin por Dios Creador. Una y la misma es, efectivamente, la ley moral que nos manda buscar, así como directamente en la totalidad de nuestras acciones nuestro fin supremo y último, así también en cada uno de los órdenes particulares esos fines que entendemos que la naturaleza o, mejor dicho, el autor de la naturaleza, Dios, ha fijado a cada orden de cosas factibles, y someterlos subordinadamente a aquél ».<sup>691</sup></p> <p><b>331 </b><i>La relación entre moral y economía es necesaria e intrínseca: actividad económica y comportamiento moral se compenetran íntimamente. La necesaria distinción entre moral y economía no comporta una separación entre los dos ámbitos, sino al contrario, una reciprocidad importante</i>. Así como en el ámbito moral se deben tener en cuenta las razones y las exigencias de la economía, la actuación en el campo económico debe estar abierta a las instancias morales: « También en la vida económico-social deben respetarse y promoverse la dignidad de la persona humana, su entera vocación y el bien de toda la sociedad. Porque el hombre es el autor, el centro y el fin de toda la vida económico-social ».<sup>692</sup> Dar el justo y debido peso a las razones propias de la economía no significa rechazar como irracional toda consideración de orden metaeconómico, precisamente porque el fin de la economía no está en la economía misma, sino en su destinación humana y social.<sup>693</sup> A la economía, en efecto, tanto en el ámbito científico, como en el nivel práctico, no se le confía el fin de la realización del hombre y de la buena convivencia humana, sino una tarea parcial: la producción, la distribución y el consumo de bienes materiales y de servicios.</p> <p><b>332 </b><i>La dimensión moral de la economía hace entender que la eficiencia económica y la promoción de un desarrollo solidario de la humanidad son finalidades estrechamente vinculadas, más que separadas o alternativas. </i>La moral, constitutiva de la vida económica, no es ni contraria ni neutral: cuando se inspira en la justicia y la solidaridad, constituye un factor de eficiencia social para la misma economía. Es un deber desarrollar de manera eficiente la actividad de producción de los bienes, de otro modo se desperdician recursos; pero no es aceptable un crecimiento económico obtenido con menoscabo de los seres humanos, de grupos sociales y pueblos enteros, condenados a la indigencia y a la exclusión. La expansión de la riqueza, visible en la disponibilidad de bienes y servicios, y la exigencia moral de una justa difusión de estos últimos deben estimular al hombre y a la sociedad en su conjunto a practicar la virtud esencial de la solidaridad,<sup>694</sup> para combatir con espíritu de justicia y de caridad, dondequiera que existan, las « estructuras de pecado » <sup>695</sup> que generan y mantienen la pobreza, el subdesarrollo y la degradación. Estas estructuras están edificadas y consolidadas por muchos actos concretos de egoísmo humano.</p> <p><b>333 </b><i>Para asumir un perfil moral, la actividad económica debe tener como sujetos a todos los hombres y a todos los pueblos.</i> Todos tienen el derecho de participar en la vida económica y el deber de contribuir, según sus capacidades, al progreso del propio país y de la entera familia humana.<sup>696</sup> Si, en alguna medida, todos son responsables de todos, cada uno tiene el deber de comprometerse en el desarrollo económico de todos: <sup>697</sup> es un deber de solidaridad y de justicia, pero también es la vía mejor para hacer progresar a toda la humanidad. Cuando se vive con sentido moral, la economía se realiza como prestación de un servicio recíproco, mediante la producción de bienes y servicios útiles al crecimiento de cada uno, y se convierte para cada hombre en una oportunidad de vivir la solidaridad y la vocación a la « comunión con los demás hombres, para lo cual fue creado por Dios ».<sup>698</sup> El esfuerzo de concebir y realizar proyectos económico-sociales capaces de favorecer una sociedad más justa y un mundo más humano representa un desafío difícil, pero también un deber estimulante, para todos los agentes económicos y para quienes se dedican a las ciencias económicas.<sup>699</sup></p> <p><b>334 </b><i>Objeto de la economía es la formación de la riqueza y su incremento progresivo, en términos no sólo cuantitativos, sino cualitativos: todo lo cual es moralmente correcto si está orientado al desarrollo global y solidario del hombre y de la sociedad en la que vive y trabaja. </i>El desarrollo, en efecto, no puede reducirse a un mero proceso de acumulación de bienes y servicios. Al contrario, la pura acumulación, aun cuando fuese en pro del bien común, no es una condición suficiente para la realización de la auténtica felicidad humana. En este sentido, el Magisterio social pone en guardia contra la insidia que esconde un tipo de desarrollo sólo cuantitativo, ya que la « excesiva disponibilidad de toda clase de bienes materiales para algunas categorías sociales, fácilmente hace a los hombres esclavos de la “posesión” y del goce inmediato... Es la llamada civilización del “consumo” o consumismo... ».<sup>700</sup></p> <p><b>335 </b><i>En la perspectiva del desarrollo integral y solidario, se puede apreciar justamente la valoración moral que la doctrina social hace sobre la economía de mercado, o simplemente economía libre</i>: « Si por “capitalismo” se entiende un sistema económico que reconoce el papel fundamental y positivo de la empresa, del mercado, de la propiedad privada y de la consiguiente responsabilidad para con los medios productivos, de la libre creatividad humana en el sector de la economía, la respuesta es ciertamente positiva, aunque quizá sería más apropiado hablar de “economía de empresa”, “economía de mercado” o simplemente de “economía libre”. Pero si por “capitalismo” se entiende un sistema en el cual la libertad, en el ámbito económico, no está encuadrada en un sólido contexto jurídico que la ponga al servicio de la libertad humana integral y la considere como una particular dimensión de la misma, cuyo centro es ético y religioso, entonces la respuesta es absolutamente negativa ».<sup>701</sup> De este modo queda definida la perspectiva cristiana acerca de las condiciones sociales y políticas de la actividad económica: no sólo sus reglas, sino también su calidad moral y su significado.</p> <p><a name="III._INICIATIVA_PRIVADA_Y_EMPRESA"><b><font color="#0000a0">III. INICIATIVA PRIVADA Y EMPRESA</font></b></a></p> <p><b>336 </b><i>La doctrina social de la Iglesia considera la libertad de la persona en campo económico un valor fundamental y un derecho inalienable que hay que promover y tutelar</i>: « Cada uno tiene el<i> derecho de iniciativa económica</i>, y podrá usar legítimamente de sus talentos para contribuir a una abundancia provechosa para todos, y para recoger los justos frutos de sus esfuerzos ».<sup>702</sup> Esta enseñanza pone en guardia contra las consecuencias negativas que se derivarían de la restricción o de la negación del <i>derecho de iniciativa económica</i>: « La experiencia nos demuestra que la negación de tal derecho o su limitación en nombre de una pretendida “igualdad” de todos en la sociedad reduce o, sin más, destruye de hecho el espíritu de iniciativa, es decir, <i>la subjetividad creativa del ciudadano</i> ».<sup>703</sup> En este sentido, la libre y responsable iniciativa en campo económico puede definirse también como un acto que revela la humanidad del hombre en cuanto sujeto creativo y relacional. La iniciativa económica debe gozar, por tanto, de<i> un espacio amplio</i>. El Estado tiene la obligación moral de imponer vínculos restrictivos sólo en orden a las incompatibilidades entre la persecución del bien común y el tipo de actividad económica puesta en marcha, o sus modalidades de desarrollo.<sup>704</sup></p> <p><b>337 </b><i>La dimensión creativa es un elemento esencial de la acción humana, también en el campo empresarial, y se manifiesta especialmente en la aptitud para elaborar proyectos e innovar</i>: « Organizar ese esfuerzo productivo, programar su duración en el tiempo, procurar que corresponda de manera positiva a las necesidades que debe satisfacer, asumiendo los riesgos necesarios: todo esto es también una fuente de riqueza en la sociedad actual. Así se hace cada vez más evidente y determinante <i>el papel del trabajo humano,</i> disciplinado y creativo, y<i> el de las capacidades de iniciativa y de espíritu emprendedor,</i> como parte esencial del mismo trabajo ».<sup>705</sup> Como fundamento de esta enseñanza hay que señalar la convicción de que « el principal recurso del hombre es, junto con la tierra, el hombre mismo. Es su inteligencia la que descubre las potencialidades productivas de la tierra y las múltiples modalidades con que se pueden satisfacer las necesidades humanas ».<sup>706</sup></p> <p>a) <a name="La_empresa_y_sus_fines"><b>La empresa y sus fines</b></a></p> <p><b>338 </b><i>La empresa debe caracterizarse por la capacidad de servir al bien común de la sociedad mediante la producción de bienes y servicios útiles.</i> En esta producción de bienes y servicios con una lógica de eficiencia y de satisfacción de los intereses de los diversos sujetos implicados, la empresa crea riqueza para toda la sociedad: no sólo para los propietarios, sino también para los demás sujetos interesados en su actividad. Además de esta función típicamente económica,<i> la empresa desempeña también una función social, creando oportunidades de encuentro, de colaboración, de valoración de las capacidades de las personas implicadas. </i>En la empresa, por tanto, la dimensión económica es condición para el logro de objetivos no sólo económicos, sino también sociales y morales, que deben perseguirse conjuntamente.</p> <p><i>El objetivo de la empresa se debe llevar a cabo en términos y con criterios económicos, pero sin descuidar los valores auténticos que permiten el desarrollo concreto de la persona y de la sociedad. </i>En esta visión personalista y comunitaria, « la empresa no puede considerarse únicamente como una “sociedad de capitales”; es, al mismo tiempo, una “sociedad de personas”, en la que entran a formar parte de manera diversa y con responsabilidades específicas los que aportan el capital necesario para su actividad y los que colaboran con su trabajo ».<sup>707</sup></p> <p><b>339 </b><i>Los componentes de la empresa deben ser conscientes de que la  comunidad en la que trabajan representa un bien para todos y no una estructura que permite satisfacer exclusivamente los intereses personales de alguno</i>. Sólo esta conciencia permite llegar a construir una economía verdaderamente al servicio del hombre y elaborar un proyecto de cooperación real entre las partes sociales.</p> <p><i>Un ejemplo muy importante y significativo en la dirección indicada procede de la actividad de las empresas cooperativas, de la pequeña y mediana empresa, de las empresas artesanales y de las agrícolas de dimensiones familiares</i>. La doctrina social ha subrayado la contribución que estas empresas ofrecen a la valoración del trabajo, al crecimiento del sentido de responsabilidad personal y social, a la vida democrática, a los valores humanos útiles para el progreso del mercado y de la sociedad.<sup>708</sup></p> <p><b>340 </b><i>La doctrina social reconoce la justa función del beneficio, como primer indicador del buen funcionamiento de la empresa: </i>« Cuando una empresa da beneficios significa que los factores productivos han sido utilizados adecuadamente ».<sup>709</sup> Esto no puede hacer olvidar el hecho que<i> no siempre el beneficio indica que la empresa esté sirviendo adecuadamente a la sociedad</i>.<sup>710</sup> Es posible, por ejemplo, « que los balances económicos sean correctos y que al mismo tiempo los hombres, que constituyen el patrimonio más valioso de la empresa, sean humillados y ofendidos en su dignidad ».<sup>711</sup> Esto sucede cuando la empresa opera en sistemas socioculturales caracterizados por la explotación de las personas, propensos a rehuir las obligaciones de justicia social y a violar los derechos de los trabajadores.</p> <p><i>Es indispensable que, dentro de la empresa, la legítima búsqueda del beneficio se armonice con la irrenunciable tutela de la dignidad de las personas que a título diverso trabajan en la misma.</i> Estas dos exigencias no se oponen en absoluto, ya que, por una parte, no sería realista pensar que el futuro de la empresa esté asegurado sin la producción de bienes y servicios y sin conseguir beneficios que sean el fruto de la actividad económica desarrollada; por otra parte, permitiendo el crecimiento de la persona que trabaja, se favorece una mayor productividad y eficacia del trabajo mismo. La empresa debe ser una comunidad solidaria<sup>712 </sup>no encerrada en los intereses corporativos, tender a una « ecología social » <sup>713</sup> del trabajo, y contribuir al bien común, incluida la salvaguardia del ambiente natural.</p> <p><b>341 </b><i>Si en la actividad económica y financiera la búsqueda de un justo beneficio es aceptable, el recurso a la usura está moralmente condenado</i>: « Los traficantes cuyas prácticas usurarias y mercantiles provocan el hambre y la muerte de sus hermanos los hombres, cometen indirectamente un homicidio. Este les es imputable ».<sup>714</sup> Esta condena se extiende también a las relaciones económicas internacionales, especialmente en lo que se refiere a la situación de los países menos desarrollados, a los que no se pueden aplicar « sistemas financieros abusivos, si no usurarios ».<sup>715</sup> El Magisterio reciente ha usado palabras fuertes y claras a propósito de esta práctica todavía dramáticamente difundida: « La usura, delito que también en nuestros días es una infame realidad, capaz de estrangular la vida de muchas personas ».<sup>716</sup></p> <p><b>342 </b><i>La empresa se mueve hoy en el marco de escenarios económicos de dimensiones cada vez más amplias,</i> donde los Estados nacionales tienen una capacidad limitada de gobernar los rápidos procesos de cambio que afectan a las relaciones económico-financieras internacionales; esta situación induce a las empresas a <i>asumir responsabilidades nuevas y mayores con respecto al pasado.</i> Su papel, hoy más que nunca, resulta determinante para un desarrollo auténticamente solidario e integral de la humanidad e igualmente decisivo, en este sentido, su aceptación del hecho que « el desarrollo o se convierte en un <i>hecho común </i>a todas las partes del mundo o sufre un<i> proceso de retroceso </i>aun en las zonas marcadas por un constante progreso. Fenómeno este particularmente indicador de la naturaleza del <i>auténtico </i>desarrollo: o participan de él todas las Naciones del mundo, o no será tal, ciertamente ».<sup>717</sup></p> <p>b) <a name="El_papel_del_empresario_y_del_dirigente_"><b>El papel del empresario y del dirigente de empresa</b></a></p> <p><b>343 </b><i>La iniciativa económica es expresión de la inteligencia humana y de la exigencia de responder a las necesidades del hombre con creatividad y en colaboración</i>. En la creatividad y en la cooperación se halla inscrita la auténtica noción de la competencia empresarial: un<i> cum-petere</i>, es decir, un buscar juntos las soluciones más adecuadas para responder del modo más idóneo a las necesidades que van surgiendo progresivamente. El sentido de responsabilidad que brota de la libre iniciativa económica se configura no sólo como<i> virtud individual </i>indispensable para el crecimiento humano del individuo, sino también como<i> virtud social </i>necesaria para el desarrollo de una comunidad solidaria: « En este proceso están implicadas importantes virtudes, como son la diligencia, la laboriosidad, la prudencia en asumir los riesgos razonables, la fiabilidad y la lealtad en las relaciones interpersonales, la resolución de ánimo en la ejecución de decisiones difíciles y dolorosas, pero necesarias para el trabajo común de la empresa y para hacer frente a los eventuales reveses de fortuna ».<sup>718</sup></p> <p><b>344 </b><i>El papel del empresario y del dirigente revisten una importancia central desde el punto de vista social, porque se sitúan en el corazón de la red de vínculos técnicos, comerciales, financieros y culturales, que caracterizan la moderna realidad de la empresa.</i> Puesto que las decisiones empresariales producen, en razón de la complejidad creciente de la actividad empresarial, múltiples efectos conjuntos de gran relevancia no sólo económica, sino también social, el ejercicio de las responsabilidades empresariales y directivas exige, además de un esfuerzo continuo de actualización específica, una constante reflexión sobre los valores morales que deben guiar las opciones personales de quien está investido de tales funciones.</p> <p><i>Los empresarios y los dirigentes no pueden tener en cuenta exclusivamente el objetivo económico de la empresa, los criterios de la eficiencia económica, las exigencias del cuidado del « capital » como conjunto de medios de producción: el respeto concreto de la dignidad humana de los trabajadores que laboran en la empresa, es también su deber preciso</i>.<sup>719</sup> Las personas constituyen « el patrimonio más valioso de la empresa »,<sup>720</sup> el factor decisivo de la producción.<sup>721</sup> En las grandes decisiones estratégicas y financieras, de adquisición o de venta, de reajuste o cierre de instalaciones, en la política de fusiones, los criterios no pueden ser exclusivamente de naturaleza financiera o comercial.</p> <p><b>345 </b><i>La doctrina social insiste en la necesidad de que el empresario y el dirigente se comprometan a estructurar la actividad laboral en sus empresas de modo que favorezcan la familia, especialmente a las madres de familia</i> en el ejercicio de sus tareas; <sup>722</sup> que<i> secunden, a la luz de una visión integral del hombre y del desarrollo, la demanda de calidad </i>« de la mercancía que se produce y se consume; calidad de los servicios públicos que se disfrutan; calidad del ambiente y de la vida en general »; <sup>723</sup> que inviertan, en caso de que se den las condiciones económicas y de estabilidad política para ello, en aquellos lugares y sectores productivos que ofrecen a los individuos y a los pueblos « la ocasión de dar valor al propio trabajo ».<sup>724</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">IV. </font><a name="INSTITUCIONES_ECONÓMICAS_AL_SERVICIO_DEL"><font color="#0000a0">INSTITUCIONES ECONÓMICAS <br />AL SERVICIO DEL HOMBRE</font></a></b></p> <p><b>346 </b><i>Una de las cuestiones prioritarias en economía es el empleo de los recursos</i>,<sup>725</sup><i> es decir, de todos aquellos bienes y servicios a los que los sujetos económicos, productores y consumidores, privados y públicos, atribuyen un valor debido a su inherente utilidad en el campo de la producción y del consumo.</i> Los recursos son cuantitativamente escasos en la naturaleza, lo que implica, necesariamente, que el sujeto económico particular, así como la sociedad, tengan que inventar alguna estrategia para emplearlos del modo más racional posible, siguiendo una lógica dictada por el <i>principio de economicidad.</i> De esto dependen tanto la efectiva solución del problema económico más general, y fundamental, de la limitación de los medios con respecto a las necesidades individuales y sociales, privadas y públicas, cuanto la eficiencia global, estructural y funcional, del entero sistema económico. Tal eficiencia apela directamente a la responsabilidad y la capacidad de diversos sujetos, como el mercado, el Estado y los cuerpos sociales intermedios.</p> <p>a) <a name="El_papel_del_libre_mercado"><b>El papel del libre mercado</b></a></p> <p><b>347 </b><i>El libre mercado es una institución socialmente importante por su capacidad de garantizar resultados eficientes en la producción de bienes y servicios. </i>Históricamente, el mercado ha dado prueba de saber iniciar y sostener, a largo plazo, el desarrollo económico. Existen buenas razones para retener que, en muchas circunstancias, « el<i> libre mercado</i> sea el instrumento más eficaz para colocar los recursos y responder eficazmente a las necesidades ».<sup>726</sup> La doctrina social de la Iglesia aprecia las seguras ventajas que ofrecen los mecanismos del libre mercado, tanto para utilizar mejor los recursos, como para agilizar el intercambio de productos: estos mecanismos, « sobre todo, dan la primacía a la voluntad y a las preferencias de la persona, que, en el contrato, se confrontan con las de otras personas ».<sup>727</sup></p> <p><i>Un mercado verdaderamente competitivo es un instrumento eficaz para conseguir importantes objetivos de justicia</i>: moderar los excesos de ganancia de las empresas; responder a las exigencias de los consumidores; realizar una mejor utilización y ahorro de los recursos; premiar los esfuerzos empresariales y la habilidad de innovación; hacer circular la información, de modo que realmente se puedan comparar y adquirir los productos en un contexto de sana competencia.</p> <p><b>348 </b><i>El libre mercado no puede juzgarse prescindiendo de los fines que persigue y de los valores que transmite a nivel social.</i> El mercado, en efecto, no puede encontrar en sí mismo el principio de la propia legitimación. Pertenece a la conciencia individual y a la responsabilidad pública establecer una justa relación entre medios y fines.<sup>728</sup> La<i> utilidad individual</i> del agente económico, aunque legítima, no debe jamás convertirse en el único objetivo. Al lado de ésta, existe otra, igualmente fundamental y superior, la <i>utilidad social,</i> que debe procurarse no en contraste, sino en coherencia con la lógica de mercado. Cuando realiza las importantes funciones antes recordadas, el libre mercado se orienta al bien común y al desarrollo integral del hombre, mientras que la inversión de la relación entre medios y fines puede hacerlo degenerar en una institución inhumana y alienante, con repercusiones incontrolables.</p> <p><b>349 </b><i>La doctrina social de la Iglesia, aun reconociendo al mercado la función de instrumento insustituible de regulación dentro del sistema económico, pone en evidencia la necesidad de sujetarlo a finalidades morales que aseguren y, al mismo tiempo, circunscriban adecuadamente el espacio de su autonomía</i>.<sup>729</sup> La idea que se pueda confiar sólo al mercado el suministro de todas las categorías de bienes no puede compartirse, porque se basa en una visión reductiva de la persona y de la sociedad.<sup>730</sup> Ante el riesgo concreto de una « idolatría » del mercado, la doctrina social de la Iglesia subraya sus límites, fácilmente perceptibles en su comprobada incapacidad de satisfacer importantes exigencias humanas, que requieren bienes que, « por su naturaleza, no son ni pueden ser simples mercancías »,<sup>731</sup> bienes no negociables según la regla del « intercambio de equivalentes » y la lógica del contrato, típicas del mercado.</p> <p><b>350 </b><i>El mercado asume una función social relevante en las sociedades contemporáneas, por lo cual es importante identificar sus mejores potencialidades y crear condiciones que permitan su concreto desarrollo.</i> Los agentes deben ser efectivamente libres para comparar, evaluar y elegir entre las diversas opciones. Sin embargo la libertad, en ámbito económico, debe estar regulada por un apropiado marco jurídico, capaz de ponerla al servicio de la libertad humana integral: « La libertad económica es solamente un elemento de la libertad humana. Cuando aquélla se vuelve autónoma, es decir, cuando el hombre es considerado más como un productor o un consumidor de bienes que como un sujeto que produce y consume para vivir, entonces pierde su necesaria relación con la persona humana y termina por alienarla y oprimirla ».<sup>732</sup></p> <p>b) <a name="La_acción_del_Estado"><b>La acción del Estado</b></a></p> <p><b>351 </b><i>La acción del Estado y de los demás poderes públicos debe conformarse al principio de subsidiaridad y crear situaciones favorables al libre ejercicio de la actividad económica; debe también inspirarse en el principio de solidaridad y establecer los límites a la autonomía de las partes para defender a la más débil</i>.<sup>733</sup> La solidaridad sin subsidiaridad puede degenerar fácilmente en asistencialismo, mientras que la subsidiaridad sin solidaridad corre el peligro de alimentar formas de localismo egoísta. Para respetar estos dos principios fundamentales, la intervención del Estado en ámbito económico no debe ser ni ilimitada, ni insuficiente, sino proporcionada a las exigencias reales de la sociedad: « El Estado tiene el deber de secundar la actividad de las empresas, creando condiciones que aseguren oportunidades de trabajo, estimulándola donde sea insuficiente o sosteniéndola en momentos de crisis. El Estado tiene, además, el derecho a intervenir, cuando situaciones particulares de monopolio creen rémoras u obstáculos al desarrollo. Pero, aparte de estas incumbencias de armonización y dirección del desarrollo, el Estado puede ejercer<i> funciones de suplencia</i> en situaciones excepcionales ».<sup>734</sup></p> <p><b>352 </b><i>La tarea fundamental del Estado en ámbito económico es definir un marco jurídico apto para regular las relaciones económicas, </i>con el fin de « salvaguardar... las condiciones fundamentales de una economía libre, que presupone una cierta igualdad entre las partes, no sea que una de ellas supere talmente en poder a la otra que la pueda reducir prácticamente a esclavitud ».<sup>735</sup> La actividad económica, sobre todo en un contexto de libre mercado, no puede desarrollarse en un vacío institucional, jurídico y político: « Por el contrario, supone una seguridad que garantiza la libertad individual y la propiedad, además de un sistema monetario estable y servicios públicos eficientes ».<sup>736</sup> Para llevar a cabo su tarea, el Estado debe elaborar una oportuna legislación, pero también dirigir con circunspección las políticas económicas y sociales, sin ocasionar un menoscabo en las diversas actividades de mercado, cuyo desarrollo debe permanecer libre de superestructuras y constricciones autoritarias o, peor aún, totalitarias.</p> <p><b>353 </b><i>Es necesario que mercado y Estado actúen concertadamente y sean complementarios. El libre mercado puede proporcionar efectos benéficos a la colectividad solamente en presencia de una organización del Estado que defina y oriente la dirección del desarrollo económico,</i> que haga respetar reglas justas y transparentes, que intervenga también directamente, durante el tiempo estrictamente necesario,<sup>737</sup> en los casos en que el mercado no alcanza a obtener los resultados de eficiencia deseados y cuando se trata de poner por obra el principio redistributivo. En efecto, en algunos ámbitos, el mercado no es capaz, apoyándose en sus propios mecanismos, de garantizar una distribución equitativa de algunos bienes y servicios esenciales para el desarrollo humano de los ciudadanos: en este caso, la complementariedad entre Estado y mercado es más necesaria que nunca.</p> <p><b>354 </b><i>El Estado puede instar a los ciudadanos y a las empresas para que promuevan el bien común, disponiendo y practicando una política económica que favorezca la participación de todos sus ciudadanos en las actividades productivas.</i> El respeto del principio de subsidiaridad debe impulsar a las autoridades públicas a buscar las condiciones favorables al desarrollo de las capacidades de iniciativa individuales, de la autonomía y de la responsabilidad personales de los ciudadanos, absteniéndose de cualquier intervención que pueda constituir un condicionamiento indebido de las fuerzas empresariales.</p> <p><i>En orden al bien común, proponerse con una constante determinación el objetivo del justo equilibrio entre la libertad privada y la acción pública, entendida como intervención directa en la economía o como actividad de apoyo al desarrollo económico.</i> En cualquier caso, la intervención pública deberá atenerse a criterios de equidad, racionalidad y eficiencia, sin sustituir la acción de los particulares, contrariando su derecho a la libertad de iniciativa económica. El Estado, en este caso, resulta nocivo para la sociedad: una intervención directa demasiado amplia termina por anular la responsabilidad de los ciudadanos y produce un aumento excesivo de los aparatos públicos, guiados más por lógicas burocráticas que por el objetivo de satisfacer las necesidades de las personas.<sup>738</sup></p> <p><b>355 </b><i>Los ingresos fiscales y el gasto público asumen una importancia económica crucial para la comunidad civil y política: el objetivo hacia el cual se debe tender es lograr una finanza pública capaz de ser instrumento de desarrollo y de solidaridad. </i>Una Hacienda pública justa, eficiente y eficaz, produce efectos virtuosos en la economía, porque logra favorecer el crecimiento de la ocupación, sostener las actividades empresariales y las iniciativas sin fines de lucro, y contribuye a acrecentar la credibilidad del Estado como garante de los sistemas de previsión y de protección social, destinados en modo particular a proteger a los más débiles.</p> <p><i>La finanza pública se orienta al bien común cuando se atiene a algunos principios fundamentales: el pago de impuestos</i> <sup>739</sup> <i>como especificación del deber de solidaridad; racionalidad y equidad en la imposición de los tributos;</i> <sup>740</sup> <i>rigor e integridad en la administración y en el destino de los recursos públicos</i>.<sup>741</sup> En la redistribución de los recursos, las finanza pública debe seguir los principios de la solidaridad, de la igualdad, de la valoración de los talentos, y prestar gran atención al sostenimiento de las familias, destinando a tal fin una adecuada cantidad de recursos.<sup>742</sup></p> <p>c) <a name="La_función_de_los_cuerpos_intermedios"><b>La función de los cuerpos intermedios</b></a></p> <p><b>356 </b><i>El sistema económico-social debe caracterizarse por la presencia conjunta de la acción pública y privada, incluida la acción privada sin fines de lucro. Se configura así una pluralidad de centros de decisión y de lógicas de acción.</i> Existen algunas categorías de bienes, colectivos y de uso común, cuya utilización no puede depender de los mecanismos del mercado <sup>743</sup> y que tampoco es de competencia exclusiva del Estado. La tarea del Estado, en relación a estos bienes, es más bien la de valorizar todas las iniciativas sociales y económicas, promovidas por las formaciones intermedias que tienen efectos públicos. La sociedad civil, organizada en sus cuerpos intermedios, es capaz de contribuir al logro del bien común poniéndose en una relación de colaboración y de eficaz complementariedad respecto al Estado y al mercado, favoreciendo así el desarrollo de una oportuna democracia económica. En un contexto semejante, la intervención del Estado debe estructurarse en orden al ejercicio de una verdadera solidaridad, que como tal nunca debe estar separada de la subsidiaridad.</p> <p><b>357 </b><i>Las organizaciones privadas sin fines de lucro tienen su espacio específico en el ámbito económico. Estas organizaciones se caracterizan por el valeroso intento de conjugar armónicamente eficiencia productiva y solidaridad.</i> Normalmente, se constituyen en base a un pacto asociativo y son expresión de la tensión hacia un ideal común de los sujetos que libremente deciden su adhesión. El Estado debe respetar la naturaleza de estas organizaciones y valorar sus características, aplicando concretamente el principio de subsidiaridad, que postula precisamente el respeto y la promoción de la dignidad y de la autónoma responsabilidad del sujeto « subsidiado ».</p> <p>d) <a name="Ahorro_y_consumo"><b>Ahorro y consumo</b></a></p> <p><b>358 </b><i>Los consumidores, que en muchos casos disponen de amplios márgenes de poder adquisitivo, muy superiores al umbral de subsistencia, pueden influir notablemente en la realidad económica con su libre elección entre consumo y ahorro.</i> En efecto, la posibilidad de influir sobre las opciones del sistema económico está en manos de quien debe decidir sobre el destino de los propios recursos financieros. Hoy, más que en el pasado, es posible evaluar las alternativas disponibles, no sólo en base al rendimiento previsto o a su grado de riesgo, sino también expresando un juicio de valor sobre los proyectos de inversión que los recursos financiarán, conscientes de que « la opción de invertir en un lugar y no en otro, en un sector productivo en vez de en otro, es siempre una<i> opción moral y cultural</i> ».<sup>744</sup></p> <p><b>359 </b><i>La utilización del propio poder adquisitivo debe ejercitarse en el contexto de las exigencias morales de la justicia y de la solidaridad, y de responsabilidades sociales precisas</i>: no se debe olvidar « el deber de la caridad, esto es, el deber de ayudar con lo propio “superfluo” y, a veces, incluso con lo propio “necesario”, para dar al pobre lo indispensable para vivir ».<sup>745</sup> Esta responsabilidad confiere a los consumidores la posibilidad de orientar, gracias a la mayor circulación de las informaciones, el comportamiento de los productores, mediante la decisión —individual o colectiva— de preferir los productos de unas empresas en vez de otras, teniendo en cuenta no sólo los precios y la calidad de los productos, sino también la existencia de condiciones correctas de trabajo en las empresas, el empeño por tutelar el ambiente natural que las circunda, etc.</p> <p><b>360 </b><i>El fenómeno del consumismo produce una orientación persistente hacia el « tener » en vez de hacia el « ser ».</i> El consumismo impide « distinguir correctamente las nuevas y más elevadas formas de satisfacción de las nuevas necesidades humanas, que son un obstáculo para la formación de una personalidad madura ».<sup>746</sup> Para contrastar este fenómeno es necesario esforzarse por construir « estilos de vida, a tenor de los cuales la búsqueda de la verdad, de la belleza y del bien, así como la comunión con los demás hombres para un crecimiento común sean los elementos que determinen las opciones del consumo, de los ahorros y de las inversiones ».<sup>747</sup> Es innegable que las influencias del contexto social sobre los estilos de vida son notables: por ello el desafío cultural, que hoy presenta el consumismo, debe ser afrontado en forma más incisiva, sobre todo si se piensa en las generaciones futuras, que corren el riesgo de tener que vivir en un ambiente natural esquilmado a causa de un consumo excesivo y desordenado.<sup>748</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">V. LAS « RES NOVAE » EN ECONOMÍA</font></b></p> <p>a) <a name="La_globalización:_oportunidades_y_riesgo"><b>La globalización: oportunidades y riesgos</b></a></p> <p><b>361 </b><i>Nuestro tiempo está marcado por el complejo fenómeno de la globalización económico-financiera, </i>esto es, por un proceso de creciente integración de las economías nacionales, en el plano del comercio de bienes y servicios y de las transacciones financieras, en el que un número cada vez mayor de operadores asume un horizonte global para las decisiones que debe realizar en función de las oportunidades de crecimiento y de beneficio. El nuevo horizonte de la sociedad global no se da tanto por la presencia simplemente de vínculos económicos y financieros entre agentes nacionales que operan en países diversos —que, por otra parte, siempre han existido—, sino más bien por la expansión y naturaleza absolutamente inéditas del sistema de relaciones que se está desarrollando. Resulta cada vez más decisivo y central el papel de los mercados financieros, cuyas dimensiones, a consecuencia de la liberalización del comercio y de la circulación de los capitales, se han acrecentado enormemente con una velocidad impresionante, al punto de consentir a los operadores desplazar « en tiempo real », de una parte a la otra del planeta, grandes cantidades de capital. Se trata de una realidad multiforme y no fácil de descifrar, ya que se desarrolla en varios niveles y evoluciona continuamente, según trayectorias difícilmente previsibles.</p> <p><b>362 </b><i>La globalización alimenta nuevas esperanzas, pero origina también grandes interrogantes</i>.<sup>749</sup></p> <p><i>Puede producir efectos potencialmente beneficiosos para toda la humanidad</i>: entrelazándose con el impetuoso desarrollo de las telecomunicaciones, el crecimiento de las relaciones económicas y financieras ha permitido simultáneamente una notable reducción en los costos de las comunicaciones y de las nuevas tecnologías, y una aceleración en el proceso de extensión a escala planetaria de los intercambios comerciales y de las transacciones financieras. En otras palabras, ha sucedido que ambos fenómenos, globalización económico-financiera y progreso tecnológico, se han reforzado mutuamente, haciendo extremamente rápida toda la dinámica de la actual fase económica.</p> <p><i>Analizando el contexto actual, además de identificar las oportunidades que se abren en la era de la economía global, se descubren también los riesgos ligados a las nuevas dimensiones de las relaciones comerciales y financieras.</i> No faltan, en efecto, indicios reveladores de una tendencia al <i>aumento de las desigualdades,</i> ya sea entre países avanzados y países en vías de desarrollo, ya sea al interno de los países industrializados. La creciente riqueza económica, hecha posible por los procesos descritos, va acompañada de un crecimiento de la pobreza relativa.</p> <p><b>363 </b><i>El crecimiento del bien común exige aprovechar las nuevas ocasiones de redistribución de la riqueza entre las diversas áreas del planeta, a favor de las más necesitados, hasta ahora excluidas o marginadas del progreso social y económico</i>: <sup>750</sup> « En definitiva, el desafío consiste en asegurar una globalización <i>en la solidaridad</i>, una globalización <i>sin dejar a nadie al margen</i> ».<sup>751</sup> El mismo progreso tecnológico corre el riesgo de repartir injustamente entre los países los propios efectos positivos. Las innovaciones, en efecto, pueden penetrar y difundirse en una colectividad determinada, si sus potenciales beneficiarios alcanzan un grado mínimo de saber y de recursos financieros: es evidente que, en presencia de fuertes disparidades entre los países en el acceso a los conocimientos técnico-científicos y a los más recientes productos tecnológicos, el proceso de globalización termina por dilatar, más que reducir, las desigualdades entre los países en términos de desarrollo económico y social. Dada la naturaleza de las dinámicas en curso, la libre circulación de capitales no basta por sí sola para favorecer el acercamiento de los países en vías de desarrollo a los países más avanzados.</p> <p><b>364 </b><i>El comercio representa un componente fundamental de las relaciones económicas internacionales, contribuyendo de manera determinante a la especialización productiva y al crecimiento económico de los diversos países.</i> Hoy, más que nunca, el comercio internacional, si se orienta oportunamente, promueve el desarrollo y es capaz de crear nuevas fuentes de trabajo y suministrar recursos útiles. La doctrina social muchas veces ha denunciado las distorsiones del sistema de comercio internacional <sup>752</sup> que, a menudo, a causa de las políticas proteccionistas, discrimina los productos procedentes de los países pobres y obstaculiza el crecimiento de actividades industriales y la transferencia de tecnología hacia estos países.<sup>753</sup> El continuo deterioro en los términos de intercambio de las materias primas y la agudización de las diferencias entre países ricos y países pobres, ha impulsado al Magisterio a reclamar la importancia de los criterios éticos que deberían orientar las relaciones económicas internacionales: la persecución del bien común y el destino universal de los bienes; la equidad en las relaciones comerciales; la atención a los derechos y a las necesidades de los más pobres en las políticas comerciales y de cooperación internacional. De no ser así, « los pueblos pobres permanecen siempre pobres, y los ricos se hacen cada vez más ricos ».<sup>754</sup></p> <p><b>365 </b><i>Una solidaridad adecuada a la era de la globalización exige la defensa de los derechos humanos</i>. A este respecto, el Magisterio señala que la presencia « de una autoridad pública internacional al servicio de los derechos humanos, de la libertad y de la paz, no sólo no se ha logrado aún completamente, sino que se debe constatar, por desgracia, la frecuente indecisión de la comunidad internacional sobre el deber de respetar y aplicar los derechos humanos. Este deber atañe a<i> todos</i> los derechos fundamentales y no permite decisiones arbitrarias que acabarían en formas de discriminación e injusticia. Al mismo tiempo, somos testigos del incremento de una preocupante divergencia entre una serie de nuevos “derechos” promovidos en las sociedades tecnológicamente avanzadas y derechos humanos elementales que todavía no son respetados en situaciones de subdesarrollo: pienso, por ejemplo, en el derecho a la alimentación, al agua potable, a la vivienda, a la autodeterminación y a la independencia ».<sup>755</sup></p> <p><b>366 </b><i>La extensión de la globalización debe estar acompañada de una toma de conciencia más madura, por parte de las organizaciones de la sociedad civil, de las nuevas tareas a las que están llamadas a nivel mundial.</i> Gracias también a una acción decidida por parte de estas organizaciones, será posible colocar el actual proceso de crecimiento de la economía y de las finanzas a escala planetaria en un horizonte que garantice un efectivo respeto de los derechos del hombre y de los pueblos, además de una justa distribución de los recursos, dentro de cada país y entre los diversos países: « El libre intercambio sólo es equitativo si está sometido a las exigencias de la justicia social ».<sup>756</sup></p> <p><i>Especial atención debe concederse a las especificidades locales y a las diversidades culturales, que corren el riesgo de ser comprometidas por los procesos económico-financieros en acto:</i> « La globalización no debe ser un nuevo tipo de colonialismo. Debe respetar la diversidad de las culturas que, en el ámbito de la armonía universal de los pueblos, constituyen las claves de interpretación de la vida. En particular, no tiene que despojar a los pobres de lo que es más valioso para ellos, incluidas sus creencias y prácticas religiosas, puesto que las convicciones religiosas auténticas son la manifestación más clara de la libertad humana ».<sup>757</sup></p> <p><b>367 </b><i>En la época de la globalización, se debe subrayar con fuerza la solidaridad entre las generaciones</i>: « Antes, la solidaridad entre las generaciones era en numerosos países una actitud natural por parte de la familia; ahora se ha convertido también en un deber de la comunidad ».<sup>758</sup> Es lógico que esta solidaridad se siga promoviendo en las comunidades políticas nacionales, pero hoy el problema se plantea también en la comunidad política global, a fin de que la mundialización no se lleve a cabo a expensas de los más débiles y necesitados. La solidaridad entre las generaciones exige que en la planificación global se actúe según el principio del destino universal de los bienes, que hace moralmente ilícito y económicamente contraproducente descargar los costos actuales sobre las futuras generaciones: moralmente ilícito, porque significa no asumir las debidas responsabilidades, económicamente contraproducente porque la corrección de los daños es más costosa que la prevención. Este principio se ha de aplicar, sobre todo, —aunque no sólo— en el campo de los recursos de la tierra y de la salvaguardia de la creación, que resulta particularmente delicado por la globalización, la cual interesa a todo el planeta entendido como único ecosistema.<sup>759</sup></p> <p>b) <a name="El_sistema_financiero_internacional"><b>El sistema financiero internacional</b></a></p> <p><b>368 </b><i>Los mercados financieros no son ciertamente una novedad de nuestra época: desde hace ya mucho tiempo, de diversas formas, se ocuparon de responder a la exigencia de financiar actividades productivas. La experiencia histórica enseña que en ausencia de sistemas financieros adecuados no habría sido posible el crecimiento económico.</i> Las inversiones a gran escala, típicas de las modernas economías de mercado, no se habrían realizado sin el papel fundamental de intermediario llevado a cabo por los mercados financieros, que ha permitido, entre otras cosas, apreciar las funciones positivas del ahorro para el desarrollo del sistema económico y social. Si la creación de lo que ha sido definido « el mercado global de capitales » ha producido efectos benéficos, gracias a que la mayor movilidad de los capitales ha facilitado la disponibilidad de recursos a las actividades productivas, el acrecentamiento de la movilidad, por otra parte, ha aumentado también el riesgo de crisis financieras. El desarrollo de las finanzas, cuyas transacciones han superado considerablemente en volumen, a las reales, corre el riesgo de seguir una lógica cada vez más autoreferencial, sin conexión con la base real de la economía.</p> <p><b>369 </b><i>Una economía financiera con fin en sí misma está destinada a contradecir sus finalidades, ya que se priva de sus raíces y de su razón constitutiva, es decir, de su papel originario y esencial de servicio a la economía real y, en definitiva, de desarrollo de las personas y de las comunidades humanas. </i>El cuadro global resulta aún más preocupante a la luz de la configuración fuertemente asimétrica que caracteriza al sistema financiero internacional: los procesos de innovación y desregulación de los mercados financieros tienden efectivamente a consolidarse sólo en algunas partes del planeta. Lo cual es fuente de graves preocupaciones de naturaleza ética, porque los países excluidos de los procesos descritos, aun no gozando de los beneficios de estos productos, no están sin embargo protegidos contra eventuales consecuencias negativas de inestabilidad financiera en sus sistemas económicos reales, sobre todo si son frágiles y poco desarrollados.<sup>760</sup></p> <p>La imprevista aceleración de los procesos, como el enorme incremento en el valor de las carteras administrativas de las instituciones financieras y la rápida proliferación de nuevos y sofisticados instrumentos financieros hace <i>extremadamente urgente la identificación de soluciones institucionales capaces de favorecer eficazmente la estabilidad del sistema, sin restarle potencialidades y eficiencia.</i> Resulta indispensable introducir un marco normativo que permita tutelar tal estabilidad en todas sus complejas articulaciones, promover la competencia entre los intermediarios y asegurar la máxima transparencia en favor de los inversionistas.</p> <p>c) <a name="La_función_de_la_comunidad_internacional"><b>La función de la comunidad internacional en la época de la economía global</b></a></p> <p><b>370 </b><i>La pérdida de centralidad por parte de los actores estatales debe coincidir con un mayor compromiso de la comunidad internacional en el ejercicio de una decidida función de dirección económica y financiera.</i> Una importante consecuencia del proceso de globalización, en efecto, consiste en la gradual pérdida de eficacia del Estado Nación en la guía de las dinámicas económico-financieras nacionales. Los gobiernos de cada uno de los países ven la propia acción en campo económico y social condicionada cada vez con mayor fuerza por las expectativas de los mercados internacionales de capital y por la insistente demanda de credibilidad provenientes del mundo financiero. A causa de los nuevos vínculos entre los operadores globales, las tradicionales medidas defensivas de los Estados aparecen condenadas al fracaso y, frente a las nuevas áreas de atribuciones, la noción misma de mercado nacional pasa a un segundo plano.</p> <p><b>371 </b><i>Cuanto mayores niveles de complejidad organizativa y funcional alcanza el sistema económico-financiero mundial, tanto más prioritaria se presenta la tarea de regular dichos procesos, orientándolos a la consecución del bien común de la familia humana. Surge concretamente la exigencia de que, más allá de los Estados nacionales, sea la misma comunidad internacional quien asuma esta delicada función, con instrumentos políticos y jurídicos adecuados y eficaces.</i></p> <p>Es, por tanto, indispensable que las instituciones económicas y financieras internacionales sepan hallar las soluciones institucionales más apropiadas y elaboren las estrategias de acción más oportunas con el fin de orientar un cambio que, de aceptarse pasivamente y abandonado a sí mismo, provocaría resultados dramáticos sobre todo en perjuicio de los estratos más débiles e indefensos de la población mundial.</p> <p>En los Organismos Internacionales deben estar igualmente representados los intereses de la gran familia humana; es necesario que estas instituciones, « a la hora de valorar las consecuencias de sus decisiones, tomen siempre en consideración a los pueblos y países que tienen escaso peso en el mercado internacional y que, por otra parte, cargan con toda una serie de necesidades reales y acuciantes que requieren un mayor apoyo para un adecuado desarrollo ».<sup>761</sup></p> <p><b>372 </b><i>También la política, al igual que la economía, debe saber extender su radio de acción más allá de los confines nacionales, adquiriendo rápidamente una dimensión operativa mundial que le permita dirigir los procesos en curso a la luz de parámetros no sólo económicos, sino también morales.</i> El objetivo de fondo será guiar estos procesos asegurando el respeto de la dignidad del hombre y el desarrollo completo de su personalidad, en el horizonte del bien común.<sup>762</sup> Asumir semejante tarea, conlleva la responsabilidad de acelerar la consolidación de las instituciones existentes, así como la creación de nuevos organismos a los cuales confiar esta responsabilidad.<sup>763</sup> El desarrollo económico, en efecto, puede ser duradero si se realiza en un marco claro y definido de normas y en un amplio proyecto de crecimiento moral, civil y cultural de toda la familia humana.</p> <p>d) <a name="Un_desarrollo_integral_y_solidario"><b>Un desarrollo integral y solidario</b></a></p> <p><b>373 </b><i>Una de las tareas fundamentales de los agentes de la economía internacional es la consecución de un desarrollo integral y solidario para la humanidad,</i> es decir, « promover a todos los hombres y a todo el hombre ».<sup>764</sup> Esta tarea requiere una concepción de la economía que garantice, a nivel internacional, la distribución equitativa de los recursos y responda a la conciencia de la interdependencia —económica, política y cultural— que ya une definitivamente a los pueblos entre sí y les hace sentirse vinculados a un único destino.<sup>765</sup> Los problemas sociales adquieren, cada vez más, una dimensión planetaria. Ningún Estado puede por sí solo afrontarlos y resolverlos. Las actuales generaciones experimentan directamente la necesidad de la solidaridad y advierten concretamente la importancia de superar la cultura individualista.<sup>766</sup> Se registra cada vez con mayor amplitud la exigencia de modelos de desarrollo que no prevean sólo « de elevar a todos los pueblos al nivel del que gozan hoy los países más ricos, sino de fundar sobre el trabajo solidario una vida más digna, hacer crecer efectivamente la dignidad y la creatividad de toda persona, su capacidad de responder a la propia vocación y, por tanto, a la llamada de Dios ».<sup>767</sup></p> <p><b>374 </b><i>Un desarrollo más humano y solidario ayudará también a los mismos países ricos.</i> Estos países « advierten a menudo una especie de extravío existencial, una incapacidad de vivir y de gozar rectamente el sentido de la vida, aun en medio de la abundancia de bienes materiales, una alienación y pérdida de la propia humanidad en muchas personas, que se sienten reducidas al papel de engranajes en el mecanismo de la producción y del consumo y no encuentran el modo de afirmar la propia dignidad de hombres, creados a imagen y semejanza de Dios ».<sup>768</sup> Los países ricos han demostrado tener la capacidad de crear bienestar material, pero a menudo lo han hecho a costa del hombre y de las clases sociales más débiles: « No se puede ignorar que las fronteras de la riqueza y de la pobreza atraviesan en su interior las mismas sociedades tanto desarrolladas como en vías de desarrollo. Pues, al igual que existen desigualdades sociales hasta llegar a los niveles de miseria en los países ricos, también, de forma paralela, en los países menos desarrollados se ven a menudo manifestaciones de egoísmo y ostentación desconcertantes y escandalosas ».<sup>769</sup></p> <p>e) <a name="La_necesidad_de_una_gran_obra_educativa_"><b>La necesidad de una gran obra educativa y cultural</b></a></p> <p><b>375 </b><i>Para la doctrina social, la economía « es sólo un aspecto y una dimensión de la compleja actividad humana</i>. Si es absolutizada, si la producción y el consumo de las mercancías ocupan el centro de la vida social y se convierten en el único valor de la sociedad, no subordinado a ningún otro, la causa hay que buscarla no sólo y no tanto en el sistema económico mismo, cuanto en el hecho de que todo el sistema sociocultural, al ignorar la dimensión ética y religiosa, se ha debilitado, limitándose únicamente a la producción de bienes y servicios ».<sup>770</sup> La vida del hombre, al igual que la vida social de la colectividad, no puede reducirse a una dimensión materialista, aun cuando los bienes materiales sean muy necesarios tanto para los fines de la supervivencia, cuanto para mejora del tenor de vida: « Acrecentar el sentido de Dios y el conocimiento de sí mismo constituye la base de todo desarrollo completo de la sociedad humana ».<sup>771</sup></p> <p><b>376 </b><i>Ante el rápido desarrollo del progreso técnico-económico y la mutación, igualmente rápida, de los procesos de producción y de consumo, el Magisterio advierte la exigencia de proponer una gran obra educativa y cultural</i>: « La demanda de una existencia cualitativamente más satisfactoria y más rica es algo en sí legítimo; sin embargo hay que poner de relieve las nuevas responsabilidades y peligros anejos a esta fase histórica... Al descubrir nuevas necesidades y nuevas modalidades para su satisfacción, es necesario dejarse guiar por una imagen integral del hombre, que respete todas las dimensiones de su ser y que subordine las materiales e instintivas a las interiores y espirituales... Es, pues, necesaria y urgente una <i>gran obra educativa y cultural,</i> que comprenda la educación de los consumidores para un uso responsable de su capacidad de elección, la formación de un profundo sentido de responsabilidad en los productores y sobre todo en los profesionales de los medios de comunicación social, además de la necesaria intervención de las autoridades públicas ».<sup>772</sup></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-19394548156148611872008-06-01T23:01:00.000-03:002008-06-01T23:02:05.912-03:00CAPÍTULO SEXTO: EL TRABAJO HUMANO<p> </p> <p><b><font color="#0000a0">I. ASPECTOS BÍBLICOS</font></b></p> <p>a)<b> <a name="La_tarea_de_cultivar_y_custodiar_la_tier">La tarea de cultivar y custodiar la tierra</a></b></p> <p><b>255 </b><i>El Antiguo Testamento presenta a Dios como Creador omnipotente </i>(cf.<i> Gn </i>2,2; <i>Jb </i>38-41; <i>Sal</i> 104;<i> Sal</i> 147),<i> que plasma al hombre a su imagen y lo invita</i> a<i> trabajar la tierra</i> (cf.<i> Gn </i>2,5-6),<i> y a custodiar el jardín del Edén en donde lo ha puesto</i> (cf.<i> Gn </i>2,15). Dios confía a la primera pareja humana la tarea de <i>someter la tierra y de dominar todo ser viviente</i> (cf.<i> Gn </i>1,28). El dominio del hombre sobre los demás seres vivos, sin embargo, no debe ser despótico e irracional; al contrario, él debe « cultivar y custodiar » (cf.<i> Gn</i> 2,15) los bienes creados por Dios: bienes que el hombre no ha creado sino que ha recibido como un don precioso, confiado a su responsabilidad por el Creador. Cultivar la tierra significa no abandonarla a sí misma; dominarla es tener cuidado de ella, así como un rey sabio cuida de su pueblo y un pastor de su grey.</p> <p><i>En el designio del Creador, las realidades creadas, buenas en sí mismas, existen en función del hombre</i>. El asombro ante el misterio de la grandeza del hombre hace exclamar al salmista: « ¿Qué es el hombre para que de él te acuerdes, el hijo de Adán, para que de él te cuides? Apenas inferior a un dios le hiciste, coronándole de gloria y de esplendor; le hiciste señor de las obras de tus manos, todo fue puesto por ti bajo sus pies » (<i>Sal</i> 8,5-7).</p> <p><b>256 </b><i>El trabajo pertenece a la condición originaria del hombre y precede a su caída; no es, por ello, ni un castigo ni una maldición</i>. Se convierte en fatiga y pena a causa del pecado de Adán y Eva, que rompen su relación confiada y armoniosa con Dios (cf.<i> Gn </i>3, 6-8). La prohibición de comer « del árbol de la ciencia del bien y del mal » (<i>Gn </i>2,17) recuerda al hombre que ha recibido todo como don y que sigue siendo una criatura y no el Creador. El pecado de Adán y Eva fue provocado precisamente por esta tentación: « seréis como dioses » (<i>Gn</i> 3,5). Quisieron tener el dominio absoluto sobre todas las cosas, sin someterse a la voluntad del Creador. Desde entonces, el suelo se ha vuelto avaro, ingrato, sordamente hostil (cf. <i>Gn</i> 4,12); sólo con el sudor de la frente será posible obtener el alimento (cf. <i>Gn</i> 3,17.19). Sin embargo, a pesar del pecado de los primeros padres, el designio del Creador, el sentido de sus criaturas y, entre estas, del hombre, llamado a ser cultivador y custodio de la creación, permanecen inalterados.</p> <p><b>257 </b><i>El trabajo debe ser honrado porque es fuente de riqueza o, al menos, de condiciones para una vida decorosa, y, en general, instrumento eficaz contra la pobreza</i> (cf.<i> Pr</i> 10,4).<i> Pero no se debe ceder a la tentación de idolatrarlo, porque en él no se puede encontrar el sentido último y definitivo de la vida. El trabajo es esencial, pero es Dios, no el trabajo, la fuente de la vida y el fin del hombre</i>. El principio fundamental de la sabiduría es el temor del Señor; la exigencia de justicia, que de él deriva, precede a la del beneficio: « Mejor es poco con temor de Yahvéh, que gran tesoro con inquietud » (<i>Pr</i> 15,16); « Más vale poco, con justicia, que mucha renta sin equidad » (<i>Pr</i> 16,8).</p> <p><b>258 </b><i>El culmen de la enseñanza bíblica sobre el trabajo es el mandamiento del descanso sabático</i>. El descanso abre al hombre, sujeto a la necesidad del trabajo, la perspectiva de una libertad más plena, la del Sábado eterno (cf.<i> Hb </i>4,9-10). El descanso permite a los hombres recordar y revivir las obras de Dios, desde la Creación hasta la Redención, reconocerse a sí mismos como obra suya (cf. <i>Ef </i>2,10), y dar gracias por su vida y su subsistencia a Él, que de ellas es el Autor.</p> <p><i>La memoria y la experiencia del sábado constituyen un baluarte contra el sometimiento humano al trabajo, voluntario o impuesto, y contra cualquier forma de explotación, oculta o manifiesta</i>. El descanso sabático, en efecto, además de permitir la participación en el culto a Dios, ha sido instituido en defensa del pobre; su función es también liberadora de las degeneraciones antisociales del trabajo humano. Este descanso, que puede durar incluso un año, comporta una expropiación de los frutos de la tierra a favor de los pobres y la suspensión de los derechos de propiedad de los dueños del suelo: « Seis años sembrarás tu tierra y recogerás su producto; al séptimo la dejarás descansar y en barbecho, para que coman los pobres de tu pueblo, y lo que quede lo comerán los animales del campo. Harás lo mismo con tu viña y tu olivar » (<i>Ex </i>23,10-11). Esta costumbre responde a una profunda intuición: la acumulación de bienes en manos de algunos se puede convertir en una privación de bienes para otros.</p> <p>b)<b> <a name="Jesús_hombre_del_trabajo">Jesús hombre del trabajo</a></b></p> <p><b>259 </b><i>En su predicación, Jesús enseña a apreciar el trabajo</i>. Él mismo « se hizo semejante a nosotros en todo, dedicó la mayor parte de los años de su vida terrena al<i> trabajo manual</i> junto al banco del carpintero »,<sup>573</sup> en el taller de José (cf.<i> Mt</i> 13,55; <i>Mc </i>6,3), al cual estaba sometido (cf.<i> Lc</i> 2,51). Jesús condena el comportamiento del siervo perezoso, que esconde bajo tierra el talento (cf.<i> Mt</i> 25,14-30) y alaba al siervo fiel y prudente a quien el patrón encuentra realizando las tareas que se le han confiado (cf.<i> Mt</i> 24,46).<i> Él describe su misma misión como un trabajar</i>: « Mi Padre <i>trabaja</i> siempre, y yo también<i> trabajo</i> » (<i>Jn</i> 5,17); y a sus discípulos como <i>obreros</i> en la<i> mies del Señor</i>, que representa a la humanidad por evangelizar (cf.<i> Mt</i> 9,37-38). Para estos obreros vale el principio general según el cual « el obrero tiene derecho a su salario » (<i>Lc </i>10,7); están autorizados a hospedarse en las casas donde los reciban, a comer y beber lo que les ofrezcan (cf. <i>ibídem</i>).</p> <p><b>260 </b><i>En su predicación, Jesús enseña a los hombres a no dejarse dominar por el trabajo. Deben, ante todo, preocuparse por su alma; ganar el mundo entero no es el objetivo de su vida </i>(cf.<i> Mc</i> 8,36). Los tesoros de la tierra se consumen, mientras los del cielo son imperecederos: a estos debe apegar el hombre su corazón (cf. <i>Mt </i>6,19-21). El trabajo no debe afanar (cf.<i> Mt</i> 6,25.31.34): el hombre preocupado y agitado por muchas cosas, corre el peligro de descuidar el Reino de Dios y su justicia (cf.<i> Mt</i> 6,33), del que tiene verdadera necesidad; todo lo demás, incluido el trabajo, encuentra su lugar, su sentido y su valor, sólo si está orientado a la única cosa necesaria, que no se le arrebatará jamás (cf.<i> Lc</i> 10,40-42).</p> <p><b>261 </b><i>Durante su ministerio terreno, Jesús trabaja incansablemente, realizando obras poderosas para liberar al hombre de la enfermedad, del sufrimiento y de la muerte</i>. El sábado, que el Antiguo Testamento había puesto como día de liberación y que, observado sólo formalmente, se había vaciado de su significado auténtico, es reafirmado por Jesús en su valor originario: « ¡El sábado ha sido instituido para el hombre y no el hombre para el sábado! » (<i>Mc</i> 2,27). Con las curaciones, realizadas en este día de descanso (cf. <i>Mt</i> 12,9-14;<i> Mc </i>3,1-6; <i>Lc</i> 6,6-11; 13,10-17; 14,1-6), Jesús quiere demostrar que es Señor del sábado, porque Él es verdaderamente el Hijo de Dios, y que es el día en que el hombre debe dedicarse a Dios y a los demás. Liberar del mal, practicar la fraternidad y compartir, significa conferir al trabajo su significado más noble, es decir, lo que permite a la humanidad encaminarse hacia el Sábado eterno, en el cual, el descanso se transforma en la fiesta a la que el hombre aspira interiormente. Precisamente, en la medida en que orienta la humanidad a la experiencia del sábado de Dios y de su vida de comunión, el trabajo inaugura sobre la tierra la nueva creación.</p> <p><b>262 </b><i>La actividad humana de enriquecimiento y de transformación del universo puede y debe manifestar las perfecciones escondidas en él, que tienen en el Verbo increado su principio y su modelo</i>. Los escritos paulinos y joánicos destacan la dimensión trinitaria de la creación y, en particular, la unión entre el Hijo-Verbo, el « <i>Logos</i> », y la creación (cf.<i> Jn </i>1,3;<i> 1 Co</i> 8,6;<i> Col</i> 1,15-17). Creado en Él y por medio de Él, redimido por Él, el universo no es una masa casual, sino un « cosmos »,<sup>574</sup> cuyo orden el hombre debe descubrir, secundar y llevar a cumplimiento. « En Jesucristo, el mundo visible, creado por Dios para el hombre —el mundo que, entrando el pecado, está sujeto a la vanidad (<i>Rm</i> 8,20; cf.<i> ibíd.</i>, 8,19-22)— adquiere nuevamente el vínculo original con la misma fuente divina de la Sabiduría y del Amor ».<sup>575</sup> De esta manera, es decir, esclareciendo en progresión ascendente, « la inescrutable riqueza de Cristo » (<i>Ef</i> 3,8) en la creación, el trabajo humano se transforma en un servicio a la grandeza de Dios.</p> <p><b>263 </b><i>El trabajo representa una dimensión fundamental de la existencia humana no sólo como participación en la obra de la creación, sino también de la redención</i>. Quien soporta la penosa fatiga del trabajo en unión con Jesús coopera, en cierto sentido, con el Hijo de Dios en su obra redentora y se muestra como discípulo de Cristo llevando la Cruz cada día, en la actividad que está llamado a cumplir. Desde esta perspectiva, el trabajo puede ser considerado como un medio de santificación y una animación de las realidades terrenas en el Espíritu de Cristo.<sup>576</sup> El trabajo, así presentado, es expresión de la plena humanidad del hombre, en su condición histórica y en su orientación escatológica: su acción libre y responsable muestra su íntima relación con el Creador y su potencial creativo, mientras combate día a día la deformación del pecado, también al ganarse el pan con el sudor de su frente.</p> <p>c) <a name="El_deber_de_trabajar"><b>El deber de trabajar</b></a></p> <p><b>264 </b><i>La conciencia de la transitoriedad de la « escena de este mundo »</i> (cf. <i>1 Co</i> 7,31)<i> no exime de ninguna tarea histórica, mucho menos del trabajo </i>(cf.<i> 2 Ts</i> 3,7-15),<i> que es parte integrante de la condición humana, sin ser la única razón de la vida.</i> Ningún cristiano, por el hecho de pertenecer a una comunidad solidaria y fraterna, debe sentirse con derecho a no trabajar y vivir a expensas de los demás (cf. <i>2 Ts </i>3,6-12). Al contrario, el apóstol Pablo exhorta a todos a ambicionar « vivir en tranquilidad » con el<i> trabajo de las propias manos</i>, para que « no necesitéis de nadie » (<i>1 Ts</i> 4,11-12), y a practicar una solidaridad, incluso material, que comparta los frutos del trabajo con quien « se halle en necesidad » (<i>Ef </i>4,28). Santiago defiende los derechos conculcados de los trabajadores: « Mirad; el salario que no habéis pagado a los obreros que segaron vuestros campos está gritando; y los gritos de los segadores han llegado a los oídos del Señor de los ejércitos » (<i>St </i>5,4). Los creyentes deben vivir el trabajo al estilo de Cristo, convirtiéndolo en ocasión para dar un testimonio cristiano « ante los de fuera » (<i>1 Ts </i>4,12).</p> <p><b>265 </b><i>Los Padres de la Iglesia jamás consideran el trabajo como « opus servile », —como era considerado, en cambio, en la cultura de su tiempo—, sino siempre como « opus humanum », y tratan de honrarlo en todas sus expresiones</i>. Mediante el trabajo, el hombre gobierna el mundo colaborando con Dios; junto a Él, es señor y realiza obras buenas para sí mismo y para los demás. El ocio perjudica el ser del hombre, mientras que la actividad es provechosa para su cuerpo y su espíritu.<sup>577</sup> El cristiano está obligado a trabajar no sólo para ganarse el pan, sino también para atender al prójimo más pobre, a quien el Señor manda dar de comer, de beber, vestirlo, acogerlo, cuidarlo y acompañarlo (cf.<i> Mt </i>25,35-36).<sup>578</sup> Cada trabajador, afirma San Ambrosio, es la mano de Cristo que continúa creando y haciendo el bien.<sup>579</sup></p> <p><b>266 </b><i>Con el trabajo y la laboriosidad, el hombre, partícipe del arte y de la sabiduría divina, embellece la creación, el cosmos ya ordenado por el Padre</i>;<sup> 580</sup> <i>suscita las energías sociales y comunitarias que alimentan el bien común</i>,<sup>581</sup> <i>en beneficio sobre todo de los más necesitados</i>. El trabajo humano, orientado hacia la caridad, se convierte en medio de contemplación, se transforma en oración devota, en vigilante ascesis y en anhelante esperanza del día que no tiene ocaso. « En esta visión superior, el trabajo, castigo y al mismo tiempo premio de la actividad humana, comporta otra relación, esencialmente religiosa, que ha expresado felizmente la fórmula benedictina: <i>¡Ora et labora!</i> El hecho religioso confiere al trabajo humano una espiritualidad animadora y redentora. Este parentesco entre trabajo y religión refleja la alianza misteriosa, pero real, que media entre el actuar humano y el providencial de Dios ».<sup>582</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">II. </font><a name="EL_VALOR_PROFÉTICO_DE_LA_«_RERUM_NOVARUM"><font color="#0000a0">EL VALOR PROFÉTICO <br />DE LA « RERUM NOVARUM »</font></a></b></p> <p><b>267 </b><i>El curso de la historia está marcado por las profundas transformaciones y las grandes conquistas del trabajo, pero también por la explotación de tantos trabajadores y las ofensas a su dignidad. La revolución industrial planteó a la Iglesia un gran desafío, al que el Magisterio social respondió con la fuerza profética, afirmando principios de validez universal y de perenne actualidad, para bien del hombre que trabaja y de sus derechos.</i></p> <p>Durante siglos, el mensaje de la Iglesia se dirigía a una sociedad de tipo agrícola, caracterizada por ritmos regulares y cíclicos; ahora había que anunciar y vivir el Evangelio en un nuevo <i>areópago</i>, en el tumulto de los acontecimientos de una sociedad más dinámica, teniendo en cuenta la complejidad de los nuevos fenómenos y de las increíbles transformaciones que la técnica había hecho posibles. Como punto focal de la solicitud pastoral de la Iglesia se situaba cada vez más urgentemente <i>la cuestión obrera</i>, es decir el problema de la explotación de los trabajadores, producto de la nueva organización industrial del trabajo de matriz capitalista, y el problema, no menos grave, de la instrumentalización ideológica, socialista y comunista, de las justas reivindicaciones del mundo del trabajo. En este horizonte histórico se colocan las reflexiones y las advertencias de la encíclica « <i>Rerum novarum</i> » de León XIII.</p> <p><b>268 </b><i>La </i>« <i>Rerum novarum</i> »<i> es, ante todo, una apasionada defensa de la inalienable dignidad de los trabajadores</i>, a la cual se une la importancia del derecho de propiedad, del principio de colaboración entre clases, de los derechos de los débiles y de los pobres, de las obligaciones de los trabajadores y de los patronos, del derecho de asociación.</p> <p><i>Las orientaciones ideales expresadas en la encíclica reforzaron el compromiso de animación cristiana de la vida social, que se manifestó en el nacimiento y la consolidación de numerosas iniciativas de alto nivel civil</i>: uniones y centros de estudios sociales, asociaciones, sociedades obreras, sindicatos, cooperativas, bancos rurales, aseguradoras, obras de asistencia. Todo esto dio un notable impulso a la legislación laboral en orden a la protección de los obreros, sobre todo de los niños y de las mujeres; a la instrucción y a la mejora de los salarios y de la higiene.</p> <p><b>269 </b><i>A</i><i> partir de la « Rerum novarum », la Iglesia no ha dejado de considerar los problemas del trabajo como parte de una cuestión social que ha adquirido progresivamente dimensiones mundiales</i>.<sup>583</sup> La encíclica « <i>Laborem exercens</i> » enriquece la visión personalista del trabajo, característica de los precedentes documentos sociales, indicando la necesidad de profundizar en los significados y los compromisos que el trabajo comporta, poniendo de relieve el hecho que « surgen siempre nuevos interrogantes y problemas, nacen siempre nuevas esperanzas, pero nacen también temores y amenazas relacionados con esta dimensión fundamental de la existencia humana, de la que la vida del hombre está hecha cada día, de la que deriva la propia dignidad específica y en la que a la vez, está contenida la medida incesante de la fatiga humana, del sufrimiento, y también del daño y de la injusticia que invaden profundamente la vida social, dentro de cada Nación y a escala internacional ».<sup>584</sup> En efecto, el trabajo, « clave esencial »<sup>585</sup> de toda la cuestión social, condiciona el desarrollo no sólo económico, sino también cultural y moral, de las personas, de la familia, de la sociedad y de todo el género humano.</p> <p><b><font color="#0000a0">III. LA DIGNIDAD DEL TRABAJO</font></b></p> <p>a) <a name="La_dimensión_subjetiva_y_objetiva_del_tr"><b>La dimensión subjetiva y objetiva del trabajo</b></a></p> <p><b>270 </b><i>El trabajo humano tiene una doble dimensión: objetiva y subjetiva.</i> En<i> sentido objetivo,</i> es el conjunto de actividades, recursos, instrumentos y técnicas de las que el hombre se sirve para producir, para<i> dominar la tierra</i>, según las palabras del libro del Génesis. El trabajo en<i> sentido subjetivo, </i>es el actuar del hombre en cuanto ser dinámico, capaz de realizar diversas acciones que pertenecen al proceso del trabajo y que corresponden a su vocación personal: « El hombre debe someter la tierra, debe dominarla, porque, como “imagen de Dios”, es una persona, es decir, un ser subjetivo capaz de obrar de manera programada y racional, capaz de decidir acerca de sí y que tiende a realizarse a sí mismo.<i> Como persona, el hombre es, pues, sujeto del trabajo</i> ».<sup>586</sup></p> <p><i>El trabajo en sentido objetivo constituye el aspecto contingente de la actividad humana</i>, que varía incesantemente en sus modalidades con la mutación de las condiciones técnicas, culturales, sociales y políticas. <i>El trabajo en sentido subjetivo se configura, en cambio, como su dimensión estable</i>, porque no depende de lo que el hombre realiza concretamente, ni del tipo de actividad que ejercita, sino sólo y exclusivamente de su dignidad de ser personal. Esta distinción es decisiva, tanto para comprender cuál es el fundamento último del valor y de la dignidad del trabajo, cuanto para implementar una organización de los sistemas económicos y sociales, respetuosa de los derechos del hombre.</p> <p><b>271 </b><i>La subjetividad confiere al trabajo su peculiar dignidad, que impide considerarlo como una simple mercancía o un elemento impersonal de la organización productiva.</i> El trabajo, independientemente de su mayor o menor valor objetivo, es expresión esencial de la persona, es « <i>actus personae</i> ». Cualquier forma de materialismo y de economicismo que intentase reducir el trabajador a un mero instrumento de producción, a simple <i>fuerza-trabajo</i>, a valor exclusivamente material, acabaría por desnaturalizar irremediablemente la esencia del trabajo, privándolo de su finalidad más noble y profundamente humana. <i>La persona es la medida de la dignidad del trabajo</i>: « En efecto, no hay duda de que el trabajo humano tiene un valor ético, el cual está vinculado completa y directamente al hecho de que quien lo lleva a cabo es una persona ».<sup>587</sup></p> <p><i>La dimensión subjetiva del trabajo debe tener preeminencia sobre la objetiva</i>, porque es la del hombre mismo que realiza el trabajo, aquella que determina su calidad y su más alto valor. Si falta esta conciencia o no se quiere reconocer esta verdad, el trabajo pierde su significado más verdadero y profundo: en este caso, por desgracia frecuente y difundido, la actividad laboral y las mismas técnicas utilizadas se consideran más importantes que el hombre mismo y, de aliadas, se convierten en enemigas de su dignidad.</p> <p><b>272 </b><i>El trabajo humano no solamente procede de la persona, sino que está también esencialmente ordenado y finalizado a ella</i>. Independientemente de su contenido objetivo, el trabajo debe estar orientado hacia el sujeto que lo realiza, porque la finalidad del trabajo, de cualquier trabajo, es siempre el hombre. Aun cuando no se puede ignorar la importancia del componente objetivo del trabajo desde el punto de vista de su calidad, esta componente, sin embargo, está subordinada a la realización del hombre, y por ello a la dimensión subjetiva, gracias a la cual es posible afirmar que<i> el trabajo es para el hombre y no el hombre para el trabajo</i> y que « la finalidad del trabajo, de cualquier trabajo realizado por el hombre —aunque fuera el trabajo “más corriente”, más monótono en la escala del modo común de valorar, e incluso el que más margina—, sigue siendo siempre el hombre mismo ».<sup>588</sup></p> <p><b>273 </b><i>El trabajo humano posee también una intrínseca dimensión social</i>. El trabajo de un hombre, en efecto, se vincula naturalmente con el de otros hombres: « Hoy, principalmente, el trabajar <i>es trabajar con otros y trabajar para otros</i>: es un hacer algo para alguien ».<sup>589</sup> También los frutos del trabajo son ocasión de intercambio, de relaciones y de encuentro. El trabajo, por tanto, no se puede valorar justamente si no se tiene en cuenta su naturaleza social, « ya que, si no existe un verdadero cuerpo social y orgánico, si no hay un orden social y jurídico que garantice el ejercicio del trabajo, si los diferentes oficios, dependientes unos de otros, no colaboran y se completan entre sí y, lo que es más todavía, no se asocian y se funden como en una unidad la inteligencia, el capital y el trabajo, la eficiencia humana no será capaz de producir sus frutos. Luego el trabajo no puede ser valorado justamente ni remunerado con equidad si no se tiene en cuenta su carácter social e individual ».<sup>590</sup></p> <p><b>274 </b><i>El trabajo es también « una obligación</i>,<i> es decir, un deber</i> ».<sup>591</sup> El hombre debe trabajar, ya sea porque el Creador se lo ha ordenado, ya sea porque debe responder a las exigencias de mantenimiento y desarrollo de su misma humanidad. El trabajo se perfila como obligación moral con respecto al prójimo, que es en primer lugar la propia familia, pero también la sociedad a la que pertenece; la Nación de la cual se es hijo o hija; y toda la familia humana de la que se es miembro: somos herederos del trabajo de generaciones y, a la vez, artífices del futuro de todos los hombres que vivirán después de nosotros.</p> <p><b>275 </b><i>El trabajo confirma la profunda identidad del hombre creado a imagen y semejanza de Dios</i>: « Haciéndose —mediante su trabajo— cada vez más dueño de la tierra y confirmando todavía —mediante el trabajo— su dominio sobre el mundo visible, el hombre, en cada caso y en cada fase de este proceso, se coloca en la línea del plan original del Creador; lo cual está necesaria e indisolublemente unido al hecho de que el hombre ha sido creado, varón y hembra, “a imagen de Dios” ».<sup>592</sup> Esto califica la actividad del hombre en el universo: no es el dueño, sino el depositario, llamado a reflejar en su propio obrar la impronta de Aquel de quien es imagen.</p> <p>b) <a name="Las_relaciones_entre_trabajo_y_capital"><b>Las relaciones entre trabajo y capital</b></a></p> <p><b>276 </b><i>El trabajo, por su carácter subjetivo o personal, es superior a cualquier otro factor de producción. Este principio vale, en particular, con respeto al capital</i>. En la actualidad, el término « capital » tiene diversas acepciones: en ciertas ocasiones indica los medios materiales de producción de una empresa; en otras, los recursos financieros invertidos en una iniciativa productiva o también, en operaciones de mercados bursátiles. Se habla también, de modo no totalmente apropiado, de « <i>capital humano</i> », para significar los recursos humanos, es decir las personas mismas, en cuanto son capaces de esfuerzo laboral, de conocimiento, de creatividad, de intuición de las exigencias de sus semejantes, de acuerdo recíproco en cuanto miembros de una organización. Se hace referencia al « <i>capital social</i> » cuando se quiere indicar la capacidad de colaboración de una colectividad, fruto de la inversión en vínculos de confianza recíproca. Esta multiplicidad de significados ofrece motivos ulteriores para reflexionar acerca de qué pueda significar, en la actualidad, la relación entre trabajo y capital.</p> <p><b>277 </b><i>La doctrina social ha abordado las relaciones entre trabajo y capital destacando la prioridad del primero sobre el segundo, así como su complementariedad.</i></p> <p><i>El trabajo tiene una prioridad intrínseca con respecto al capital</i>: « Este principio se refiere directamente al proceso mismo de producción, respecto al cual el trabajo es siempre una causa eficiente primaria, mientras el “capital”, siendo el conjunto de los medios de producción, es sólo un instrumento o la causa instrumental. Este principio es una verdad evidente, que se deduce de toda la experiencia histórica del hombre ».<sup>593</sup> Y « pertenece al patrimonio estable de la doctrina de la Iglesia ».<sup>594</sup></p> <p><i>Entre trabajo y capital debe existir complementariedad</i>. La misma lógica intrínseca al proceso productivo demuestra la necesidad de su recíproca compenetración y la urgencia de dar vida a sistemas económicos en los que la antinomia entre trabajo y capital sea superada.<sup>595</sup> En tiempos en los que, dentro de un sistema económico menos complejo, el « capital » y el « trabajo asalariado » identificaban con una cierta precisión no sólo dos factores productivos, sino también y sobre todo, dos clases sociales concretas, la Iglesia afirmaba que ambos eran en sí mismos legítimos.<sup>596</sup> « Ni el capital puede subsistir sin el trabajo, ni el trabajo sin el capital ».<sup>597</sup> Se trata de una verdad que vale también para el presente, porque « es absolutamente falso atribuir únicamente al capital o únicamente al trabajo lo que es resultado de la efectividad unida de los dos, y totalmente injusto que uno de ellos, negada la eficacia del otro, trate de arrogarse para sí todo lo que hay en el efecto ».<sup>598</sup></p> <p><b>278 </b><i>En la reflexión acerca de las relaciones entre trabajo y capital, sobre todo ante las imponentes transformaciones de nuestro tiempo, se debe considerar que « el recurso principal » y el </i>« <i>factor decisivo</i> » <sup>599</sup><i> de que dispone el hombre es el hombre mismo</i> y que « el desarrollo integral de la persona humana en el trabajo no contradice, sino que favorece más bien la mayor productividad y eficacia del trabajo mismo ».<sup>600</sup> El mundo del trabajo, en efecto, está descubriendo cada vez más que el valor del « capital humano » reside en los conocimientos de los trabajadores, en su disponibilidad a establecer relaciones, en la creatividad, en el carácter emprendedor de sí mismos, en la capacidad de afrontar conscientemente lo nuevo, de trabajar juntos y de saber perseguir objetivos comunes. Se trata de cualidades genuinamente personales, que pertenecen al sujeto del trabajo más que a los aspectos objetivos, técnicos u operativos del trabajo mismo. Todo esto conlleva un cambio de perspectiva en las relaciones entre trabajo y capital: se puede afirmar que, a diferencia de cuanto sucedía en la antigua organización del trabajo, donde el sujeto acababa por equipararse al objeto, a la máquina, hoy, en cambio, la dimensión subjetiva del trabajo tiende a ser más decisiva e importante que la objetiva.</p> <p><b>279 </b><i>La relación entre trabajo y capital presenta, a menudo, los rasgos del conflicto, que adquiere caracteres nuevos con los cambios en el contexto social y económico</i>. Ayer, el conflicto entre capital y trabajo se originaba, sobre todo, « por el hecho de que los trabajadores, ofreciendo sus fuerzas para el trabajo, las ponían a disposición del grupo de los empresarios, y que éste, guiado por el principio del máximo rendimiento, trataba de establecer el salario más bajo posible para el trabajo realizado por los obreros ».<sup>601</sup> <i>Actualmente, el conflicto presenta aspectos nuevos y, tal vez, más preocupantes</i>: los progresos científicos y tecnológicos y la mundialización de los mercados, de por sí fuente de desarrollo y de progreso, exponen a los trabajadores al riesgo de ser explotados por los engranajes de la economía y por la búsqueda desenfrenada de productividad.<sup>602</sup></p> <p><b>280 </b><i>No debe pensarse equivocadamente que el proceso de superación de la dependencia del trabajo respecto a la materia sea capaz por sí misma de superar la alienación en y del trabajo.</i> Esto sucede no sólo en las numerosas zonas existentes donde abunda el desempleo, el trabajo informal, el trabajo infantil, el trabajo mal remunerado, o la explotación en el trabajo; también se presenta con las nuevas formas, mucho más sutiles, de explotación en los nuevos trabajos: el super-trabajo; el trabajo-carrera que a veces roba espacio a dimensiones igualmente humanas y necesarias para la persona; la excesiva flexibilidad del trabajo que hace precaria y a veces imposible la vida familiar; la segmentación del trabajo, que corre el riesgo de tener graves consecuencias para la percepción unitaria de la propia existencia y para la estabilidad de las relaciones familiares. Si el hombre está alienado cuando invierte la relación entre medios y fines, también en el nuevo contexto de trabajo inmaterial, ligero, cualitativo más que cuantitativo, pueden darse elementos de alienación, « según que aumente su participación [del hombre] en una auténtica comunidad solidaria, o bien su aislamiento en un complejo de relaciones de exacerbada competencia y de recíproca exclusión ».<sup>603</sup></p> <p>c) <a name="El_trabajo,_título_de_participación"><b>El trabajo, título de participación</b></a></p> <p><b>281 </b><i>La relación entre trabajo y capital se realiza también mediante la participación de los trabajadores en la propiedad, en su gestión y en sus frutos</i>. Esta es una exigencia frecuentemente olvidada, que es necesario, por tanto, valorar mejor: debe procurarse que « toda persona, basándose en su propio trabajo, tenga pleno título a considerarse, al mismo tiempo, “copropietario” de esa especie de gran taller de trabajo en el que se compromete con todos. Un camino para conseguir esa meta podría ser la de asociar, en cuanto sea posible, el trabajo a la propiedad del capital y dar vida a una rica gama de cuerpos intermedios con finalidades económicas, sociales, culturales: cuerpos que gocen de una autonomía efectiva respecto a los poderes públicos, que persigan sus objetivos específicos manteniendo relaciones de colaboración leal y mutua, con subordinación a las exigencias del bien común, y que ofrezcan forma y naturaleza de comunidades vivas, es decir, que los miembros respectivos sean considerados y tratados como personas y sean estimulados a tomar parte activa en la vida de dichas comunidades ».<sup>604</sup> La nueva organización del trabajo, en la que el saber cuenta más que la sola propiedad de los medios de producción, confirma de forma concreta que el trabajo, por su carácter subjetivo, es título de participación: es indispensable aceptar firmemente esta realidad para valorar la justa posición del trabajo en el proceso productivo y para encontrar modalidades de participación conformes a la subjetividad del trabajo en la peculiaridad de las diversas situaciones concretas.<sup>605</sup></p> <p>d) <a name="Relación_entre_trabajo_y_propiedad_priva"><b>Relación entre trabajo y propiedad privada</b></a></p> <p><b>282 </b><i>El Magisterio social de la Iglesia estructura la relación entre trabajo y capital también respecto a la institución de la propiedad privada, al derecho y al uso de ésta</i>. El derecho a la propiedad privada está subordinado al principio del destino universal de los bienes y no debe constituir motivo de impedimento al trabajo y al desarrollo de otros. La propiedad, que se adquiere sobre todo mediante el trabajo, debe servir al trabajo. Esto vale de modo particular para la propiedad de los medios de producción; pero el principio concierne también a los bienes propios del mundo financiero, técnico, intelectual y personal.</p> <p>Los medios de producción « no pueden ser poseídos contra el trabajo, no pueden ser ni siquiera poseídos para poseer ».<sup>606</sup> Su posesión se vuelve ilegítima « cuando o sirve para impedir el trabajo de los demás u obtener unas ganancias que no son fruto de la expansión global del trabajo y de la riqueza social, sino más bien de su limitación, de la explotación ilícita, de la especulación y de la ruptura de la solidaridad en el mundo laboral ».<sup>607</sup></p> <p><b>283 </b><i>La propiedad privada y pública, así como los diversos mecanismos del sistema económico, deben estar predispuestas para garantizar una economía al servicio del hombre</i>, de manera que contribuyan a poner en práctica el principio del destino universal de los bienes. En esta perspectiva adquiere gran importancia la cuestión relativa a la propiedad y al uso de las nuevas tecnologías y conocimientos que constituyen, en nuestro tiempo, una forma particular de propiedad, no menos importante que la propiedad de la tierra y del capital.<sup>608</sup> Estos recursos, como todos los demás bienes, tienen un <i>destino universal</i>; por lo tanto deben también insertarse en un contexto de normas jurídicas y de reglas sociales que garanticen su uso inspirado en criterios de justicia, equidad y respeto de los derechos del hombre. Los nuevos conocimientos y tecnologías, gracias a sus enormes potencialidades, pueden contribuir en modo decisivo a la promoción del progreso social, pero pueden convertirse en factor de desempleo y ensanchamiento de la distancia entre zonas desarrolladas y subdesarrolladas, si permanecen concentrados en los países más ricos o en manos de grupos reducidos de poder.</p> <p>e) <a name="El_descanso_festivo"><b>El descanso festivo</b></a></p> <p><b>284 </b><i>El descanso festivo es un derecho</i>.<sup>609</sup> « El día séptimo cesó Dios de toda la tarea que había hecho » (<i>Gn</i> 2,2): también los hombres, creados a su imagen, deben gozar del descanso y tiempo libre para poder atender la vida familiar, cultural, social y religiosa.<sup>610</sup> A esto contribuye la institución del día del Señor.<sup>611</sup> Los creyentes, durante el domingo y en los demás días festivos de precepto, deben abstenerse de « trabajos o actividades que impidan el culto debido a Dios, la alegría propia del día del Señor, la práctica de las obras de misericordia y el descanso necesario del espíritu y del cuerpo ».<sup>612</sup> Necesidades familiares o exigencias de utilidad social pueden legítimamente eximir del descanso dominical, pero no deben crear costumbres perjudiciales para la religión, la vida familiar y la salud.</p> <p><b>285 </b><i>El domingo es un día que se debe santificar mediante una caridad efectiva, dedicando especial atención a la familia y a los parientes, así como también a los enfermos y a los ancianos</i>. Tampoco se debe olvidar a los « hermanos que tienen las misma necesidades y los mismos derechos y no pueden descansar a causa de la pobreza y la miseria ».<sup>613</sup> <i>Es además un tiempo propicio para la reflexión, el silencio y el estudio, que favorecen el crecimiento de la vida interior y cristiana</i>. Los creyentes deberán distinguirse, también en este día, por su moderación, evitando todos los excesos y las violencias que frecuentemente caracterizan las diversiones masivas.<sup>614</sup> El día del Señor debe vivirse siempre como el día de la liberación, que lleva a participar en « la reunión solemne y asamblea de los primogénitos inscritos en los cielos » (<i>Hb</i> 12,22-23) y anticipa la celebración de la Pascua definitiva en la gloria del cielo.<sup>615</sup></p> <p><b>286 </b><i>Las autoridades públicas tienen el deber de vigilar para que los ciudadanos no se vean privados, por motivos de productividad económica, de un tiempo destinado al descanso y al culto divino</i>. Los patronos tienen una obligación análoga con respecto a sus empleados.<sup>616</sup> Los cristianos deben esforzarse, respetando la libertad religiosa y el bien común de todos, para que las leyes reconozcan el domingo y las demás solemnidades litúrgicas como días festivos: « Deben dar a todos un ejemplo público de oración, de respeto y de alegría, y defender sus tradiciones como una contribución preciosa a la vida espiritual de la sociedad humana ».<sup>617</sup> Todo cristiano deberá « evitar imponer sin necesidad a otro lo que le impediría guardar el día del Señor ».<sup>618</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">IV. EL DERECHO AL TRABAJO</font></b></p> <p>a) <a name="El_trabajo_es_necesario"><b>El trabajo es necesario</b></a></p> <p><b>287 </b><i>El trabajo es un derecho fundamental y un bien para el hombre</i>: <sup>619 </sup><i>un bien útil, digno de él, porque es idóneo para expresar y acrecentar la dignidad humana. La Iglesia enseña el valor del trabajo no sólo porque es siempre personal, sino también por el carácter de necesidad</i>.<sup>620</sup> El trabajo es necesario para formar y mantener una familia,<sup>621</sup> adquirir el derecho <br />a la propiedad <sup>622</sup> y contribuir al bien común de la familia humana.<sup>623</sup> La consideración de las implicaciones morales que la cuestión del trabajo comporta en la vida social, lleva a la Iglesia a indicar la desocupación como una « verdadera calamidad social »,<sup>624</sup> sobre todo en relación con las jóvenes generaciones.</p> <p><b>288 </b><i>El trabajo es un bien de todos, que debe estar disponible para todos aquellos capaces de él</i>.<i> La « plena ocupación » es, por tanto, un objetivo obligado para todo ordenamiento económico orientado a la justicia y al bien común</i>. Una sociedad donde el derecho al trabajo sea anulado o sistemáticamente negado y donde las medidas de política económica no permitan a los trabajadores alcanzar niveles satisfactorios de ocupación, « no puede conseguir su legitimación ética ni la justa paz social ».<sup>625</sup> Una función importante y, por ello, una responsabilidad específica y grave, tienen en este ámbito los « empresarios indirectos »,<sup>626</sup> es decir aquellos sujetos —personas o instituciones de diverso tipo— que son capaces de orientar, a nivel nacional o internacional, la política del <br />trabajo y de la economía.</p> <p><b>289 </b><i>La capacidad propulsora de una sociedad orientada hacia el bien común y proyectada hacia el futuro se mide también, y sobre todo, a partir de las perspectivas de trabajo que puede ofrecer</i>. El alto índice de desempleo, la presencia de sistemas de instrucción obsoletos y la persistencia de dificultades para acceder a la formación y al mercado de trabajo constituyen para muchos, sobre todo jóvenes, un grave obstáculo en el camino de la realización humana y profesional. Quien está desempleado o subempleado padece, en efecto, las consecuencias profundamente negativas que esta condición produce en la personalidad y corre el riesgo de quedar al margen de la sociedad y de convertirse en víctima de la exclusión social.<sup>627</sup> Además de a los jóvenes, este drama afecta, por lo general, a las mujeres, a los trabajadores menos especializados, a los minusválidos, a los inmigrantes, a los ex-reclusos, a los analfabetos, personas todas que encuentran mayores dificultades en la búsqueda de una colocación en el mundo del trabajo.</p> <p><b>290 </b><i>La conservación del empleo depende cada vez más de las capacidades profesionales</i>.<sup>628</sup> <i>El sistema de instrucción y de educación no debe descuidar la formación humana y técnica, necesaria para desarrollar con provecho las tareas requeridas</i>. La necesidad cada vez más difundida de cambiar varias veces de empleo a lo largo de la vida, impone al sistema educativo favorecer la disponibilidad de las personas a una actualización permanente y una reiterada cualifica. Los jóvenes deben aprender a actuar autónomamente, a hacerse capaces de asumir responsablemente la tarea de afrontar con la competencia adecuada los riesgos vinculados a un contexto económico cambiante y frecuentemente imprevisible en sus escenarios de evolución.<sup>629</sup> Es igualmente indispensable ofrecer ocasiones formativas oportunas a los adultos que buscan una nueva cualificación, así como a los desempleados. En general, la vida laboral de las personas debe encontrar nuevas y concretas formas de apoyo, comenzando precisamente por el sistema formativo, de manera que sea menos difícil atravesar etapas de cambio, de incertidumbre y de precariedad.</p> <p>b) <a name="La_función_del_Estado_y_de_la_sociedad_c"><b>La función del Estado y de la sociedad civil en la promoción del derecho al trabajo</b></a></p> <p><b>291 </b><i>Los problemas de la ocupación reclaman las responsabilidades del Estado, al cual compete el deber de promover políticas que activen el empleo</i>, es decir, que favorezcan la creación de oportunidades de trabajo en el territorio nacional, incentivando para ello el mundo productivo. El deber del Estado no consiste tanto en asegurar directamente el derecho al trabajo de todos los ciudadanos, constriñendo toda la vida económica y sofocando la libre iniciativa de las personas, cuanto sobre todo en « secundar la actividad de las empresas, creando condiciones que aseguren oportunidades de trabajo, estimulándola donde sea insuficiente o sosteniéndola en momentos de crisis ».<sup>630</sup></p> <p><b>292 </b><i>Teniendo en cuenta las dimensiones planetarias que han asumido vertiginosamente las relaciones económico-financieras y el mercado de trabajo, se debe promover una colaboración internacional eficaz entre los Estados</i>, mediante tratados, acuerdos y planes de acción comunes que salvaguarden el derecho al trabajo, incluso en las fases más críticas del ciclo económico, a nivel nacional e internacional. Hay que ser conscientes de que el trabajo humano es un derecho del que depende directamente la promoción de la justicia social y de la paz civil. Tareas importantes en esta dirección corresponden a las Organizaciones Internacionales, así como a las sindicales: uniéndose en las formas más oportunas, deben esforzarse, ante todo, en el establecimiento de « una trama cada vez más compacta de disposiciones jurídicas que protejan el trabajo de los hombres, de las mujeres, de los jóvenes, y les aseguren una conveniente retribución ».<sup>631</sup></p> <p><b>293 </b><i>Para la promoción del derecho al trabajo es importante, hoy como en tiempos de la « Rerum novarum », que exista realmente un « libre proceso de auto-organización de la sociedad »</i>.<sup>632</sup> Se pueden encontrar significativos testimonios y ejemplos de auto-organización en las numerosas iniciativas, privadas y sociales, caracterizadas por formas de participación, de cooperación y de autogestión, que revelan la fusión de energías solidarias. Estas iniciativas se ofrecen al mercado como un variado sector de actividades laborales que se distinguen por una atención particular al aspecto relacional de los bienes producidos y de los servicios prestados en diversos ámbitos: educación, cuidado de la salud, servicios sociales básicos, cultura. Las iniciativas del así llamado « tercer sector » constituyen una oportunidad cada vez más relevante de desarrollo del trabajo y de la economía.</p> <p>c) <a name="La_familia_y_el_derecho_al_trabajo"><b>La familia y el derecho al trabajo</b></a></p> <p><b>294 </b><i>El trabajo es « el fundamento sobre el que se forma la vida familiar, la cual es un derecho natural y una vocación del hombre »</i>.<sup>633</sup> El trabajo asegura los medios de subsistencia y garantiza el proceso educativo de los hijos.<sup>634</sup> Familia y trabajo, tan estrechamente interdependientes en la experiencia de la gran mayoría de las personas, requieren una consideración más conforme a la realidad, una atención que las abarque conjuntamente, sin las limitaciones de una concepción privatista de la familia y economicista del trabajo. Es necesario para ello que las empresas, las organizaciones profesionales, los sindicatos y el Estado se hagan promotores de políticas laborales que no perjudiquen, sino favorezcan el núcleo familiar desde el punto de vista ocupacional. La vida familiar y el trabajo, en efecto, se condicionan recíprocamente de diversas maneras. Los largos desplazamientos diarios al y del puesto de trabajo, el doble trabajo, la fatiga física y psicológica limitan el tiempo dedicado a la vida familiar; <sup>635</sup> las situaciones de desocupación tienen repercusiones materiales y espirituales sobre las familias, así como las tensiones y las crisis familiares influyen negativamente en las actitudes y el rendimiento en el campo laboral.</p> <p>d) <a name="Las_mujeres_y_el_derecho_al_trabajo"><b>Las mujeres y el derecho al trabajo</b></a></p> <p><b>295 </b><i>El genio femenino es necesario en todas las expresiones de la vida social; por ello se ha de garantizar la presencia de las mujeres también en el ámbito laboral</i>. El primer e indispensable paso en esta dirección es la posibilidad concreta de acceso a la formación profesional.<i> El reconocimiento y la tutela de los derechos de las mujeres en este ámbito dependen, en general, de la organización del trabajo, que debe tener en cuenta la dignidad y la vocación de la mujer</i>, cuya « verdadera promoción... exige que el trabajo se estructure de manera que no deba pagar su promoción con el abandono del carácter específico propio y en perjuicio de la familia, en la que como madre tiene un papel insustituible ».<sup>636</sup> Es una cuestión con la que se miden la<i> cualidad de la sociedad </i>y la<i> efectiva tutela</i> del derecho al trabajo de las mujeres.</p> <p>La persistencia de muchas formas de discriminación que ofenden la dignidad y vocación de la mujer en la esfera del trabajo, se debe a una larga serie de condicionamientos perniciosos para la mujer, que ha sido y es todavía « olvidada en sus prerrogativas, marginada frecuentemente e incluso reducida a esclavitud ».<sup>637</sup> Estas dificultades, desafortunadamente, no han sido superadas, como lo demuestran en todo el mundo las diversas situaciones que humillan a la mujer, sometiéndola a formas de verdadera y propia explotación. La urgencia de un efectivo reconocimiento de los derechos de la mujer en el trabajo se advierte especialmente en los aspectos de la retribución, la seguridad y la previsión social.<sup>638</sup></p> <p>e) <a name="El_trabajo_infantil"><b>El trabajo infantil</b></a></p> <p><b>296 </b><i>El trabajo infantil y de menores, en sus formas intolerables, constituye un tipo de violencia menos visible, mas no por ello menos terrible</i>.<sup>639</sup> Una violencia que, más allá de todas las implicaciones políticas, económicas y jurídicas, sigue siendo esencialmente un problema moral. León XIII ya advertía: « En cuanto a los niños, se ha de evitar cuidadosamente y sobre todo que entren en talleres antes de que la edad haya dado el suficiente desarrollo a su cuerpo, a su inteligencia y a su alma. Puesto que la actividad precoz agosta, como a las hierbas tiernas, las fuerzas que brotan de la infancia, con lo que la constitución de la niñez vendría a destruirse por completo ».<sup>640</sup> La plaga del trabajo infantil, a más de cien años de distancia, todavía no ha sido eliminada.</p> <p>Es verdad que, al menos por el momento, en ciertos países, la contribución de los niños con su trabajo al presupuesto familiar y a las economías nacionales es irrenunciable y que, en algún modo, ciertas formas de trabajo a tiempo parcial pueden ser provechosas para los mismos niños; con todo ello, la doctrina social denuncia el aumento de la « explotación laboral de los menores en condiciones de auténtica esclavitud ».<sup>641</sup> Esta explotación constituye una grave violación de la dignidad humana de la que todo individuo es portador, « prescindiendo de que sea pequeño o aparentemente insignificante en términos utilitarios ».<sup>642</sup></p> <p>f) <a name="La_emigración_y_el_trabajo"><b>La emigración y el trabajo</b></a></p> <p><b>297 </b><i>La inmigración puede ser un recurso más que un obstáculo para el desarrollo.</i> En el mundo actual, en el que el desequilibrio entre países ricos y países pobres se agrava y el desarrollo de las comunicaciones reduce rápidamente las distancias, crece la emigración de personas en busca de mejores condiciones de vida, procedentes de las zonas menos favorecidas de la tierra; su llegada a los países desarrollados, a menudo es percibida como una amenaza para los elevados niveles de bienestar, alcanzados gracias a decenios de crecimiento económico. Los inmigrantes, sin embargo, en la mayoría de los casos, responden a un requerimiento en la esfera del trabajo que de otra forma quedaría insatisfecho, en sectores y territorios en los que la mano de obra local es insuficiente o no está dispuesta a aportar su contribución laboral.</p> <p><b>298 </b><i>Las instituciones de los países que reciben inmigrantes deben vigilar cuidadosamente para que no se difunda la tentación de explotar a los trabajadores extranjeros, privándoles de los derechos garantizados a los trabajadores nacionales</i>, <i>que deben ser asegurados a todos sin discriminaciones</i>. La regulación de los flujos migratorios según criterios de equidad y de equilibrio <sup>643</sup> es una de las condiciones indispensables para conseguir que la inserción se realice con las garantías que exige la dignidad de la persona humana. Los inmigrantes deben ser recibidos en cuanto personas y ayudados, junto con sus familias, a integrarse en la vida social.<sup>644</sup> En este sentido,<i> se ha de respetar y promover el derecho a la reunión de sus familias</i>.<sup>645</sup> Al mismo tiempo, en la medida de lo posible, han de favorecerse todas aquellas condiciones que permiten mayores posibilidades de trabajo en sus lugares de origen.<sup>646</sup></p> <p>g) <a name="El_mundo_agrícola_y_el_derecho_al_trabaj"><b>El mundo agrícola y el derecho al trabajo</b></a></p> <p><b>299 </b><i>El trabajo agrícola merece una especial atención, debido a la función social, cultural y económica que desempeña en los sistemas económicos de muchos países, a los numerosos problemas que debe afrontar en el contexto de una economía cada vez más globalizada, y a su importancia creciente en la salvaguardia del ambiente natural</i>: « Por consiguiente, en muchas situaciones son necesarios cambios radicales y urgentes para volver a dar a la agricultura —y a los hombres del campo— el justo valor como base de una sana economía, en el conjunto del desarrollo de la comunidad social ».<sup>647</sup></p> <p>Los cambios profundos y radicales que se presentan actualmente en el ámbito social y cultural, y que afectan también a la agricultura y, más en general, a todo el mundo rural, precisan con urgencia una profunda reflexión sobre el significado del trabajo agrícola y sus múltiples dimensiones. Se trata de un desafío de gran importancia, que debe afrontarse con políticas agrícolas y ambientales capaces de superar una cierta concepción residual y asistencial, y de elaborar nuevos procedimientos para lograr una agricultura moderna, que esté en condiciones de desempeñar un papel significativo en la vida social y económica.</p> <p><b>300 </b><i>En algunos países es indispensable una redistribución de la tierra, en el marco de políticas eficaces de reforma agraria, con el fin de eliminar el impedimento que supone el latifundio improductivo, condenado por la doctrina social de la Iglesia</i>,<sup>648</sup> <i>para alcanzar un auténtico desarrollo económico</i>: « Los países en vías de desarrollo pueden contrarrestar eficazmente el proceso actual de concentración de la propiedad de la tierra si hacen frente a algunas situaciones que se presentan como auténticos nudos estructurales. Estas son: las carencias y los retrasos a nivel legislativo sobre el tema del reconocimiento del título de propiedad de la tierra y sobre el mercado del crédito; la falta de interés por la investigación y por la capacitación agrícola; la negligencia por los servicios sociales y por la creación de infraestructuras en las áreas rurales ».<sup>649</sup> La reforma agraria es, por tanto, además de una necesidad política, una obligación moral, ya que el no llevarla a cabo constituye, en estos países, un obstáculo para los efectos benéficos que derivan de la apertura de los mercados y, en general, de las ventajosas ocasiones de crecimiento que la globalización actual puede ofrecer.<sup>650</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">V. DERECHOS <br />DE LOS TRABAJADORES</font></b></p> <p>a) <a name="Dignidad_de_los_trabajadores_y_respeto_d"><b>Dignidad de los trabajadores y respeto de sus derechos</b></a></p> <p><b>301 </b><i>Los derechos de los trabajadores, como todos los demás derechos, se basan en la naturaleza de la persona humana y en su dignidad trascendente.</i> El Magisterio social de la Iglesia ha considerado oportuno enunciar algunos de ellos, indicando la conveniencia de su reconocimiento en los ordenamientos jurídicos: el derecho a una justa remuneración; <sup>651</sup> el derecho al descanso; <sup>652</sup> el derecho « a ambientes de trabajo y a procesos productivos que no comporten perjuicio a la salud física de los trabajadores y no dañen su integridad moral »; <sup>653</sup> el derecho a que sea salvaguardada la propia personalidad en el lugar de trabajo, sin que sean « conculcados de ningún modo en la propia conciencia o en la propia dignidad »; <sup>654</sup> el derecho a subsidios adecuados e indispensables para la subsistencia de los trabajadores desocupados y de sus familias; <sup>655</sup> el derecho a la pensión, así como a la seguridad social para la vejez, la enfermedad y en caso de accidentes relacionados con la prestación laboral; <sup>656</sup> el derecho a previsiones sociales vinculadas a la maternidad; <sup>657</sup> el derecho a reunirse y a asociarse.<sup>658</sup> Estos derechos son frecuentemente desatendidos, como confirman los tristes fenómenos del trabajo infraremunerado, sin garantías ni representación adecuadas. Con frecuencia sucede que las condiciones de trabajo para hombres, mujeres y niños, especialmente en los países en vías de desarrollo, son tan inhumanas que ofenden su dignidad y dañan su salud.</p> <p>b) <a name="El_derecho_a_la_justa_remuneración_y_dis"><b>El derecho a la justa remuneración y distribución de la renta</b></a></p> <p><b>302 </b><i>La remuneración es el instrumento más importante para practicar la justicia en las relaciones laborales</i>.<sup>659</sup> El « salario justo es el fruto legítimo del trabajo »; <sup>660</sup> comete una grave injusticia quien lo niega o no lo da a su debido tiempo y en la justa proporción al trabajo realizado (cf.<i> Lv</i> 19,13;<i> Dt</i> 24,14-15;<i> St </i>5,4). El salario es el instrumento que permite al trabajador acceder a los bienes de la tierra: « La remuneración del trabajo debe ser tal que permita al hombre y a su familia una vida digna en el plano material, social, cultural y espiritual, teniendo presentes el puesto de trabajo y la productividad de cada uno, así como las condiciones de la empresa y el bien común ».<sup>661</sup> El simple acuerdo entre el trabajador y el patrono acerca de la remuneración, no basta para calificar de « justa » la remuneración acordada, porque ésta « no debe ser en manera alguna insuficiente » <sup>662</sup> para el sustento del trabajador: la justicia natural es anterior y superior a la libertad del contrato.</p> <p><b>303 </b><i>El bienestar económico de un país no se mide exclusivamente por la cantidad de bienes producidos, sino también teniendo en cuenta el modo en que son producidos y el grado de equidad en la distribución de la renta</i>, que debería permitir a todos disponer de lo necesario para el desarrollo y el perfeccionamiento de la propia persona. Una justa distribución del rédito debe establecerse no sólo en base a los criterios de justicia conmutativa, sino también de justicia social, es decir, considerando, además del valor objetivo de las prestaciones laborales, la dignidad humana de los sujetos que las realizan. Un bienestar económico auténtico se alcanza también por medio de adecuadas<i> políticas sociales de redistribución de la renta</i> que, teniendo en cuenta las condiciones generales, consideren oportunamente los méritos y las necesidades de todos los ciudadanos.</p> <p>c) <a name="El_derecho_de_huelga"><b>El derecho de huelga</b></a></p> <p><b>304 </b><i>La doctrina social reconoce la legitimidad de la huelga </i>« cuando constituye un recurso inevitable, si no necesario para obtener un beneficio proporcionado »,<sup>663</sup> después de haber constatado la ineficacia de todas las demás modalidades para superar los conflictos.<sup>664</sup> La huelga, una de las conquistas más costosas del movimiento sindical, se puede definir como el rechazo colectivo y concertado, por parte de los trabajadores, a seguir desarrollando sus actividades, con el fin de obtener, por medio de la presión así realizada sobre los patrones, sobre el Estado y sobre la opinión pública, mejoras en sus condiciones de trabajo y en su situación social. También la huelga, aun cuando aparezca « como una especie de ultimátum »,<sup>665</sup> debe ser siempre un método pacífico de reivindicación y de lucha por los propios derechos; resulta « moralmente inaceptable cuando va acompañada de violencias o también cuando se lleva a cabo en función de objetivos no directamente vinculados con las condiciones del trabajo o contrarios al bien común ».<sup>666</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">VI. SOLIDARIDAD ENTRE LOS TRABAJADORES</font></b></p> <p>a) <a name="La_importancia_de_los_sindicatos"><b>La importancia de los sindicatos</b></a></p> <p><b>305 </b><i>El Magisterio reconoce la función fundamental desarrollada por los sindicatos de trabajadores, cuya razón de ser consiste en el derecho de los trabajadores a formar asociaciones o uniones para defender los intereses vitales de los hombres empleados en las diversas profesiones</i>. Los sindicatos « se han desarrollado sobre la base de la lucha de los trabajadores, del mundo del trabajo y, ante todo, de lo trabajadores industriales para la tutela de<i> sus justos derechos </i>frente a los empresarios y a los propietarios de los medios de producción ».<sup>667</sup> Las organizaciones sindicales, buscando su fin específico al servicio del bien común, son un factor constructivo de orden social y de solidaridad y, por ello, un<i> elemento indispensable de la vida social</i>. El reconocimiento de los derechos del trabajo ha sido desde siempre un problema de difícil solución, porque se realiza en el marco de procesos históricos e institucionales complejos, y todavía hoy no se puede decir cumplido. Lo que hace más actual y necesario el ejercicio de una auténtica solidaridad entre los trabajadores.</p> <p><b>306 </b><i>La doctrina social enseña que las relaciones en el mundo del trabajo se han de caracterizar por la colaboración: el odio y la lucha por eliminar al otro, constituyen métodos absolutamente inaceptables</i>, porque en todo sistema social son indispensables al proceso de producción tanto el<i> trabajo</i> como el <i>capital</i>. A la luz de esta concepción, la doctrina social « no considera de ninguna manera que los sindicatos constituyan únicamente el reflejo de la estructura “de clase”, de la sociedad ni que sean el exponente de la lucha de clases que gobierna inevitablemente la vida social ».<sup>668</sup> <i>Los sindicatos son propiamente los promotores de la lucha por la justicia social</i>, por los derechos de los hombres del trabajo, en sus profesiones específicas: « Esta “lucha” debe ser vista como una acción de defensa normal “en favor” del justo bien; [...] no es una lucha “contra” los demás ».<sup>669</sup> El sindicato, siendo ante todo un medio para la solidaridad y la justicia, no puede abusar de los instrumentos de lucha; en razón de su vocación, debe vencer las tentaciones del corporativismo, saberse autorregular y ponderar las consecuencias de sus opciones en relación al bien común.<sup>670</sup></p> <p><b>307 </b><i>Al sindicato, además de la función de defensa y de reivindicación, le competen las de representación, dirigida a « la recta ordenación de la vida económica »</i>,<sup>671</sup> <i>y de educación de la conciencia social de los trabajadores</i>, de manera que se sientan parte activa, según las capacidades y aptitudes de cada uno, en toda la obra del desarrollo económico y social, y en la construcción del bien común universal. El sindicato y las demás formas de asociación de los trabajadores deben asumir una función de colaboración con el resto de los sujetos sociales e interesarse en la gestión de la cosa pública. Las organizaciones sindicales tienen el deber de influir en el poder público, en orden a sensibilizarlo debidamente sobre los problemas laborales y a comprometerlo a favorecer la realización de los derechos de los trabajadores. Los sindicatos, sin embargo, no tienen carácter de « partidos políticos » que luchan por el poder, y tampoco deben estar sometidos a las decisiones de los partidos políticos o tener vínculos demasiado estrechos con ellos: « En tal situación fácilmente se apartan de lo que es su cometido específico, que es el de asegurar los justos derechos de los hombres del trabajo en el marco del bien común de la sociedad entera, y se convierten, en cambio, en<i> un instrumento de presión para realizar otras finalidades</i> ».<sup>672</sup></p> <p>b) <a name="Nuevas_formas_de_solidaridad"><b>Nuevas formas de solidaridad</b></a></p> <p><b>308 </b><i>El contexto socioeconómico actual, caracterizado por procesos de globalización económico-financiera cada vez más rápidos, requiere la renovación de los sindicatos</i>. <i>En la actualidad, los sindicatos están llamados a actuar en formas nuevas</i>,<sup>673</sup> ampliando su radio de acción de solidaridad de modo que sean tutelados, además de las categorías laborales tradicionales, los trabajadores con contratos<i> atípicos</i> o a tiempo determinado; los trabajadores con un puesto de trabajo en peligro a causa de las fusiones de empresas, cada vez más frecuentes, incluso a nivel internacional; los desempleados, los inmigrantes, los trabajadores temporales; aquellos que por falta de actualización profesional han sido expulsados del mercado laboral y no pueden regresar a él por falta de cursos adecuados para cualificarse de nuevo.</p> <p><i>Ante los cambios introducidos en el mundo del trabajo, la solidaridad se podrá recuperar, e incluso fundarse mejor que en el pasado, si se actúa para volver a descubrir el valor subjetivo del trabajo</i>: « Hay que seguir preguntándose sobre el sujeto del trabajo y las condiciones en las que vive ». Por ello, « son siempre necesarios nuevos movimientos de solidaridad de los hombres del trabajo y de<i> solidaridad con los hombres del trabajo</i> ».<sup>674</sup></p> <p><b>309 </b><i>En la búsqueda de « nuevas formas de solidaridad »</i>,<sup>675</sup> <i>las asociaciones de trabajadores deben orientarse hacia la asunción de mayores responsabilidades</i>, no solamente respecto a los tradicionales mecanismos de la redistribución, sino también en relación a la producción de la riqueza y a la creación de condiciones sociales, políticas y culturales que permitan a todos aquellos que pueden y desean trabajar, ejercer su derecho al trabajo, en el respeto pleno de su dignidad de trabajadores. La superación gradual del modelo organizativo basado sobre el trabajo asalariado en la gran empresa, hace además oportuna —salvando los derechos fundamentales del trabajo— una actualización de las normas y de los sistemas de seguridad social mediante los cuales los trabajadores han sido hasta hoy tutelados.</p> <p><b><font color="#0000a0">VII. LAS « RES NOVAE » DEL MUNDO DEL TRABAJO</font></b></p> <p>a) <a name="Una_fase_de_transición_epocal"><b>Una fase de transición epocal</b></a></p> <p><b>310 </b><i>Uno de los estímulos más significativos para el actual cambio de la organización del trabajo procede del fenómeno de la globalización, que permite experimentar formas nuevas de producción, trasladando las plantas de producción en áreas diferentes a aquellas en las que se toman las decisiones estratégicas y lejanas de los mercados de consumo</i>. Dos son los factores que impulsan este fenómeno: la extraordinaria velocidad de comunicación sin límites de espacio y tiempo, y la relativa facilidad para transportar mercancías y personas de una parte a otra del planeta. Esto comporta una consecuencia fundamental sobre los procesos productivos: la propiedad está cada vez más lejos, a menudo indiferente a los efectos sociales de las opciones que realiza. Por otra parte, si es cierto que la globalización, a priori, no es ni buena ni mala en sí misma, sino que depende del uso que el hombre hace de ella,<sup>676</sup> debe afirmarse que <i>es necesaria una globalización de la tutela, de los derechos mínimos esenciales y de la equidad.</i></p> <p><b>311 </b><i>Una de las características más relevantes de la nueva organización del trabajo es la fragmentación física del ciclo productivo, impulsada por el afán de conseguir una mayor eficiencia y mayores beneficios</i>. Desde este punto de vista, las tradicionales coordenadas espacio-temporales, dentro de las que el ciclo productivo se definía, sufren una transformación sin precedentes, que determina un cambio en la estructura misma del trabajo. Todo ello tiene importantes consecuencias en la vida de las personas y de las comunidades, sometidas a cambios radicales tanto en el ámbito de las condiciones materiales, cuanto en el de la cultura y de los valores. Este fenómeno afecta, a nivel global y local, a millones de personas, independientemente de la profesión que ejercen, de su condición social, o de su preparación cultural. La reorganización del tiempo, su regularización y los cambios en curso en el uso del espacio —comparables, por su entidad, a la primera revolución industrial, en cuanto que implican a todos los sectores productivos, en todos los continentes, independientemente de su grado de desarrollo— deben considerarse, por tanto, un desafío decisivo, incluidos los aspectos ético y cultural, en el ámbito de la definición de un sistema renovado de tutela del trabajo.</p> <p><b>312 </b><i>La globalización de la economía, con la liberación de los mercados, la acentuación de la competencia, el crecimiento de empresas especializadas en el abastecimiento de productos y servicios, requiere una mayor flexibilidad en el mercado de trabajo y en la organización y gestión de los procesos productivos</i>. Al valorar esta delicada materia, parece oportuno conceder una mayor atención moral, cultural y estratégica para orientar la acción social y política en la temática vinculada a la identidad y los contenidos del nuevo trabajo, en un mercado y una economía a su vez nuevos. Los cambios del mercado de trabajo son a menudo un efecto del cambio del trabajo mismo, y no su causa.</p> <p><b>313 </b><i>El trabajo, sobre todo en los sistemas económicos de los países más desarrollados, atraviesa una fase que marca el paso de una economía de tipo industrial a una economía esencialmente centrada en los servicios y en la innovación tecnológica</i>. Los servicios y las actividades caracterizados por un fuerte contenido informativo crecen de modo más rápido que los tradicionales sectores primario y secundario, con consecuencias de gran alcance en la organización de la producción y de los intercambios, en el contenido y la forma de las prestaciones laborales y en los sistemas de protección social.</p> <p><i>Gracias a las innovaciones tecnológicas, el mundo del trabajo se enriquece con nuevas profesiones, mientras otras desaparecen</i>. En la actual fase de transición se asiste, en efecto, a un pasar continuo de empleados de la industria a los servicios. Mientras pierde terreno el modelo económico y social vinculado a la grande fábrica y al trabajo de una clase obrera homogénea, mejoran las perspectivas ocupacionales en el sector terciario y aumentan, en particular, las actividades laborales en el ámbito de los servicios a la persona, de las prestaciones a <i>tiempo parcial</i>, interinas y « atípicas », es decir, las formas de trabajo que no se pueden encuadrar ni como trabajo dependiente ni como trabajo autónomo.</p> <p><b>314 </b><i>La transición en curso significa el paso de un trabajo dependiente a tiempo indeterminado, entendido como puesto fijo, a un trabajo caracterizado por una pluralidad de actividades laborales</i>; de un mundo laboral compacto, definido y reconocido, a un universo de trabajos, variado, fluido, rico de promesas, pero también cargado de preguntas inquietantes, especialmente ante la creciente incertidumbre de las perspectivas de empleo, a fenómenos persistentes de desocupación estructural, a la inadecuación de los actuales sistemas de seguridad social. Las exigencias de la competencia, de la innovación tecnológica y de la complejidad de los flujos financieros deben armonizarse con la defensa del trabajador y de sus derechos.</p> <p>La inseguridad y la precariedad no afectan solamente a la condición laboral de los hombres que viven en los países más desarrollados, sino también, y sobre todo, a las realidades económicamente menos avanzadas del planeta, los países en vías de desarrollo y los países con economías en transición. Estos últimos, además de los complejos problemas vinculados al cambio de los modelos económicos y productivos, deben afrontar cotidianamente las difíciles exigencias procedentes de la globalización en curso. La situación resulta particularmente dramática para el mundo del trabajo, afectado por vastos y radicales cambios culturales y estructurales, en contextos frecuentemente privados de soportes legislativos, formativos y de asistencia social.</p> <p><b>315 </b><i>La descentralización productiva, que asigna a empresas menores múltiples tareas, anteriormente concentradas en las grandes unidades productivas, robustece y da nuevo impulso a la pequeña y mediana empresa</i>. Surgen así, junto a la actividad artesanal tradicional, nuevas empresas caracterizadas por pequeñas unidades productivas que trabajan en modernos sectores de producción o bien en actividades descentralizadas de las empresas mayores. Muchas actividades que ayer requerían trabajo dependiente, hoy son realizadas en formas nuevas, que favorecen el trabajo independiente y se caracterizan por una mayor componente de riesgo y de responsabilidad.</p> <p><i>El trabajo en las pequeñas y medianas empresas, el trabajo artesanal y el trabajo independiente, pueden constituir una ocasión para hacer más humana la vivencia laboral</i>, ya sea por la posibilidad de establecer relaciones interpersonales positivas en comunidades de pequeñas dimensiones, ya sea por las mejores oportunidades que se ofrecen a la iniciativa y al espíritu emprendedor; sin embargo, no son pocos, en estos sectores, los casos de trato injusto, de trabajo mal pagado y sobre todo inseguro.</p> <p><b>316 </b><i>En los países en vías de desarrollo se ha difundido, en estos últimos años, el fenómeno de la expansión de actividades económicas « informales » o « sumergidas », que representa una señal de crecimiento económico prometedor, pero plantea problemas éticos y jurídicos</i>. El significativo aumento de los puestos de trabajo suscitado por tales actividades se debe, en realidad, a la falta de especialización de gran parte de los trabajadores locales y al desarrollo desordenado de los sectores económicos formales. Un elevado número de personas se ven así obligadas a trabajar en condiciones de grave desazón y en un marco carente de las reglas necesarias que protejan la dignidad del trabajador. Los niveles de productividad, renta y tenor de vida, son extremamente bajos y con frecuencia se revelan insuficientes para garantizar que los trabajadores y sus familias alcancen un nivel de subsistencia.</p> <p>b) <a name="Doctrina_social_y_«_res_novae_»"><b>Doctrina social y « res novae »</b></a></p> <p><b>317 </b><i>Ante las imponentes « res novae » del mundo del trabajo, la doctrina social de la Iglesia recomienda, ante todo, evitar el error de considerar que los cambios en curso suceden de modo determinista</i>. El factor decisivo y « el árbitro » de esta compleja fase de cambio es<i> una vez más el hombre</i>, que debe seguir siendo el verdadero protagonista de su trabajo. El hombre puede y debe hacerse cargo, creativa y responsablemente, de las actuales innovaciones y reorganizaciones, de manera que contribuyan al crecimiento de la persona, de la familia, de la sociedad y de toda la familia humana.<sup>677</sup> Es importante para todos recordar el significado de la<i> dimensión subjetiva del trabajo</i>, a la que la doctrina social de la Iglesia enseña a dar la debida prioridad, porque el trabajo humano « procede directamente de personas creadas a imagen de Dios y llamadas a prolongar, unidas y para mutuo beneficio, la obra de la creación dominando la tierra ».<sup>678</sup></p> <p><b>318 </b><i>Las interpretaciones de tipo mecanicista y economicista de la actividad productiva, a pesar de su extensión y su influjo, han sido superadas por el mismo análisis científico de los problemas relacionados con el trabajo</i>. Estas concepciones se revelan hoy, más que ayer, totalmente inadecuadas para interpretar los hechos, que demuestran cada día más el valor del trabajo como actividad libre y creativa del hombre. De esta realidad concreta debe derivar también el impulso para superar sin demora los horizontes teóricos y los criterios operativos estrechos e insuficientes respecto a las dinámicas actuales, intrínsecamente incapaces de identificar las apremiantes y concretas necesidades humanas en toda su extensión, que van más allá de las categorías meramente económicas. La Iglesia sabe bien, y así lo ha enseñado siempre, que el hombre, a diferencia de cualquier otro ser viviente, tiene necesidades que no se limitan solamente al « tener »,<sup>679</sup> porque su naturaleza y su vocación están en relación inseparable con el Trascendente. La persona humana emprende la aventura de la transformación de las cosas mediante su trabajo para satisfacer necesidades y carencias ante todo materiales, pero lo hace siguiendo un impulso que la empuja siempre más allá de los resultados logrados, a la búsqueda de lo que pueda responder más profundamente a sus innegables exigencias interiores.</p> <p><b>319 </b><i>Cambian las formas históricas en las que se expresa el trabajo humano, pero no deben cambiar sus exigencias permanentes, que se resumen en el respeto de los derechos inalienables del hombre que trabaja</i>. Ante el riesgo de ver negados estos derechos, se deben proyectar y construir<i> nuevas formas de solidaridad</i>, teniendo en cuenta la interdependencia que une entre sí a los hombres del trabajo. Cuanto más profundos son los cambios, tanto más firme debe ser el esfuerzo de la inteligencia y de la voluntad para tutelar la dignidad del trabajo, reforzando, en los diversos niveles, las instituciones interesadas. Esta perspectiva permite orientar mejor las actuales transformaciones en la dirección, tan necesaria, de la complementariedad entre la dimensión económica local y la global; entre economía « vieja » y « nueva »; entre la innovación tecnológica y la exigencia de salvaguardar el trabajo humano; entre el crecimiento económico y la compatibilidad ambiental del desarrollo.</p> <p><b>320 </b><i>La solución de las vastas y complejas problemáticas del trabajo, que en algunas áreas adquieren dimensiones dramáticas, exige la contribución específica de los científicos y los hombres de cultura, que resulta particularmente importante para la elección de soluciones justas</i>. Es una responsabilidad que les debe llevar a señalar las ventajas y los riesgos que se perfilan en los cambios y, sobre todo, a sugerir líneas de acción para orientar el cambio en el sentido más favorable para el desarrollo de toda la familia humana. A ellos corresponde la delicada tarea de leer e interpretar los fenómenos sociales con inteligencia y amor a la verdad, sin preocupaciones dictadas por intereses de grupo o personales. Su contribución, en efecto, precisamente por ser de naturaleza teórica, se convierte en una referencia esencial para la actuación concreta de las políticas económicas.<sup>680</sup></p> <p><b>321 </b><i>Los escenarios actuales de profunda transformación del trabajo humano hacen todavía más urgente un desarrollo auténticamente global y solidario, capaz de alcanzar todas las regiones del mundo, incluyendo las menos favorecidas</i>. Para estas últimas, la puesta en marcha de un proceso de desarrollo solidario de vasto alcance, no sólo aparece como una posibilidad concreta de creación de nuevos puestos de trabajo, sino que también representa una verdadera condición para la supervivencia de pueblos enteros: « Es preciso globalizar la solidaridad ».<sup>681</sup></p> <p><i>Los desequilibrios económicos y sociales existentes en el mundo del trabajo se han de afrontar restableciendo la justa jerarquía de valores y colocando en primer lugar la dignidad de la persona que trabaja</i>: « Las nuevas realidades, que se manifiestan con fuerza en el proceso productivo, como la globalización de las finanzas, de la economía, del comercio y del trabajo, jamás deben violar la dignidad y la centralidad de la persona humana, ni la libertad y la democracia de los pueblos. La solidaridad, la participación y la posibilidad de gestionar estos cambios radicales constituyen, sino la solución, ciertamente la necesaria garantía ética para que las personas y los pueblos no se conviertan en instrumentos, sino en protagonistas de su futuro. Todo esto puede realizarse y, dado que es posible, constituye un deber ».<sup>682</sup></p> <p><b>322 </b><i>Se hace cada vez más necesaria una consideración atenta de la nueva situación del trabajo en el actual contexto de la globalización, desde una perspectiva que valore la propensión natural de los hombres a establecer relaciones. </i>A este propósito, se debe afirmar que la universalidad es una dimensión del hombre, no de las cosas. La técnica podrá ser la causa instrumental de la globalización, pero la universalidad de la familia humana es su causa última. El trabajo, por tanto, también tiene una dimensión universal, en cuanto se funda en el carácter relacional del hombre. Las técnicas, especialmente electrónicas, han permitido ampliar este aspecto relacional del trabajo a todo el planeta, imprimiendo a la globalización un ritmo particularmente acelerado. El fundamento último de este dinamismo es el hombre que trabaja, es siempre el elemento subjetivo y no el objetivo. También el trabajo globalizado tiene su origen, por tanto, en el fundamento antropológico de la intrínseca dimensión relacional del trabajo. Los aspectos negativos de la globalización del trabajo no deben dañar las posibilidades que se han abierto para todos de <i>dar expresión a un humanismo del trabajo a nivel planetario</i>, a una solidaridad del mundo del trabajo a este nivel, para que trabajando en un contexto semejante, dilatado e interconexo, el hombre comprenda cada vez más su vocación unitaria y solidaria.</p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-54268829543518255662008-06-01T22:57:00.001-03:002008-06-01T22:57:57.335-03:00CAPÍTULO QUINTO: LA FAMILIA CÉLULA VITAL DE LA SOCIEDAD<p> </p> <p><a name="I._LA_FAMILIA,_PRIMERA_SOCIEDAD_NATURAL"><strong><font color="#0000a0">I. </font></strong></a><strong><font color="#0000a0">LA FAMILIA, PRIMERA SOCIEDAD NATURAL</font></strong></p> <p><b>209 </b><i>La importancia y la centralidad de la familia, en orden a la persona y a la sociedad, está repetidamente subrayada en la Sagrada Escritura: </i>« No está bien que el hombre esté solo » (<i>Gn</i> 2,18). A partir de los textos que narran la creación del hombre (cf.<i> Gn</i> 1,26-28; 2,7-24) se nota cómo —según el designio de Dios— la pareja constituye « la expresión primera de la comunión de personas humanas ».<sup>458</sup> Eva es creada semejante a Adán, como aquella que, en su alteridad, lo completa (cf. <i>Gn</i> 2,18) para formar con él « una sola carne » (<i>Gn </i>2,24; cf. <i>Mt</i> 19,5-6).<sup>459</sup> Al mismo tiempo, ambos tienen una misión procreadora que los hace colaboradores del Creador: « Sed fecundos y multiplicaos, henchid la tierra » (<i>Gn </i>1,28). La familia es considerada, en el designio del Creador, como « el <i>lugar primario de la </i>“<i>humanización</i>” de la persona y de la sociedad » y « cuna de la vida y del amor ».<sup>460</sup></p> <p><b>210 </b><i>En la familia se aprende a conocer el amor y la fidelidad del Señor, así como la necesidad de corresponderle</i> (cf.<i> Ex </i>12,25-27; 13,8.14-15;<i> Dt</i> 6,20- 25; 13,7-11; 1 S 3,13); los hijos aprenden las primeras y más decisivas lecciones de la sabiduría práctica a las que van unidas las virtudes (cf.<i> Pr</i> 1,8-9; 4,1-4; 6,20-21; <i>Si </i>3,1-16; 7,27-28). Por todo ello, el Señor se hace garante del amor y de la fidelidad conyugales (cf. <i>Ml </i>2,14-15).</p> <p><i>Jesús nació y vivió en una familia concreta aceptando todas sus características propias</i> <sup>461</sup> <i>y dio así una excelsa dignidad a la institución matrimonial</i>, constituyéndola como sacramento de la nueva alianza (cf.<i> Mt</i> 19,3-9). En esta perspectiva, la pareja encuentra su plena dignidad y la familia su solidez.</p> <p><b>211 </b><i>Iluminada por la luz del mensaje bíblico, la Iglesia considera la familia como la primera sociedad natural, titular de derechos propios y originarios, y la sitúa en el centro de la vida social</i>: relegar la familia « a un papel subalterno y secundario, excluyéndola del lugar que le compete en la sociedad, significa causar un grave daño al auténtico crecimiento de todo el cuerpo social ».<sup>462</sup> La familia, ciertamente, nacida de la íntima comunión de vida y de amor conyugal fundada sobre el matrimonio entre un hombre y una mujer,<sup>463</sup> posee una específica y original dimensión social, en cuanto lugar primario de relaciones interpersonales, <i>célula primera y vital de la sociedad</i>: <sup>464</sup> es una institución divina, fundamento de la vida de las personas y prototipo de toda organización social. </p> <p>a) <a name="La_importancia_de_la_familia_para_la_per"><b>La importancia de la familia para la persona</b></a></p> <p><b>212 </b><i>La familia es importante y central en relación a la persona. </i>En esta cuna de la vida y del amor, el hombre<i> nace </i>y<i> crece</i>. Cuando<i> nace</i> un niño, la sociedad recibe el regalo de una nueva persona, que está « llamada, desde lo más íntimo de sí a la<i> comunión </i>con los demás y a la<i> entrega</i> a los demás ».<sup>465</sup> En la familia, por tanto, la entrega recíproca del hombre y de la mujer unidos en matrimonio, crea un ambiente de vida en el cual el niño puede « desarrollar sus potencialidades, hacerse consciente de su dignidad y prepararse a afrontar su destino único e irrepetible ».<sup>466</sup></p> <p><i>En el clima de afecto natural que une a los miembros de una comunidad familiar, las personas son reconocidas y responsabilizadas en su integridad:</i> « La primera estructura fundamental a favor de la “ecología humana” es la familia, en cuyo seno el hombre recibe las primeras nociones sobre la verdad y el bien; aprende qué quiere decir amar y ser amado y, por consiguiente, qué quiere decir en concreto ser una persona ».<sup>467</sup> Las obligaciones de sus miembros no están limitadas por los términos de un contrato, sino que derivan de la esencia misma de la familia, fundada sobre un pacto conyugal irrevocable y estructurada por las relaciones que derivan de la generación o adopción de los hijos.</p> <p>b) <a name="La_importancia_de_la_familia_para_la_soc"><b>La importancia de la familia para la sociedad</b></a></p> <p><b>213 </b><i>La familia, comunidad natural en donde se experimenta la sociabilidad humana, contribuye en modo único e insustituible al bien de la sociedad</i>. La comunidad familiar nace de la comunión de las personas: « La “<i>comunión</i>” se refiere a la relación personal entre el “yo” y el “tú”. La “comunidad”, en cambio, supera este esquema apuntando hacia una “sociedad”, un “nosotros”. La familia, comunidad de personas, es por consiguiente la primera “sociedad” humana».<sup>468</sup></p> <p><i>Una sociedad a medida de la familia es la mejor garantía contra toda tendencia de tipo individualista o colectivista, porque en ella la persona es siempre el centro de la atención en cuanto fin y nunca como medio</i>. Es evidente que el bien de las personas y el buen funcionamiento de la sociedad están estrechamente relacionados con « la prosperidad de la comunidad conyugal y familiar ».<sup>469</sup> Sin familias fuertes en la comunión y estables en el compromiso, los pueblos se debilitan. En la familia se inculcan desde los primeros años de vida los valores morales, se transmite el patrimonio espiritual de la comunidad religiosa y el patrimonio cultural de la Nación. En ella se aprenden las responsabilidades sociales y la solidaridad.<sup>470</sup></p> <p><b>214 </b><i>Ha</i><i> de afirmarse la prioridad de la familia respecto a la sociedad y al Estado</i>. La familia, al menos en su función procreativa, es la condición misma de la existencia de aquéllos. En las demás funciones en pro de cada uno de sus miembros, la familia precede, por su importancia y valor, a las funciones que la sociedad y el Estado deben desempeñar.<sup>471</sup> La familia, sujeto titular de derechos inviolables, encuentra su legitimación en la naturaleza humana y no en el reconocimiento del Estado.<i> La familia no está, por lo tanto, en función de la sociedad y del Estado, sino que la sociedad y el Estado están en función de la familia.</i></p> <p><i>Todo modelo social que busque el bien del hombre no puede prescindir de la centralidad y de la responsabilidad social de la familia</i>. <i>La sociedad y el Estado, en sus relaciones con la familia, tienen la obligación de atenerse al principio de subsidiaridad</i>. En virtud de este principio, las autoridades públicas no deben sustraer a la familia las tareas que puede desempeñar sola o libremente asociada con otras familias; por otra parte, las mismas autoridades tienen el deber de auxiliar a la familia, asegurándole las ayudas que necesita para asumir de forma adecuada todas sus responsabilidades.<sup>472</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">II. EL MATRIMONIO, FUNDAMENTO DE LA FAMILIA</font></b></p> <p>a) <a name="El_valor_del_matrimonio"><b>El valor del matrimonio</b></a></p> <p><b>215 </b><i>La familia tiene su fundamento en la libre voluntad de los cónyuges de unirse en matrimonio, respetando el significado y los valores propios de esta institución, que no depende del hombre, sino de Dios mismo</i>: « Este vínculo sagrado, en atención al bien, tanto de los esposos y de la prole como de la sociedad, no depende de la decisión humana. Pues es el mismo Dios el autor del matrimonio, al cual ha dotado con bienes y fines varios ».<sup>473</sup> La institución matrimonial —« fundada por el Creador y en posesión de sus propias leyes, la íntima comunidad conyugal de vida y amor » <sup>474</sup> — no es una creación debida a convenciones humanas o imposiciones legislativas, sino que debe su estabilidad al ordenamiento divino.<sup>475</sup> Nace, también para la sociedad, « del acto humano por el cual los esposos se dan y se reciben mutuamente » <sup>476</sup> y se funda sobre la misma naturaleza del amor conyugal que, en cuanto don total y exclusivo, de persona a persona, comporta un compromiso definitivo expresado con el consentimiento recíproco, irrevocable y público.<sup>477</sup> Este compromiso pide que las relaciones entre los miembros de la familia estén marcadas también por el sentido de la justicia y el respeto de los recíprocos derechos y deberes.</p> <p><b>216 </b><i>Ningún poder puede abolir el derecho natural al matrimonio ni modificar sus características ni su finalidad. El matrimonio tiene características propias, originarias y permanentes. </i>A pesar de los numerosos cambios que han tenido lugar a lo largo de los siglos en las diferentes culturas, estructuras sociales y actitudes espirituales, en todas las culturas existe un cierto sentido de la dignidad de la unión matrimonial, aunque no siempre se trasluzca con la misma claridad.<sup>478</sup> Esta dignidad ha de ser respetada en sus características específicas, que exigen ser salvaguardadas frente a cualquier intento de alteración de su naturaleza. La sociedad no puede disponer del vínculo matrimonial, con el cual los dos esposos se prometen fidelidad, asistencia recíproca y apertura a los hijos, aunque ciertamente le compete regular sus efectos civiles.</p> <p><b>217 </b><i>El matrimonio tiene como rasgos característicos</i>: la <i>totalidad</i>, en razón de la cual los cónyuges se entregan recíprocamente en todos los aspectos de la persona, físicos y espirituales; la <i>unidad</i> que los hace « una sola carne » (<i>Gn</i> 2,24);<i> la indisolubilidad</i> y <i>la fidelidad</i> que exige la donación recíproca y definitiva; la <i>fecundidad</i> a la que naturalmente está abierto.<sup>479</sup> El sabio designio de Dios sobre el matrimonio —designio accesible a la razón humana, no obstante las dificultades debidas a la dureza del corazón (cf. <i>Mt</i> 19,8;<i> Mc </i>10,5)— no puede ser juzgado exclusivamente a la luz de los comportamientos de hecho y de las situaciones concretas que se alejan de él. La <i>poligamia </i>es una negación radical del designio original de Dios, « porque es contraria a la igual dignidad personal del hombre y de la mujer, que en el matrimonio se dan con un amor total y por lo mismo único y exclusivo ».<sup>480</sup></p> <p><b>218 </b><i>El matrimonio, en su verdad « objetiva », está ordenado a la procreación y educación de los hijos</i>.<sup>481</sup> La unión matrimonial, en efecto, permite vivir en plenitud el don sincero de sí mismo, cuyo fruto son los hijos, que, a su vez, son un don para los padres, para la entera familia y para toda la sociedad.<sup>482</sup> <i>El matrimonio, sin embargo, no ha sido instituido únicamente en orden a la procreación</i>: <sup>483</sup> su carácter indisoluble y su valor de comunión permanecen incluso cuando los hijos, aun siendo vivamente deseados, no lleguen a coronar la vida conyugal. Los esposos, en este caso, « pueden manifestar su generosidad adoptando niños abandonados o realizando servicios abnegados en beneficio del prójimo ».<sup>484</sup></p> <p>b) <a name="El_sacramento_del_matrimonio"><b>El sacramento del matrimonio</b></a></p> <p><b>219 </b><i>Los bautizados, por institución de Cristo, viven la realidad humana y original del matrimonio, en la forma sobrenatural del sacramento, signo e instrumento de Gracia</i>. La historia de la salvación está atravesada por el tema de la alianza esponsal, expresión significativa de la comunión de amor entre Dios y los hombres y clave simbólica para comprender las etapas de la alianza entre Dios y su pueblo.<sup>485</sup> El centro de la revelación del proyecto de amor divino es el don que Dios hace a la humanidad de su Hijo Jesucristo, « el Esposo que ama y se da como Salvador de la humanidad, uniéndola a sí como su cuerpo. El revela la verdad original del matrimonio, la verdad del “principio” (cf.<i> Gn</i> 2,24;<i> Mt</i> 19,5) y, liberando al hombre de la dureza del corazón, lo hace capaz de realizarla plenamente ».<sup>486</sup> Del amor esponsal de Cristo por la Iglesia, cuya plenitud se manifiesta en la entrega consumada en la Cruz, brota la sacramentalidad del matrimonio, cuya Gracia conforma el amor de los esposos con el Amor de Cristo por la Iglesia. El matrimonio, en cuanto sacramento, es una alianza de un hombre y una mujer en el amor.<sup>487</sup></p> <p><b>220 </b><i>El sacramento del matrimonio asume la realidad humana del amor conyugal con todas las implicaciones</i> y « capacita y compromete a los esposos y a los padres cristianos a vivir su vocación de laicos, y, por consiguiente, a “buscar el Reino de Dios gestionando los asuntos temporales y ordenándolos según Dios” ».<sup>488</sup> Íntimamente unida a la Iglesia por el vínculo sacramental que la hace <i>Iglesia doméstica </i>o <i>pequeña Iglesia</i>, la familia cristiana está llamada « a ser signo de unidad para el mundo y a ejercer de ese modo su función profética, dando testimonio del Reino y de la paz de Cristo, hacia el cual el mundo entero está en camino ».<sup>489</sup></p> <p>La caridad conyugal, que brota de la caridad misma de Cristo, ofrecida por medio del Sacramento, hace a los cónyuges cristianos testigos de una sociabilidad nueva, inspirada por el Evangelio y por el Misterio pascual. La dimensión natural de su amor es constantemente purificada, consolidada y elevada por la gracia sacramental. De esta manera, los cónyuges cristianos, además de ayudarse recíprocamente en el camino de la santificación, son en el mundo signo e instrumento de la caridad de Cristo. Con su misma vida, están llamados a ser testigos y anunciadores del sentido religioso del matrimonio, que la sociedad actual reconoce cada vez con mayor dificultad, especialmente cuando acepta visiones relativistas del mismo fundamento natural de la institución matrimonial.</p> <p><b><font color="#0000a0">III. LA SUBJETIVIDAD SOCIAL DE LA FAMILIA</font></b></p> <p>a) <a name="El_amor_y_la_formación_de_la_comunidad_d"><b>El amor y la formación de la comunidad de personas</b></a></p> <p><b>221 </b><i>La familia se presenta como espacio de comunión —tan necesaria en una sociedad cada vez más individualista—, que debe desarrollarse como una auténtica comunidad de personas</i> <sup>490</sup> <i>gracias al incesante dinamismo del amor, dimensión fundamental de la experiencia humana, cuyo lugar privilegiado para manifestarse es precisamente la familia</i>: « El amor hace que el hombre se realice mediante la entrega sincera de sí mismo. Amar significa dar y recibir lo que no se puede comprar ni vender, sino sólo regalar libre y recíprocamente ».<sup>491</sup></p> <p><i>Gracias al amor, realidad esencial para definir el matrimonio y la familia, cada persona, hombre y mujer, es reconocida, aceptada y respetada en su dignidad</i>. Del amor nacen relaciones vividas como entrega gratuita, que « respetando y favoreciendo en todos y cada uno la dignidad personal como único título de valor, se hace acogida cordial, encuentro y diálogo, disponibilidad desinteresada, servicio generoso y solidaridad profunda ».<sup>492</sup> La existencia de familias que viven con este espíritu pone al descubierto las carencias y contradicciones de una sociedad que tiende a privilegiar relaciones basadas principalmente, cuando no exclusivamente, en criterios de eficiencia y funcionalidad. La familia que vive construyendo cada día una red de relaciones interpersonales, internas y externas, se convierte en la « primera e insustituible escuela de socialidad, ejemplo y estímulo para las relaciones comunitarias más amplias en un clima de respeto, justicia, diálogo y amor ».<sup>493</sup></p> <p><b>222 </b><i>El amor se expresa también mediante la atención esmerada de los ancianos que viven en la familia: su presencia supone un gran valor</i>. Son un ejemplo de vinculación entre generaciones, un recurso para el bienestar de la familia y de toda la sociedad: « No sólo pueden dar testimonio de que hay aspectos de la vida, como los valores humanos y culturales, morales y sociales, que no se miden en términos económicos o funcionales, sino ofrecer también una aportación eficaz en el ámbito laboral y en el de la responsabilidad. Se trata, en fin, no sólo de hacer algo por los ancianos, sino de aceptar también a estas personas como colaboradores responsables, con modalidades que lo hagan realmente posible, como agentes de proyectos compartidos, bien en fase de programación, de diálogo o de actuación ».<sup>494</sup> Como dice la Sagrada Escritura, las personas « todavía en la vejez tienen fruto » (<i>Sal </i>92,15). Los ancianos constituyen una importante escuela de vida, capaz de transmitir valores y tradiciones y de favorecer el crecimiento de los más jóvenes: estos aprenden así a buscar no sólo el propio bien, sino también el de los demás. Si los ancianos se hallan en una situación de sufrimiento y dependencia, no sólo necesitan cuidados médicos y asistencia adecuada, sino, sobre todo, ser tratados con amor.</p> <p><b>223 </b><i>El ser humano ha sido creado para amar y no puede vivir sin amor</i>. El amor, cuando se manifiesta en el don total de dos personas en su complementariedad, no puede limitarse a emociones o sentimientos, y mucho menos a la mera expresión sexual. Una sociedad que tiende a relativizar y a banalizar cada vez más la experiencia del amor y de la sexualidad, exalta los aspectos efímeros de la vida y oscurece los valores fundamentales. Se hace más urgente que nunca anunciar y testimoniar que la<i> verdad </i>del amor y de la sexualidad conyugal se encuentra allí donde se realiza la entrega plena y total de las personas con las características de la <i>unidad</i> y de la <i>fidelidad</i>.<sup>495</sup> Esta verdad, fuente de alegría, esperanza y vida, resulta impenetrable e inalcanzable mientras se permanezca encerrados en el relativismo y en el escepticismo.</p> <p><b>224 </b><i>En relación a las teorías que consideran la identidad de género como un mero producto cultural y social derivado de la interacción entre la comunidad y el individuo, con independencia de la identidad sexual personal y del verdadero significado de la sexualidad, la Iglesia no se cansará de ofrecer la propia enseñanza: « Corresponde a cada uno, hombre y mujer, reconocer y aceptar su identidad sexual. </i>La<i> diferencia</i> y la <i>complementariedad</i> físicas, morales y espirituales, están orientadas a los bienes del matrimonio y al desarrollo de la vida familiar. La armonía de la pareja humana y de la sociedad depende en parte de la manera en que son vividas entre los sexos la complementariedad, la necesidad y el apoyo mutuos ».<sup>496</sup> Esta perspectiva lleva a considerar necesaria la<i> adecuación</i> del derecho positivo a la ley natural, según la cual la <i>identidad sexual es indiscutible</i>, porque es la condición objetiva para formar una pareja en el matrimonio.</p> <p><b>225 </b><i>La naturaleza del amor conyugal exige la estabilidad de la relación matrimonial y su indisolubilidad</i>. La falta de estos requisitos perjudica la relación de amor exclusiva y total, propia del vínculo matrimonial, trayendo consigo graves sufrimientos para los hijos e incluso efectos negativos para el tejido social.</p> <p>La estabilidad y la indisolubilidad de la unión matrimonial no deben quedar confiadas exclusivamente a la intención y al compromiso de los individuos: la responsabilidad en el cuidado y la promoción de la familia, como institución natural y fundamental, precisamente en consideración de sus aspectos vitales e irrenunciables, compete principalmente a toda la sociedad. La necesidad de conferir un carácter institucional al matrimonio, fundándolo sobre un acto público, social y jurídicamente reconocido, deriva de exigencias básicas de naturaleza social.</p> <p><i>La introducción del divorcio en las legislaciones civiles ha alimentado una visión relativista de la unión conyugal</i> y se ha manifestado ampliamente como una « verdadera plaga social ».<sup>497</sup> Las parejas que conservan y afianzan los bienes de la estabilidad y de la indisolubilidad « cumplen... de manera útil y valiente, el cometido a ellas confiado de ser un “signo” en el mundo —un signo pequeño y precioso, a veces expuesto a la tentación, pero siempre renovado— de la incansable fidelidad con que Dios y Jesucristo aman a todos los hombres y a cada hombre ».<sup>498</sup></p> <p><b>226 </b><i>La Iglesia</i><i> no abandona a su suerte aquellos que, tras un divorcio, han vuelto a contraer matrimonio. La Iglesia ora por ellos, los anima en las dificultades de orden espiritual que se les presentan y los sostiene en la fe y en la esperanza</i>. Por su parte, estas personas, en cuanto bautizados, pueden y deben participar en la vida de la Iglesia: se les exhorta a escuchar la Palabra de Dios, a frecuentar el sacrificio de la Misa, a perseverar en la oración, a incrementar las obras de caridad y las iniciativas de la comunidad a favor de la justicia y de la paz, a educar a los hijos en la fe, a cultivar el espíritu y las obras de penitencia para implorar así, día a día, la gracia de Dios.</p> <p>La reconciliación en el sacramento de la penitencia, —que abriría el camino al sacramento eucarístico— puede concederse sólo a aquéllos que, arrepentidos, están sinceramente dispuestos a una forma de vida que ya no esté en contradicción con la indisolubilidad del matrimonio.<sup>499</sup></p> <p>Actuando así, la Iglesia profesa su propia fidelidad a Cristo y a su verdad; al mismo tiempo, se comporta con ánimo materno para con estos hijos suyos, especialmente con aquellos que sin culpa suya, han sido abandonados por su cónyuge legítimo. La Iglesia cree con firme convicción que incluso cuantos se han apartado del mandamiento del Señor y persisten en ese estado, podrán obtener de Dios la gracia de la conversión y de la salvación si perseveran en la oración, en la penitencia y en la caridad.<sup>500</sup></p> <p><b>227 </b><i>Las uniones de hecho, cuyo número ha ido progresivamente aumentando, se basan sobre un falso concepto de la libertad de elección de los individuos</i> <sup>501</sup> <i>y sobre una concepción privada del matrimonio y de la familia</i>. El matrimonio no es un simple pacto de convivencia, sino una relación con una dimensión social única respecto a las demás, ya que la familia, con el cuidado y la educación de los hijos, se configura como el instrumento principal e insustituible para el crecimiento integral de toda persona y para su positiva inserción en la vida social.</p> <p><i>La eventual equiparación legislativa entre la familia y las « uniones de hecho » se traduciría en un descrédito del modelo de familia</i>, que no se puede realizar en una relación precaria entre personas,<sup>502</sup> sino sólo en una unión permanente originada en el matrimonio, es decir, en el pacto entre un hombre y una mujer, fundado sobre una elección recíproca y libre que implica la plena comunión conyugal orientada a la procreación.</p> <p><b>228 </b><i>Un problema particular, vinculado a las uniones de hecho, es el que se refiere a la petición de reconocimiento jurídico de las uniones homosexuales</i>, objeto, cada vez más, de debate público. Sólo una antropología que responda a la plena verdad del hombre puede dar una respuesta adecuada al problema, que presenta diversos aspectos tanto en el plano social como eclesial.<sup>503</sup> A la luz de esta antropología se evidencia « qué incongruente es la pretensión de atribuir una realidad “conyugal” a la unión entre personas del mismo sexo. Se opone a esto, ante todo, la imposibilidad objetiva de hacer fructificar el matrimonio mediante la transmisión de la vida, según el proyecto inscrito por Dios en la misma estructura del ser humano. Asimismo, también se opone a ello la ausencia de los presupuestos para la complementariedad interpersonal querida por el Creador, tanto en el plano físico-biológico como en el eminentemente psicológico, entre el varón y la mujer. Únicamente en la unión entre dos personas sexualmente diversas puede realizarse la perfección de cada una de ellas, en una síntesis de unidad y mutua complementariedad psíco-física».<sup>504</sup></p> <p><i>La persona homosexual debe ser plenamente respetada en su dignidad</i>,<sup>505</sup> <i>y animada a seguir el plan de Dios con un esfuerzo especial en el ejercicio de la castidad</i>.<sup>506</sup> Este respeto no significa la legitimación de comportamientos contrarios a la ley moral ni, mucho menos, el reconocimiento de un derecho al matrimonio entre personas del mismo sexo, con la consiguiente equiparación de estas uniones con la familia: <sup>507</sup> « Si, desde el punto de vista legal, el casamiento entre dos personas de sexo diferente fuese sólo considerado como uno de los matrimonios posibles, el concepto de matrimonio sufriría un cambio radical, con grave deterioro del bien común. Poniendo la unión homosexual en un plano jurídico análogo al del matrimonio o al de la familia, el Estado actúa arbitrariamente y entra en contradicción con sus propios deberes ».<sup>508</sup></p> <p><b>229 </b><i>La solidez del núcleo familiar es un recurso determinante para la calidad de la convivencia social. Por ello la comunidad civil no puede permanecer indiferente ante las tendencias disgregadoras que minan en la base sus propios fundamentos</i>. Si una legislación puede en ocasiones tolerar comportamientos moralmente inaceptables,<sup>509</sup><i> no debe jamás debilitar el reconocimiento del matrimonio monogámico indisoluble, como única forma auténtica de la familia</i>. Es necesario, por tanto, que las autoridades públicas « resistiendo a las tendencias disgregadoras de la misma sociedad y nocivas para la dignidad, seguridad y bienestar de los ciudadanos, procuren que la opinión pública no sea llevada a menospreciar la importancia institucional del matrimonio y de la familia ».<sup>510</sup></p> <p>Es tarea de la comunidad cristiana y de todos aquellos que se preocupan sinceramente por el bien de la sociedad, reafirmar que « la familia constituye, más que una unidad jurídica, social y económica, una comunidad de amor y de solidaridad, insustituible para la enseñanza y transmisión de los valores culturales, éticos, sociales, espirituales y religiosos, esenciales para el desarrollo y bienestar de los propios miembros y de la sociedad ».<sup>511</sup></p> <p>b) <a name="La_familia_es_el_santuario_de_la_vida"><b>La familia es el santuario de la vida</b></a></p> <p><b>230 </b><i>El amor conyugal está por su naturaleza abierto a la acogida de la vida</i>.<sup>512</sup> En la tarea procreadora se revela de forma eminente la dignidad del ser humano, llamado a hacerse intérprete de la bondad y de la fecundidad que proviene de Dios: « La paternidad y la maternidad humanas, aún siendo <i>biológicamente parecidas</i> a las de otros seres de la naturaleza, tienen en sí mismas, de manera esencial y exclusiva, una “<i>semejanza</i>” <i>con Dios</i>, sobre la que se funda la familia, entendida como comunidad de vida humana, como comunidad de personas unidas en el amor (<i>communio personarum</i>) ».<sup>513</sup></p> <p><i>La procreación expresa la subjetividad social de la familia e inicia un dinamismo de amor y de solidaridad entre las generaciones que constituye la base de la sociedad</i>. Es necesario redescubrir el valor social de<i> partícula</i> del bien común insita en cada nuevo ser humano: cada niño « hace de sí mismo un don a los hermanos, hermanas, padres, a toda la familia.<i> Su vida se convierte en don para los mismos donantes de la vida,</i> los cuales no dejarán de sentir la presencia del hijo, su participación en la vida de ellos, su aportación a su bien común y al de la comunidad familiar ».<sup>514</sup></p> <p><b>231 </b><i>La familia fundada en el matrimonio es verdaderamente el santuario de la vida,</i> « el ámbito donde la vida, don de Dios, puede ser acogida y protegida de manera adecuada contra los múltiples ataques a los que está expuesta, y puede desarrollarse según las exigencias de un auténtico crecimiento humano ».<sup>515</sup> La función de la familia es determinante e insustituible en la promoción y construcción de la cultura de la vida,<sup>516</sup> contra la difusión de una « “anticivilización” destructora, como demuestran hoy tantas tendencias y situaciones de hecho ».<sup>517</sup></p> <p><i>Las familias cristianas tienen, en virtud del sacramento recibido, la peculiar misión de ser testigos y anunciadoras del Evangelio de la vida</i>. Es un compromiso que adquiere, en la sociedad, el valor de verdadera y valiente profecía. Por este motivo, « servir el<i> Evangelio de la vida</i> supone que las familias, participando especialmente en asociaciones familiares, trabajan para que las leyes e instituciones del Estado no violen de ningún modo el derecho a la vida, desde la concepción hasta la muerte natural, sino que la defiendan y promuevan ».<sup>518</sup></p> <p><b>232 </b><i>La familia contribuye de modo eminente al bien social por medio de la paternidad y la maternidad responsables, formas peculiares de la especial participación de los cónyuges en la obra creadora de Dios</i>.<sup>519</sup> La carga que conlleva esta responsabilidad, no se puede invocar para justificar posturas egoístas, sino que debe guiar las opciones de los cónyuges hacia una generosa acogida de la vida: « En relación con las condiciones físicas, económicas, psicológicas y sociales, la paternidad responsable se pone en práctica, ya sea con la deliberación ponderada y generosa de tener una familia numerosa, ya sea con la decisión, tomada por graves motivos y en el respeto de la ley moral, de evitar un nuevo nacimiento durante</p> <p>algún tiempo o por tiempo indefinido ».<sup>520</sup> Las motivaciones que deben guiar a los esposos en el ejercicio responsable de la paternidad y de la maternidad, derivan del pleno reconocimiento de los propios deberes hacia Dios, hacia sí mismos, hacia la familia y hacia la sociedad, en una justa jerarquía de valores.</p> <p><b>233 </b><i>En cuanto a los « medios » para la procreación responsable, se han de rechazar como moralmente ilícitos tanto la esterilización como el aborto</i>.<sup>521</sup> Este último, en particular, es un delito abominable y constituye siempre un desorden moral particularmente grave; <sup>522</sup> lejos de ser un derecho, es más bien un triste fenómeno que contribuye gravemente a la difusión de una mentalidad contra la vida, amenazando peligrosamente la convivencia social justa y democrática.<sup>523</sup></p> <p><i>Se ha de rechazar también el recurso a los medios contraceptivos en sus diversas formas</i>.<sup>524</sup><i> Este rechazo deriva de una concepción correcta e íntegra de la persona y de la sexualidad humana</i>,<sup>525</sup> <i>y tiene el valor de una instancia moral en defensa del verdadero desarrollo de los pueblos</i>.<sup>526</sup> Las mismas razones de orden antropológico, justifican, en cambio, como lícito el recurso a la abstinencia en los períodos de fertilidad femenina.<sup>527</sup> Rechazar la contracepción y recurrir a los métodos naturales de regulación de la natalidad comporta la decisión de vivir las relaciones interpersonales entre los cónyuges con recíproco respeto y total acogida; de ahí derivarán también consecuencias positivas para la realización de un orden social más humano.</p> <p><b>234 </b><i>El juicio acerca del intervalo entre los nacimientos y el número de los hijos corresponde solamente a los esposos</i>. Este es uno de sus derechos inalienables, que ejercen ante Dios, considerando los deberes para consigo mismos, con los hijos ya nacidos, la familia y la sociedad.<sup>528</sup> La intervención del poder público, en el ámbito de su competencia, para la difusión de una información apropiada y la adopción de oportunas medidas demográficas, debe cumplirse respetando las personas y la libertad de las parejas: no puede jamás sustituir sus decisiones; <sup>529</sup> tanto menos lo pueden hacer las diversas organizaciones que trabajan en este campo.</p> <p><i>Son moralmente condenables, como atentados a la dignidad de la persona y de la familia, los programas de ayuda económica destinados a financiar campañas de esterilización y anticoncepción o subordinados a la aceptación de dichas campañas</i>. La solución de las cuestiones relacionadas con el crecimiento demográfico se debe buscar, más bien, respetando contemporáneamente la moral sexual y la social, promoviendo una mayor justicia y una auténtica solidaridad para dar en todas partes dignidad a la vida, comenzando por las condiciones económicas, sociales y culturales.</p> <p><b>235 </b><i>El deseo de maternidad y paternidad no justifica ningún « derecho al hijo », en cambio, son evidentes los derechos de quien aún no ha nacido, al que se deben garantizar las mejores condiciones de existencia, mediante la estabilidad de la familia fundada sobre el matrimonio y la complementariedad de las dos figuras, paterna y materna</i>.<sup>530</sup> El acelerado desarrollo de la investigación y de sus aplicaciones técnicas en el campo de la reproducción, plantea nuevas y delicadas cuestiones que exigen la intervención de la sociedad y la existencia de normas que regulen este ámbito de la convivencia humana.</p> <p>Es necesario reafirmar que no son moralmente aceptables todas aquellas<i> técnicas de reproducción </i>—como la donación de esperma o de óvulos; la maternidad sustitutiva; la fecundación artificial heteróloga— en las que se recurre al útero o a los gametos de personas extrañas a los cónyuges. Estas prácticas dañan el derecho del hijo a nacer de un padre y de una madre que lo sean tanto desde el punto de vista biológico como jurídico. También son reprobables las prácticas que separan el acto unitivo del procreativo mediante técnicas de laboratorio, como la inseminación y la fecundación artificial homóloga, de forma que el hijo aparece más como el resultado de un acto técnico, que como el fruto natural del acto humano de donación plena y total de los esposos.<sup>531</sup> Evitar el recurso a las diversas formas de la llamada <i>procreación asistida</i>, la cual sustituye el acto conyugal, significa respetar —tanto en los mismos padres como en los hijos que pretenden generar— la dignidad integral de la persona humana.<sup>532</sup> Son lícitos, en cambio, los medios que se configuran como ayuda al acto conyugal o en orden a lograr sus efectos.<sup>533</sup></p> <p><b>236 </b><i>Una cuestión de particular importancia social y cultural, por las múltiples y graves implicaciones morales que presenta, es la clonación humana, término que, de por sí, en sentido general, significa reproducción de una entidad biológica genéticamente idéntica a la originante.</i> La clonación ha adquirido, tanto en el pensamiento como en la praxis experimental, diversos significados que suponen, a su vez, procedimientos diversos desde el punto de vista de las modalidades técnicas de realización, así como finalidades diferentes. Puede significar la simple<i> replicación</i> en laboratorio de células o de porciones de ADN. Pero hoy específicamente se entiende por clonación la reproducción de individuos, en estado embrional, con modalidades diversas de la fecundación natural y en modo que sean genéticamente idénticos al individuo del que se originan. Este tipo de clonación puede tener una finalidad<i> reproductiva</i> de embriones humanos o una finalidad, llamada<i> terapéutica,</i> que tiende a utilizar estos embriones para fines de investigación científica o, más específicamente, para la producción de células estaminales.</p> <p>Desde el punto de vista ético, la simple<i> replicación</i> de células normales o de porciones del ADN no presenta problemas particulares. Muy diferente es el juicio del Magisterio acerca de la clonación propiamente dicha. Ésta es contraria a la dignidad de la procreación humana porque se realiza en ausencia total del acto de amor personal entre los esposos, tratándose de una reproducción agámica y asexual.<sup>534</sup> En segundo lugar, este tipo de reproducción representa una forma de dominio total sobre el individuo reproducido por parte de quien lo reproduce.<sup>535</sup> El hecho que la clonación se realice para reproducir embriones de los cuales extraer células que puedan usarse con fines terapéuticos no atenúa la gravedad moral, porque además para extraer tales células el embrión primero debe ser producido y después eliminado.<sup>536</sup></p> <p><b>237 </b><i>Los padres, como ministros de la vida, nunca deben olvidar que la dimensión espiritual de la procreación merece una consideración superior a la reservada a cualquier otro aspecto</i>: « La paternidad y la maternidad representan<i> un cometido de naturaleza no simplemente física, sino espiritual</i>; en efecto, por ellas pasa la genealogía de la persona, que tiene su inicio eterno en Dios y que debe conducir a Él ».<sup>537</sup> Acogiendo la vida humana en la unidad de sus dimensiones, físicas y espirituales, las familias contribuyen a la « <i>comunión de las generaciones</i> », y dan así una contribución esencial e insustituible al desarrollo de la sociedad. Por esta razón, « la familia tiene derecho a la asistencia de la sociedad en lo referente a sus deberes en la procreación y educación de los hijos. Las parejas casadas con familia numerosa, tienen derecho a una ayuda adecuada y no deben ser discriminadas ».<sup>538</sup></p> <p>c) <a name="La_tarea_educativa"><b>La tarea educativa</b></a></p> <p><b>238 </b><i>Con la obra educativa, la familia forma al hombre en la plenitud de su dignidad, según todas sus dimensiones, comprendida la social</i>. La familia constituye « una comunidad de amor y de solidaridad, insustituible para la enseñanza y transmisión de los valores culturales, éticos, sociales, espirituales y religiosos, esenciales para el desarrollo y bienestar de sus propios miembros y de la sociedad ».<sup>539</sup> Cumpliendo con su misión educativa, la familia contribuye al bien común y constituye la primera escuela de virtudes sociales, de la que todas las sociedades tienen necesidad.<sup>540</sup> La familia ayuda a que las personas desarrollen su libertad y su responsabilidad, premisas indispensables para asumir cualquier tarea en la sociedad. Además, con la educación se comunican algunos valores fundamentales, que deben ser asimilados por cada persona, necesarios para ser ciudadanos libres, honestos y responsables.<sup>541</sup></p> <p><b>239 </b><i>La familia tiene una función original e insustituible en la educación de los hijos</i>.<sup>542</sup> El amor de los padres, que se pone al servicio de los hijos para ayudarles a extraer de ellos («e-ducere») lo mejor de sí mismos, encuentra su plena realización precisamente en la tarea educativa: « El amor de los padres se transforma de <i>fuente </i>en<i> alma </i>y, por consiguiente, en <i>norma</i> que inspira y guía toda la acción educativa concreta, enriqueciéndola con los valores de dulzura, constancia, bondad, servicio, desinterés, espíritu de sacrificio, que son el fruto más precioso del amor ».<sup>543</sup></p> <p>El derecho y el deber de los padres a la educación de la prole se debe considerar « como <i>esencial</i>, relacionado como está con la transmisión de la vida humana; como <i>original y primario</i>, respecto al deber educativo de los demás, por la unicidad de la relación de amor que subsiste entre padres e hijos; como<i> insustituible</i> e <i>inalienable</i>, y... por consiguiente, no puede ser totalmente delegado o usurpado por otros ».<sup>544</sup> Los padres tiene el derecho y el deber de impartir una educación religiosa y una formación moral a sus hijos: <sup>545</sup> derecho que no puede ser cancelado por el Estado, antes bien, debe ser respetado y promovido. Es un deber primario, que la familia no puede descuidar o delegar.</p> <p><b>240 </b><i>Los padres son los primeros, pero no los únicos, educadores de sus hijos. Corresponde a ellos, por tanto, ejercer con sentido de responsabilidad, la labor educativa en estrecha y vigilante colaboración con los organismos civiles y eclesiales</i>: « La misma dimensión comunitaria, civil y eclesial, del hombre exige y conduce a una acción más amplia y articulada, fruto de la colaboración ordenada de las diversas fuerzas educativas. Éstas son necesarias, aunque cada una puede y debe intervenir con su competencia y con su contribución propias ».<sup>546</sup> Los padres tienen el derecho a elegir los instrumentos formativos conformes a sus propias convicciones y a buscar los medios que puedan ayudarles mejor en su misión educativa, incluso en el ámbito espiritual y religioso. Las autoridades públicas tienen la obligación de garantizar este derecho y de asegurar las condiciones concretas que permitan su ejercicio.<sup>547</sup> En este contexto, se sitúa el tema de la colaboración entre familia e institución escolar.</p> <p><b>241 </b><i>Los padres tienen el derecho de fundar y sostener instituciones educativas</i>. Por su parte, las autoridades públicas deben cuidar que « las subvenciones estatales se repartan de tal manera que los padres sean verdaderamente libres para ejercer su derecho, sin tener que soportar cargas injustas. Los padres no deben soportar, directa o indirectamente, aquellas cargas suplementarias que impiden o limitan injustamente el ejercicio de esta libertad ».<sup>548</sup> Ha de considerarse una injusticia el rechazo de apoyo económico público a las escuelas no estatales que tengan necesidad de él y ofrezcan un servicio a la sociedad civil: « Cuando el Estado reivindica el monopolio escolar, va más allá de sus derechos y conculca la justicia... El Estado no puede, sin cometer injusticia, limitarse a tolerar las escuelas llamadas privadas. Éstas presentan un servicio público y tienen, por consiguiente, el derecho a ser ayudadas económicamente ».<sup>549</sup></p> <p><b>242 </b><i>La familia tiene la responsabilidad de ofrecer una educación integral</i>. En efecto, la verdadera educación « se propone la formación de la persona humana en orden a su fin último y al bien de las sociedades, de las que el hombre es miembro y en cuyas responsabilidades participará cuando llegue a ser adulto ».<sup>550</sup> Esta integridad queda asegurada cuando —con el testimonio de vida y con la palabra— se educa a los hijos al diálogo, al encuentro, a la sociabilidad, a la legalidad, a la solidaridad y a la paz, mediante el cultivo de las virtudes fundamentales de la justicia y de la caridad.<sup>551</sup></p> <p><i>En la educación de los hijos, las funciones materna y paterna son igualmente necesarias</i>.<sup>552</sup> Por lo tanto, los padres deben obrar siempre conjuntamente. Ejercerán la autoridad con respeto y delicadeza, pero también con firmeza y vigor: debe ser una autoridad creíble, coherente, sabia y siempre orientada al bien integral de los hijos.</p> <p><b>243 </b><i>Los padres tienen una particular responsabilidad en la esfera de la educación sexual</i>. Es de fundamental importancia, para un crecimiento armónico, que los hijos aprendan de modo ordenado y progresivo el significado de la sexualidad y aprendan a apreciar los valores humanos y morales a ella asociados: « Por los vínculos estrechos que hay entre la dimensión sexual de la persona y sus valores éticos, esta educación debe llevar a los hijos a conocer y estimar las normas morales como garantía necesaria y preciosa para un crecimiento personal y responsable en la sexualidad humana ».<sup>553</sup> Los padres tienen la obligación de verificar las modalidades en que se imparte la educación sexual en las instituciones educativas, con el fin de controlar que un tema tan importante y delicado sea tratado en forma apropiada.</p> <p>d) <a name="Dignidad_y_derechos_de_los_niños"><b>Dignidad y derechos de los niños</b></a></p> <p><b>244 </b><i>La doctrina social de la Iglesia indica constantemente la exigencia de respetar la dignidad de los niños</i>. « En la familia, comunidad de personas, debe reservarse una atención especialísima al niño, desarrollando una profunda estima por su dignidad personal, así como un gran respeto y un generoso servicio a sus derechos. Esto vale respecto a todo niño, pero adquiere una urgencia singular cuando el niño es pequeño y necesita de todo, está enfermo, delicado o es minusválido ».<sup>554</sup></p> <p><i>Los derechos de los niños deben ser protegidos por los ordenamientos jurídicos</i>. Es necesario, sobre todo, el reconocimiento público en todos los países del valor social de la infancia: « Ningún país del mundo, ningún sistema político, puede pensar en el propio futuro de modo diverso si no es a través de la imagen de estas nuevas generaciones, que tomarán de sus padres el múltiple patrimonio de los valores, de los deberes, de las aspiraciones de la Nación a la que pertenecen, junto con el de toda la familia humana ».<sup>555</sup> El primer derecho del niño es « a nacer en una familia verdadera »,<sup>556</sup> un derecho cuyo respeto ha sido siempre problemático y que hoy conoce nuevas formas de violación debidas al desarrollo de las técnicas genéticas.</p> <p><b>245 </b><i>La situación de gran parte de los niños en el mundo dista mucho de ser satisfactoria, por la falta de condiciones que favorezcan su desarrollo integral, a pesar de la existencia de un específico instrumento jurídico internacional para tutelar los derechos del niño</i>,<sup>557</sup> ratificado por la casi totalidad de los miembros de la comunidad internacional. Se trata de condiciones vinculadas a la carencia de servicios de salud, de una alimentación adecuada, de posibilidades de recibir un mínimo de formación escolar y de una casa. Siguen sin resolverse además algunos problemas gravísimos: el tráfico de niños, el trabajo infantil, el fenómeno de los « niños de la calle », el uso de niños en conflictos armados, el matrimonio de las niñas, la utilización de niños para el comercio de material pornográfico, incluso a través de los más modernos y sofisticados instrumentos de comunicación social. Es indispensable combatir, a nivel nacional e internacional, las violaciones de la dignidad de los niños y de las niñas causadas por la explotación sexual, por las personas dedicadas a la pedofilia y por las violencias de todo tipo infligidas a estas personas humanas, las más indefensas.<sup>558</sup> Se trata de actos delictivos que deben ser combatidos eficazmente con adecuadas medidas preventivas y penales, mediante una acción firme por parte de las diversas autoridades.</p> <p><b><font color="#0000a0">IV. LA FAMILIA, <br />PROTAGONISTA DE LA VIDA SOCIAL</font></b></p> <p>a) <a name="Solidaridad_familiar"><b>Solidaridad familiar</b></a></p> <p><b>246 </b><i>La subjetividad social de las familias, tanto individualmente como asociadas, se expresa también con manifestaciones de solidaridad y ayuda mutua, no sólo entre las mismas familias, sino también mediante diversas formas de participación en la vida social y política</i>. Se trata de la consecuencia de la realidad familiar fundada en el amor: naciendo del amor y creciendo en él, la solidaridad pertenece a la familia como elemento constitutivo y estructural.</p> <p>Es una solidaridad que puede asumir el rostro del servicio y de la atención a cuantos viven en la pobreza y en la indigencia, a los huérfanos, a los minusválidos, a los enfermos, a los ancianos, a quien está de luto, a cuantos viven en la confusión, en la soledad o en el abandono; una solidaridad que se abre a la acogida, a la tutela o a la adopción; que sabe hacerse voz ante las instituciones de cualquier situación de carencia, para que intervengan según sus finalidades específicas.</p> <p><b>247 </b><i>Las familias, lejos de ser sólo objeto de la acción política, pueden y deben ser sujeto de esta actividad,</i> movilizándose para « procurar que las leyes y las instituciones del Estado no sólo no ofendan, sino que sostengan y defiendan positivamente los derechos y deberes de la familia. En este sentido, las familias deben crecer en la conciencia de ser “protagonistas” de la llamada “política familiar” y asumir la responsabilidad de transformar la sociedad ».<sup>559</sup> Con este fin, se ha de reforzar el asociacionismo familiar: « Las familias tienen el derecho de formar asociaciones con otras familias e instituciones, con el fin de cumplir la tarea familiar de manera apropiada y eficaz, así como defender los derechos, fomentar el bien y representar los intereses de la familia. En el orden económico, social, jurídico y cultural, las familias y las asociaciones familiares deben ver reconocido su propio papel en la planificación y el desarrollo de programas que afectan a la vida familiar ».<sup>560</sup></p> <p>b) <a name="Familia,_vida_económica_y_trabajo"><b>Familia, vida económica y trabajo</b></a></p> <p><b>248 </b><i>La relación que se da entre la familia y la vida económica es particularmente significativa</i>. Por una parte, en efecto, la<i> « eco-nomía »</i> nació del trabajo doméstico: la casa ha sido por mucho tiempo, y todavía —en muchos lugares— lo sigue siendo, unidad de producción y centro de vida. El dinamismo de la vida económica, por otra parte, se desarrolla a partir de la iniciativa de las personas y se realiza, como círculos concéntricos, en redes cada vez más amplias de producción e intercambio de bienes y servicios, que involucran de forma creciente a las familias. La familia, por tanto, debe ser considerada protagonista esencial de la vida económica, orientada no por la lógica del mercado, sino según la lógica del compartir y de la solidaridad entre las generaciones.</p> <p><b>249 </b><i>Una relación muy particular une a la familia con el trabajo</i>: « La familia constituye uno de los puntos de referencia más importantes, según los cuales debe formarse el orden socio-ético del trabajo humano ».<sup>561</sup> Esta relación hunde sus raíces en la conexión que existe entre la persona y su derecho a poseer el fruto de su trabajo y atañe no sólo a la persona como individuo, sino también como miembro de una familia, entendida como « <i>sociedad doméstica</i> ».<sup>562</sup></p> <p><i>El trabajo es esencial en cuanto representa la condición que hace posible la fundación de una familia, cuyos medios de subsistencia se adquieren mediante el trabajo</i>. El trabajo condiciona también el proceso de desarrollo de las personas, porque una familia afectada por la desocupación, corre el peligro de no realizar plenamente sus finalidades.<sup>563</sup></p> <p><i>La aportación que la familia puede ofrecer a la realidad del trabajo es preciosa, y por muchas razones, insustituible</i>. Se trata de una contribución que se expresa tanto en términos económicos como a través de los vastos recursos de solidaridad que la familia posee. Estos últimos constituyen un apoyo importante para quien, en la familia, se encuentra sin trabajo o está buscando una ocupación. Pero más radicalmente aún, es una contribución que se realiza con la educación al sentido del trabajo y mediante el ofrecimiento de orientaciones y apoyos ante las mismas decisiones profesionales.</p> <p><b>250 </b><i>Para tutelar esta relación entre familia y trabajo, un elemento importante que se ha de apreciar y salvaguardar es el salario familiar</i>, es decir, un salario suficiente que permita mantener y vivir dignamente a la familia.<sup>564</sup> Este salario debe permitir un cierto ahorro que favorezca la adquisición de alguna forma de propiedad, como garantía de libertad. El derecho a la propiedad se encuentra estrechamente ligado a la existencia de la familia, que se protege de las necesidades gracias también al ahorro y a la creación de una propiedad familiar.<sup>565</sup> Diversas pueden ser las formas de llevar a efecto el salario familiar. Contribuyen a determinarlo algunas medidas sociales importantes, como los subsidios familiares y otras prestaciones por las personas a cargo, así como la remuneración del trabajo en el hogar de uno de los padres.<sup>566</sup></p> <p><b>251 </b><i>En la relación entre la familia y el trabajo, una atención especial se reserva al trabajo de la mujer en la familia</i>, o <i>labores de cuidado familiar</i>, que implica también las responsabilidades del hombre como marido y padre. Las labores de cuidado familiar, comenzando por las de la madre, precisamente porque están orientadas y dedicadas al servicio de la calidad de la vida, constituyen un tipo de actividad laboral eminentemente personal y personalizante, que debe ser socialmente reconocida y valorada,<sup>567</sup> incluso mediante una retribución económica al menos semejante a la de otras labores.<sup>568</sup> Al mismo tiempo, es necesario que se eliminen todos los obstáculos que impiden a los esposos ejercer libremente su responsabilidad procreativa y, en especial, los que impiden a la mujer desarrollar plenamente sus funciones maternas.<sup>569</sup></p> <p><b><font color="#0000a0">V. </font><a name="LA_SOCIEDAD_AL_SERVICIO_DE_LA_FAMILIA"></a><font color="#0000a0">LA SOCIEDAD AL SERVICIO DE LA FAMILIA</font></b></p> <p><b>252 </b><i>El punto de partida para una relación correcta y constructiva entre la familia y la sociedad es el reconocimiento de la subjetividad y de la prioridad social de la familia</i>. Esta íntima relación entre las dos « impone también que la sociedad no deje de cumplir su deber fundamental de respetar y promover la familia misma ».<sup>570</sup> La sociedad y, en especial, las instituciones estatales, —respetando la prioridad y « preeminencia » de la familia— están llamadas a <i>garantizar y favorecer la genuina identidad de la vida familiar </i>y a evitar y combatir todo lo que la altera y daña. Esto exige que la acción política y legislativa salvaguarde los valores de la familia, desde la promoción de la intimidad y la convivencia familiar, hasta el respeto de la vida naciente y la efectiva libertad de elección en la educación de los hijos. La sociedad y el Estado no pueden, por tanto, ni absorber ni sustituir, ni reducir la dimensión social de la familia; más bien deben honrarla, reconocerla, respetarla y promoverla según el <i>principio de subsidiaridad</i>.<sup>571</sup></p> <p><b>253 </b><i>El servicio de la sociedad a la familia se concreta en el reconocimiento, el respeto y la promoción de los derechos de la familia</i>.<sup>572</sup> <i>Todo esto requiere la realización de auténticas y eficaces políticas familiares,</i> con intervenciones precisas, capaces de hacer frente a las necesidades que derivan de los derechos de la familia como tal. En este sentido, es necesario como requisito previo, esencial e irrenunciable, el<i> reconocimiento</i> —lo cual comporta la tutela, la valoración y la promoción— de la identidad de la familia,<i> sociedad natural fundada sobre el matrimonio</i>. Este reconocimiento establece una neta línea de demarcación entre la familia, entendida correctamente, y las otras formas de convivencia, que —por su naturaleza— no pueden merecer ni el nombre ni la condición de familia.</p> <p><b>254 </b><i>El reconocimiento, por parte de las instituciones civiles y del Estado, de la prioridad de la familia sobre cualquier otra comunidad y sobre la misma realidad estatal, comporta superar las concepciones meramente individualistas y asumir la dimensión familiar como perspectiva cultural y política, irrenunciable en la consideración de las personas</i>. Ello no se coloca como alternativa de los derechos que las personas poseen individualmente, sino más bien como su apoyo y tutela. Esta perspectiva hace posible elaborar criterios normativos para una solución correcta de los diversos problemas sociales, porque las personas no deben ser consideradas sólo singularmente, sino también en relación a sus propios núcleos familiares, cuyos valores específicos y exigencias han de ser tenidos en cuenta.</p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-10839139534721327512008-06-01T22:47:00.000-03:002008-06-01T22:52:47.237-03:00SEGUNDA PARTE<p><font color="#800000" size="3">« ... la<i> doctrina social</i> tiene de por sí el valor <br />de un<i> instrumento de evangelización: </i>en cuanto tal, <br />anuncia a Dios y su misterio de salvación en Cristo <br />a todo hombre y, por la misma razón, revela al hombre a sí mismo. <br />Solamente bajo esta perspectiva se ocupa de lo demás: <br />de los derechos humanos de cada uno y, en particular, <br />del “proletariado”, la familia y la educación, <br />los deberes del Estado, el ordenamiento de la sociedad nacional <br />e internacional, la vida económica, la cultura, la guerra y la paz, <br />así como del respeto a la vida desde el momento <br />de la concepción hasta la muerte ».</font></p> <p><font color="#800000" size="3">(<i>Centesimus annus</i>, 54)</font></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-24510094359610395202008-06-01T22:40:00.001-03:002008-06-01T22:40:56.469-03:00COMPENDIO DE LA DOCTRINA SOCIAL DE LA IGLESIA - Segunda Parte<h4>ÍNDICE</h4> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#SEGUNDA PARTE#SEGUNDA PARTE">SEGUNDA PARTE</a></b></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO QUINTO#CAPÍTULO QUINTO">CAPÍTULO QUINTO</a> <br />LA FAMILIA CÉLULA VITAL DE LA SOCIEDAD</b></p> <p><b>I. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#I. LA FAMILIA, PRIMERA SOCIEDAD NATURAL#I. LA FAMILIA, PRIMERA SOCIEDAD NATURAL">LA FAMILIA, PRIMERA SOCIEDAD NATURAL</a></b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La importancia de la familia para la persona#La importancia de la familia para la persona">La importancia de la familia para la persona</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La importancia de la familia para la sociedad#La importancia de la familia para la sociedad">La importancia de la familia para la sociedad</a></p> <p><b>II. EL MATRIMONIO, FUNDAMENTO DE LA FAMILIA</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El valor del matrimonio#El valor del matrimonio">El valor del matrimonio</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El sacramento del matrimonio#El sacramento del matrimonio">El sacramento del matrimonio</a></p> <p><b>III. LA SUBJETIVIDAD SOCIAL DE LA FAMILIA</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El amor y la formación de la comunidad de personas#El amor y la formación de la comunidad de personas">El amor y la formación de la comunidad de personas</a> <br /><i>b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La familia es el santuario de la vida#La familia es el santuario de la vida">La familia es el santuario de la vida</a> <br /><i>c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La tarea educativa#La tarea educativa">La tarea educativa</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Dignidad y derechos de los niños#Dignidad y derechos de los niños">Dignidad y derechos de los niños</a></p> <p><b>IV. LA FAMILIA PROTAGONISTA DE LA VIDA SOCIAL</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Solidaridad familiar#Solidaridad familiar">Solidaridad familiar</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Familia, vida económica y trabajo#Familia, vida económica y trabajo">Familia, vida económica y trabajo</a></p> <p><b>V. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#LA SOCIEDAD AL SERVICIO DE LA FAMILIA#LA SOCIEDAD AL SERVICIO DE LA FAMILIA">LA SOCIEDAD AL SERVICIO DE LA FAMILIA</a></b></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO SEXTO#CAPÍTULO SEXTO">CAPÍTULO SEXTO</a> <br />EL TRABAJO HUMANO</b></p> <p><b>I. ASPECTOS BÍBLICOS</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La tarea de cultivar y custodiar la tierra#La tarea de cultivar y custodiar la tierra">La tarea de cultivar y custodiar la tierra</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Jesús hombre del trabajo#Jesús hombre del trabajo">Jesús hombre del trabajo</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El deber de trabajar#El deber de trabajar">El deber de trabaja</a>r</p> <p><b>II. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#EL VALOR PROFÉTICO DE LA ">EL VALOR PROFÉTICO DE LA « RERUM NOVARUM »</a></b></p> <p><b>III. LA DIGNIDAD DEL TRABAJO</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La dimensión subjetiva y objetiva del trabajo#La dimensión subjetiva y objetiva del trabajo">La dimensión subjetiva y objetiva del trabajo</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Las relaciones entre trabajo y capital#Las relaciones entre trabajo y capital">Las relaciones entre trabajo y capital</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El trabajo, título de participación#El trabajo, título de participación">El trabajo, título de participación</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Relación entre trabajo y propiedad privada#Relación entre trabajo y propiedad privada">Relación entre trabajo y propiedad privada</a><i> <br />e) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El descanso festivo#El descanso festivo">El descanso festivo</a></p> <p><b>IV. EL DERECHO AL TRABAJO</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El trabajo es necesario#El trabajo es necesario">El trabajo es necesario</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La función del Estado y de la sociedad civil en la promoción del derecho al trabajo#La función del Estado y de la sociedad civil en la promoción del derecho al trabajo">La función del Estado y de la sociedad civil en la promoción del derecho al trabajo</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La familia y el derecho al trabajo#La familia y el derecho al trabajo">La familia y el derecho al trabajo</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Las mujeres y el derecho al trabajo#Las mujeres y el derecho al trabajo">Las mujeres y el derecho al trabajo</a><i> <br />e) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El trabajo infantil#El trabajo infantil">El trabajo infantil</a><i> <br />f) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La emigración y el trabajo#La emigración y el trabajo">La emigración y el trabajo</a><i> <br />g) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El mundo agrícola y el derecho al trabajo#El mundo agrícola y el derecho al trabajo">El mundo agrícola y el derecho al trabajo</a></p> <p><b>V. DERECHOS DE LOS TRABAJADORES</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Dignidad de los trabajadores y respeto de sus derechos#Dignidad de los trabajadores y respeto de sus derechos">Dignidad de los trabajadores y respeto de sus derechos</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El derecho a la justa remuneración y distribución de la renta#El derecho a la justa remuneración y distribución de la renta">El derecho a la justa remuneración y distribución de la renta</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El derecho de huelga#El derecho de huelga">El derecho de huelga</a></p> <p><b>VI. SOLIDARIDAD ENTRE LOS TRABAJADORES</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La importancia de los sindicatos#La importancia de los sindicatos">La importancia de los sindicatos</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Nuevas formas de solidaridad#Nuevas formas de solidaridad">Nuevas formas de solidaridad</a></p> <p><b>VII. LAS « RES NOVAE » DEL MUNDO DEL TRABAJO</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Una fase de transición epocal#Una fase de transición epocal">Una fase de transición epocal</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Doctrina social y ">Doctrina social y « res novae »</a></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO SÉPTIMO#CAPÍTULO SÉPTIMO">CAPÍTULO SÉPTIMO</a> <br />LA VIDA ECONÓMICA</b></p> <p><b>I. ASPECTOS BÍBLICOS</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El hombre, pobreza y riqueza#El hombre, pobreza y riqueza">El hombre, pobreza y riqueza</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La riqueza existe para ser compartida#La riqueza existe para ser compartida">La riqueza existe para ser compartida</a></p> <p><b>II. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#MORAL Y ECONOMÍA#MORAL Y ECONOMÍA">MORAL Y ECONOMÍA</a></b></p> <p><b>III. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#III. INICIATIVA PRIVADA Y EMPRESA#III. INICIATIVA PRIVADA Y EMPRESA">INICIATIVA PRIVADA Y EMPRESA</a></b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La empresa y sus fines#La empresa y sus fines">La empresa y sus fines</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El papel del empresario y del dirigente de empresa#El papel del empresario y del dirigente de empresa">El papel del empresario y del dirigente de empresa</a></p> <p><b>IV. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#INSTITUCIONES ECONÓMICAS AL SERVICIO DEL HOMBRE#INSTITUCIONES ECONÓMICAS AL SERVICIO DEL HOMBRE">INSTITUCIONES ECONÓMICAS AL SERVICIO DEL HOMBRE</a></b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El papel del libre mercado#El papel del libre mercado">El papel del libre mercado</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La acción del Estado#La acción del Estado">La acción del Estado</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La función de los cuerpos intermedios#La función de los cuerpos intermedios">La función de los cuerpos intermedios</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Ahorro y consumo#Ahorro y consumo">Ahorro y consumo</a></p> <p><b>V. LAS « RES NOVAE » EN ECONOMÍA</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La globalización: oportunidades y riesgos#La globalización: oportunidades y riesgos">La globalización: oportunidades y riesgos</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El sistema financiero internacional#El sistema financiero internacional">El sistema financiero internacional</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La función de la comunidad internacional en la época de la economía global#La función de la comunidad internacional en la época de la economía global">La función de la comunidad internacional en la época de la economía global</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Un desarrollo integral y solidario#Un desarrollo integral y solidario">Un desarrollo integral y solidario</a><i> <br />e) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La necesidad de una gran obra educativa y cultural#La necesidad de una gran obra educativa y cultural">La necesidad de una gran obra educativa y cultural</a></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO OCTAVO#CAPÍTULO OCTAVO">CAPÍTULO OCTAVO</a> <br />LA COMUNIDAD POLÍTICA</b></p> <p><b>I. ASPECTOS BÍBLICOS</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El señorío de Dios#El señorío de Dios">El señorío de Dios</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Jesús y la autoridad política#Jesús y la autoridad política">Jesús y la autoridad política</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Las primeras comunidades cristianas#Las primeras comunidades cristianas">Las primeras comunidades cristianas</a></p> <p><b>II. EL FUNDAMENTO Y EL FIN DE LA COMUNIDAD POLÍTICA</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Comunidad política, persona humana y pueblo#Comunidad política, persona humana y pueblo">Comunidad política, persona humana y pueblo</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Tutelar y promover los derechos humanos#Tutelar y promover los derechos humanos">Tutelar y promover los derechos humanos</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La convivencia basada en la amistad civil#La convivencia basada en la amistad civil">La convivencia basada en la amistad civil</a></p> <p><b>III. LA AUTORIDAD POLÍTICA</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El fundamento de la autoridad política#El fundamento de la autoridad política">El fundamento de la autoridad política</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La autoridad como fuerza moral#La autoridad como fuerza moral">La autoridad como fuerza moral</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El derecho a la objeción de conciencia#El derecho a la objeción de conciencia">El derecho a la objeción de conciencia</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El derecho de resistencia#El derecho de resistencia">El derecho de resistencia</a><i> <br />e) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Infligir las penas#Infligir las penas">Infligir las penas</a></p> <p><b>IV. EL SISTEMA DE LA DEMOCRACIA</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Los valores y la democracia#Los valores y la democracia">Los valores y la democracia</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Instituciones y democracia#Instituciones y democracia">Instituciones y democracia</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La componente moral de la representación política#La componente moral de la representación política">La componente moral de la representación política</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Instrumentos de participación política#Instrumentos de participación política">Instrumentos de participación política</a><i> <br />e) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Información y democracia#Información y democracia">Información y democracia</a></p> <p><b>V. LA COMUNIDAD POLÍTICA AL SERVICIO DE LA SOCIEDAD CIVIL</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El valor de la sociedad civil#El valor de la sociedad civil">El valor de la sociedad civil</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El primado de la sociedad civil#El primado de la sociedad civil">El primado de la sociedad civil</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La aplicación del principio de subsidiaridad#La aplicación del principio de subsidiaridad">La aplicación del principio de subsidiaridad</a></p> <p><b>VI. EL ESTADO Y LAS COMUNIDADES RELIGIOSAS</b></p> <p><b>A</b>. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#LA LIBERTAD RELIGIOSA, UN DERECHO HUMANO FUNDAMENTAL#LA LIBERTAD RELIGIOSA, UN DERECHO HUMANO FUNDAMENTAL">La libertad religiosa, un derecho humano fundamental</a></p> <p><b>B</b>. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#IGLESIA CATÓLICA Y COMUNIDAD POLÍTICA#IGLESIA CATÓLICA Y COMUNIDAD POLÍTICA">Iglesia Católica y comunidad política</a></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Autonomía e independencia#Autonomía e independencia">Autonomía e independencia</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Colaboración#Colaboración">Colaboración</a></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO NOVENO#CAPÍTULO NOVENO">CAPÍTULO NOVENO</a> <br />LA COMUNIDAD INTERNACIONAL</b></p> <p><b>I. ASPECTOS BÍBLICOS</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La unidad de la familia humana#La unidad de la familia humana">La unidad de la familia humana</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Jesucristo prototipo y fundamento de la nueva humanidad#Jesucristo prototipo y fundamento de la nueva humanidad">Jesucristo prototipo y fundamento de la nueva humanidad</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La vocación universal del cristianismo#La vocación universal del cristianismo">La vocación universal del cristianismo</a></p> <p><b>II. LAS REGLAS FUNDAMENTALES DE LA COMUNIDAD INTERNACIONAL</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Comunidad Internacional y valores#Comunidad Internacional y valores">Comunidad Internacional y valores</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Relaciones fundadas sobre la armonía entre el orden jurídico y el orden moral#Relaciones fundadas sobre la armonía entre el orden jurídico y el orden moral">Relaciones fundadas sobre la armonía entre el orden jurídico y el orden moral</a></p> <p><b>III. LA ORGANIZACIÓN DE LA COMUNIDAD INTERNACIONAL</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El valor de las Organizaciones Internacionales#El valor de las Organizaciones Internacionales">El valor de las Organizaciones Internacionales</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La personalidad jurídica de la Santa Sede#La personalidad jurídica de la Santa Sede">La personalidad jurídica de la Santa Sede</a></p> <p><b>IV. LA COOPERACIÓN INTERNACIONAL PARA EL DESARROLLO</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Colaboración para garantizar el derecho al desarrollo#Colaboración para garantizar el derecho al desarrollo">Colaboración para garantizar el derecho al desarrollo</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Lucha contra la pobreza#Lucha contra la pobreza">Lucha contra la pobreza</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La deuda externa#La deuda externa">La deuda externa</a></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO DÉCIMO#CAPÍTULO DÉCIMO">CAPÍTULO DÉCIMO</a> <br />SALVAGUARDAR EL MEDIO AMBIENTE</b></p> <p><b>I. ASPECTOS BÍBLICOS</b></p> <p><b>II. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#EL HOMBRE Y EL UNIVERSO DE LAS COSAS#EL HOMBRE Y EL UNIVERSO DE LAS COSAS">EL HOMBRE Y EL UNIVERSO DE LAS COSAS</a></b></p> <p><b>III. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#LA CRISIS EN LA RELACIÓN ENTRE EL HOMBRE Y EL MEDIO AMBIENTE#LA CRISIS EN LA RELACIÓN ENTRE EL HOMBRE Y EL MEDIO AMBIENTE">LA CRISIS EN LA RELACIÓN ENTRE EL HOMBRE <br />Y EL MEDIO AMBIENTE</a></b></p> <p><b>IV. UNA RESPONSABILIDAD COMÚN</b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El ambiente, un bien colectivo#El ambiente, un bien colectivo">El ambiente, un bien colectivo</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El uso de las biotecnologías#El uso de las biotecnologías">El uso de las biotecnologías</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Medio ambiente y distribución de los bienes#Medio ambiente y distribución de los bienes">Medio ambiente y distribución de los bienes</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Nuevos estilos de vida#Nuevos estilos de vida">Nuevos estilos de vida</a></p> <p><b><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#CAPÍTULO UNDÉCIMO#CAPÍTULO UNDÉCIMO">CAPÍTULO UNDÉCIMO</a> <br />LA PROMOCIÓN DE LA PAZ</b></p> <p><b>I. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#LA PROMOCIÓN DE LA PAZ#LA PROMOCIÓN DE LA PAZ">ASPECTOS BÍBLICOS</a></b></p> <p><b>II. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#LA PAZ: FRUTO DE LA JUSTICIA Y DE LA CARIDAD#LA PAZ: FRUTO DE LA JUSTICIA Y DE LA CARIDAD">LA PAZ: FRUTO DE LA JUSTICIA Y DE LA CARIDAD</a></b></p> <p><b>III. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#EL FRACASO DE LA PAZ: LA GUERRA#EL FRACASO DE LA PAZ: LA GUERRA">EL FRACASO DE LA PAZ: LA GUERRA</a></b></p> <p><i>a) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La legítima defensa#La legítima defensa">La legítima defensa</a><i> <br />b) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Defender la paz#Defender la paz">Defender la paz</a><i> <br />c) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El deber de proteger a los inocentes#El deber de proteger a los inocentes">El deber de proteger a los inocentes</a><i> <br />d) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#Medidas contra quien amenaza la paz#Medidas contra quien amenaza la paz">Medidas contra quien amenaza la paz</a><i> <br />e) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#El desarme#El desarme">El desarme</a><i> <br />f) </i><a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#La condena del terrorismo#La condena del terrorismo">La condena del terrorismo</a></p> <p><b>IV. <a href="http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_sp.html#LA APORTACIÓN DE LA IGLESIA A LA PAZ#LA APORTACIÓN DE LA IGLESIA A LA PAZ">LA APORTACIÓN DE LA IGLESIA A LA PAZ</a></b></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-20442927425771359762008-05-20T16:20:00.004-03:002008-05-20T16:23:25.301-03:00A LA REINA MÁS HERMOSA, LA AUXILIADORA DE LOS JOVENES<object width="425" height="355"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/YxjjyXhO9EA&hl=en"></param><param name="wmode" value="transparent"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/YxjjyXhO9EA&hl=en" type="application/x-shockwave-flash" wmode="transparent" width="425" height="355"></embed></object>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-71972411358969237232008-05-19T11:46:00.005-03:002008-05-19T11:52:25.802-03:00PRÓXIMAMENTE...La Inspectoría salesiana San Francisco Solano, presentará el próximo 31 de mayo, conmemoración de nuestro Padre Don Bosco, su nuevo sitio en la web, <a href="http://www.salesianos.org.ar/">http://www.salesianos.org.ar/</a><br />confiados en Dios, que se manifiesta en el momento justo en el corazón de los hombres, nos lanzamos a proclamar su reino en este nuevo emprendimiento mediático.<br />Que el nuevo sitio sirva para afianzar nuestros lazos de comunión en toda la inspectoría y nos ayude a servir mejor a cada joven que espera el abrazo de Dios por nuestro intermedio.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-80901788988202017542008-05-02T23:16:00.000-03:002008-05-02T23:18:20.492-03:00LOS CHISTES DE LOS PAPAS<p align="justify"><b>ROMA, 16 jun (ZENIT).- </b></p> <p align="justify"><b></b></p> <p align="justify"><a href="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLPP6rBlI/AAAAAAAAAfs/KQV7fekbMJg/s1600-h/p_xii%5B4%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 0px 0px 15px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="207" alt="p_xii" src="http://lh6.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLP_6rBmI/AAAAAAAAAf0/aweeAT5zstw/p_xii_thumb%5B2%5D.jpg?imgmax=800" width="169" align="right" border="0" /></a> Tras la entrada de los aliados en 1944, el embajador norteamericano Robert Murphy fue recibido en audencia por al Papa. Murphy que había conocido a Pacelli cuando era secretario de Estado, se dirigió al Papa: «¿Se acuerda, Santidad, de aquello que me profetizó en 1931? "Hitler es sólo un fenómeno pasajero", me dijo, y en cambio...». «¡Ah! --respondió el Papa--, claro que me acuerdo: pero eso sucedió antes de que me convirtiera en infalible».</p> <p align="justify">Esta es una de las varias decenas de anécdotas, curiosidades y ocurrencias de los Papas del siglo XX que la editoria italiana «Ancora» ha recogido en un pequeño volumen. El autor, un anónimo prelado que se firma «Anonymus», cuenta pequeños y grandes episodios que han sucedido en el interior de los muros vaticanos. De los relatos emerge un cuadro familiar de la Santa Sede donde los Papas, en su ambiente, se divierten, dicen frases ingeniosas, bromean e incluso cuentan chistes. </p> <p align="justify"><a href="http://lh6.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLQ_6rBnI/AAAAAAAAAf8/nalLTpZ7JZA/s1600-h/l_xiii%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 10px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="207" alt="l_xiii" src="http://lh6.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLR_6rBoI/AAAAAAAAAgE/-XbBVKNDEbA/l_xiii_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="169" align="left" border="0" /></a> En 1902, el Papa León XIII tenía ya la considerable edad de 92 años, un obispo norteamericano en visita ad limina se atrevió a despedirse como un ave de mal agüero: «Dado que no nos veremos más sobre esta tierra, Santidad, adiós...». Y obtuvo una fulmínea respuesta: «¿Por qué, excelencia: tiene usted quizá un grave mal?».</p> <p align="justify">Pero León XIII fue también el último Papa inscrito en la Arcadia y era conocida su predilección por los líricos latinos. Una noche, mientras intentaba componer un verso para engañar al insomnio, despertó a un prelado latinista que dormía en la estancia contigua: «Monseñor, ayúdeme: no logramos encontrar un pie» (se refería a la forma métrica de un verso). El pobre, sin embargo, al despertarse sobresaltado, se puso a gritar: «¡Oh Dios, el Papa ha perdido un pie!». A lo que corrieron solícitos los camareros a buscar, entre las zapatillas pontificias, el augusto «pie» perdido....</p> <p align="justify"><a href="http://lh5.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLSv6rBpI/AAAAAAAAAgM/EgGGcKWGH_o/s1600-h/p_x%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 0px 0px 10px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="207" alt="p_x" src="http://lh4.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLTf6rBqI/AAAAAAAAAgU/sqaNMBLLOQE/p_x_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="169" align="right" border="0" /></a> El sucesor fue Pío X: santo pero también pronto a las mociones del espíritu. Lo que se evidencia cuando le hicieron notar que podía conferir títulos nobiliarios a su familia: «Mi hermano es ya oficial... postal, y mis hermanas son gobernadoras... de la casa».</p> <p align="justify">Algunos sacerdotes de Frascati vinieron a implorar a Pío X que destinara a su diócesis a un cierto cardenal Cassetta que era notoriamente riquísimo; y el véneto Papa Sarto replicó práctico: «Pero vosotros queréis al cardenal Cassetta o la "cassetta" (caja) del cardenal?». También Pío X a quien le preguntaba: «¿Cómo está vuestra Santidad?», respondía: «Como un Papa».</p> <p align="justify">Pero Pío X también sabía aceptar las bromas: mientras paseaba con un querido amigo canónigo en las logias vaticanas, se le cayó la tabaquera, que tenía en la tapa un retrato suyo en miniatura. El compañero no se paró a recogerla y el Papa se lo hizo notar. A lo que el otro le dijo: «Dejémosla allí que es su lugar. ¿Usted no es el vicario de Cristo... en la tierra?».</p> <p align="justify"><a href="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLUP6rBrI/AAAAAAAAAgc/t41ahuw4twQ/s1600-h/p_xi%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 10px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="207" alt="p_xi" src="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLVP6rBsI/AAAAAAAAAgk/2u6_0xgJVGE/p_xi_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="169" align="left" border="0" /></a> Pío XI tenía en cambio la manía de la eficiencia, tanto como para hacer eliminar las lápidas que se referían a él con la característica expresión latina «Sedente Pio P.P. XI» porque «el Papa está siempre en pie, siempre al trabajo». Sólo que una vez, para convencer a sus colaboradores de que ahorraran tiempo siendo concisos habló durante casi una hora...</p> <p align="justify">En otra ocasión el Papa Ratti liquidó a un visitante prolijo mostrándole la pecera: «He aquí los animales que me gustan: no hablan nunca».</p> <p align="justify">Entre los personajes más sarcásticos, Anonymus recuerda a monseñor Tardini que fue también secretario de Estado, el cual se ponía polémicamente las gafas de sol cuando tenía que ir «a oir a las iluminadas" opiniones de los eminentísimos cardenales».</p> <p align="justify"><a href="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLWP6rBtI/AAAAAAAAAgs/HyugO8oVd6c/s1600-h/p_vi%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 0px 0px 10px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="207" alt="p_vi" src="http://lh6.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLW_6rBuI/AAAAAAAAAg0/JSiZAVkp2Jg/p_vi_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="169" align="right" border="0" /></a> A Pablo VI, el «Papa triste», según algunos, parece que le gustase la ironía sutil. Teniendo como prefectos de ceremonias a un Virgilio (Noè) y a un Horacio (Cocchetti), fue sorprendido una vez suspirando en plural mayestático: «Estamos en medio de dos grandes poetas latinos...». Mientras ofrecía a algunos sacerdotes un libro que recogía las prédicas hechas a él por el predicador pontificio, comentó: «Se vende muy bien: todos quieren saber cómo se hace para convertir al Papa...»</p> <p align="justify"><a href="http://lh5.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLXv6rBvI/AAAAAAAAAg8/RE8fToogbzs/s1600-h/j_xxiii%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 10px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="207" alt="j_xxiii" src="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLZP6rBwI/AAAAAAAAAhE/6s7vC6I3AjU/j_xxiii_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="169" align="left" border="0" /></a> ¿Y el Papa Juan? Parecerá curioso pero entre los impertinentes inquilinos del Vaticano no era conocido como el «Papa bueno» sino más bien --aludiendo a sus paseos, además de a la etiqueta de un conocido whisky-- como Johnnie Walker: «Juan el andariego».</p> <p align="justify"><a href="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLaP6rBxI/AAAAAAAAAhM/WH0cBnF14lw/s1600-h/90026CD%5B6%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 0px 0px 5px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="197" alt="90026CD" src="http://lh5.ggpht.com/ricardocampoli/SBvLav6rByI/AAAAAAAAAhU/fBWQtV-ji-w/90026CD_thumb%5B4%5D.jpg?imgmax=800" width="149" align="right" border="0" /></a> De Juan Pablo II se recuerda una frase ingeniosa cuando era arzobispo de Cracovia. Cuando un periodista extranjero le hizo observar que no era decoroso para un purpurado practicar el esquí, Wojtyla, muy serio le dijo: «Pero entre nosotros es una cosa normal: piense que la mitad de los cardenales polacos esquían». Era verdad: en aquel tiempo en Polonía sólo había dos cardenales: él y el Primado Wyszynki. </p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-9113363204689428302008-05-02T22:54:00.000-03:002008-05-02T23:05:00.318-03:00APRENDERÁS... (La vida según William Shakespeare)<h4 align="justify"><tt></tt></h4> <tt></tt><tt></tt> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Después de un tiempo aprenderás la diferencia entre dar la mano y socorrer un alma y aprenderás que amar no significa apoyarse y que compañía no siempre significa seguridad. <a href="http://lh5.ggpht.com/ricardocampoli/SBvF7v6rBhI/AAAAAAAAAfM/14lHDD0n0Nc/s1600-h/es_def_sos_250x250%5B3%5D.gif"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 10px 0px 0px 10px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="244" alt="es_def_sos_250x250" src="http://lh5.ggpht.com/ricardocampoli/SBvF8v6rBiI/AAAAAAAAAfU/XyXbj0BVtQo/es_def_sos_250x250_thumb%5B1%5D.gif?imgmax=800" width="244" align="right" border="0" /></a> </font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Comenzarás a aprender que los besos no son contratos, ni regalos, ni promesas, comenzarás a aceptar tus derrotas con la cabeza erguida y la mirada al frente, con la gracia de un niño y no con la tristeza de un adulto y aprenderás a construir hoy todos tus caminos, porque el terreno de mañana es incierto para los proyectos y el futuro tiene la costumbre de caer en el vacío. Después de un tiempo aprenderás que el sol quema si te expones demasiado, aceptarás incluso que las personas buenas podrían herirte alguna vez y necesitarás perdonarlas. </font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Aprenderás que hablar, puede aliviar los dolores del alma, descubrirás que lleva años construir confianza y apenas unos segundos destruírla y que tú también podrás hacer cosas de las que te arrepentirás el resto de la vida. Aprenderás que las nuevas Amistades continúan creciendo a pesar de la distancia y que no importa que es lo que tienes, sino a quien tienes en la vida y que los buenos Amigos son la familia que nos permitimos elegir.</font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Aprenderás que no tenemos que cambiar de amigos, si estamos dispuestos a aceptar, que los amigos cambian. Te darás cuenta que puedes pasar buenos momentos con tu mejor amigo haciendo cualquier cosa o simplemente nada, sólo por el placer de disfrutar su compañía. Descubrirás que muchas veces tomas a la ligera a las personas que más te importan y por eso siempre debemos decir a esas personas que las amamos, porque nunca estaremos seguros de cuando será la última vez que las veamos. </font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Aprenderás que circunstancia y el ambiente que nos rodea tiene influencia </font></tt><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">sobre nosotros, pero nosotros somos los únicos responsables de lo que hacemos. Comenzarás a aprender que no debemos compararnos con los demás, salvo cuando queramos imitarlos, para mejorar. Descubrirás que se lleva mucho tiempo para llegar a ser la persona que quieres ser y que el tiempo es corto. Aprenderás que no importa a donde llegaste, sino a donde te diriges y si no lo sabes, cualquier lugar sirve. Aprenderás que si no controlas tus actos, ellos te controlarán y que ser flexible, no significa ser débil o no tener personalidad, porque no importa cuan delicada o frágil sea la situación: siempre existen 2 lados.</font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3"><a href="http://lh6.ggpht.com/ricardocampoli/SBvF9_6rBjI/AAAAAAAAAfc/sCMvC8lmE_I/s1600-h/1772736%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 5px 10px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="167" alt="1772736" src="http://lh6.ggpht.com/ricardocampoli/SBvF__6rBkI/AAAAAAAAAfk/23vUsaJq2SA/1772736_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="244" align="left" border="0" /></a> Aprenderás que héroes, son las personas que hicieron lo que era necesario, enfrentando las consecuencias. Aprenderás que la paciencia requiere mucha práctica. Descubrirás que algunas veces, la persona que esperas que te patee cuando te caes, tal vez sea una de las pocas que te ayude a levantarte. Madurar tiene más que ver con lo que has aprendido de las experiencias, que </font></tt><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">de los años vividos. Aprenderás que hay mucho más de tus padres en ti, de lo que supones. Aprenderás que nunca se debe decir a un niño que sus sueños son tonterías, porque pocas cosas son tan humillantes y sería una tragedia, si lo creyese, porque le estarías quitando la esperanza. Aprenderás que cuando tienes rabia tienes derecho a tenerla, pero eso no te da el derecho a ser cruel. </font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Descubrirás que, porque sólo alguien no te ama de la forma que quieras, no significa que no te ame con todo lo que puede, porque hay personas que nos aman, pero no saben como demostrarlo. No siempre es suficiente ser perdonado por alguien, algunas veces tendrás que aprender a perdonarte a ti mismo. Aprenderás que con la misma severidad que juzgas, también serás juzgado y en algún momento condenado.</font></tt></p> <p align="justify"><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">Aprenderás que no importa en cuantos pedazos tu corazón se partió, el mundo no se detiene para que lo arregles. Aprenderás que el tiempo no es algo que pueda volver hacia atrás, por lo tanto debes cultivar </font></tt><tt><font face="Georgia Ref" color="#008000" size="3">tu propio jardín y decorar tu alma, en vez de esperar que alguien te traiga flores. Entonces y sólo entonces, sabrás realmente lo que puedes soportar, que eres fuerte y que podrás ir mucho más lejos de lo que pensabas, cuando creías que no se podía más...</font></tt></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-48919924114330827902008-05-02T22:31:00.001-03:002008-05-02T22:35:09.832-03:00POEMA A LOS AMIGOS (Borges)<p></p> <h4><font color="#800040"><a href="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvBSP6rBfI/AAAAAAAAAe8/eVgENsCxDRg/s1600-h/circ_%5B4%5D.gif"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 5px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="171" alt="circ_" src="http://lh3.ggpht.com/ricardocampoli/SBvBTP6rBgI/AAAAAAAAAfE/_veK-6nOcOY/circ__thumb%5B2%5D.gif?imgmax=800" width="171" align="left" border="0" /></a> No puedo darte soluciones para todos tus problemas de la Vida,</font></h4> <h4><font color="#800040">no tengo respuestas para tus dudas o temores,</font></h4> <h4><font color="#800040">pero puedo escucharte y compartirlos contigo. </font></h4> <h4><font color="#800040">No puedo evitar que tropieces. </font></h4> <h4><font color="#800040">Solamente puedo ofrecerte mi mano para que te sujetes y no caigas. </font></h4> <h4><font color="#800040">Tus alegrías, tus triunfos y tus éxitos no son míos. </font></h4> <h4><font color="#800040">Pero disfruto sinceramente cuando te veo feliz. </font></h4> <h4><font color="#800040">No juzgo las decisiones que tomas en la vida. </font></h4> <h4><font color="#800040">Me limito a apoyarte, a estimularte y a ayudarte si me lo pides. </font></h4> <h4><font color="#800040">No puedo trazarte límites dentro de los cuales debes actuar,</font></h4> <h4><font color="#800040">pero sí te ofrezco el espacio necesario para crecer. </font></h4> <h4><font color="#800040">No puedo evitar tus sufrimientos cuanto alguna pena te parte el corazón,</font></h4> <h4><font color="#800040">pero puedo llorar contigo y recoger los pedazos para armarlo de nuevo. </font></h4> <h4><font color="#800040">No puedo decirte quién eres ni quién deberías ser. </font></h4> <h4><font color="#800040">Solamente puedo quererte como eres y ser tu amigo. </font></h4> <h4><font color="#800040">En estos días pensé en mis amigos y amigas, y entre ellos apareciste tú. </font></h4> <h4><font color="#800040">No estabas arriba, ni abajo ni en medio. </font></h4> <h4><font color="#800040">No encabezabas ni concluías la lista. </font></h4> <h4><font color="#800040">No eras el número uno ni el número final. </font></h4> <h4><font color="#800040">Y tampoco tengo la pretensión de ser el primero,</font></h4> <h4><font color="#800040">el segundo o el tercero de tu lista. </font></h4> <h4><font color="#800040">Basta que me quieras como amigo. </font></h4> <h4><font color="#800040">Gracias por serlo.</font></h4> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-3409818778972755022008-04-14T13:10:00.003-03:002008-04-25T09:59:46.623-03:00Un día en la vida de Benedicto XIV<object width="425" height="355"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/mfY8_Dcx4Ho&rel=0"></param><param name="wmode" value="transparent"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/mfY8_Dcx4Ho&rel=0" type="application/x-shockwave-flash" wmode="transparent" width="425" height="355"></embed></object>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-68188970940060567332008-04-08T10:07:00.000-03:002008-04-08T10:16:06.123-03:00El Vaticano por dentro<b><em></em></b> <h5 align="justify"><b><font color="#800000"><em><a href="http://lh4.google.com/ricardocampoli/R_twAxaVpkI/AAAAAAAAAeM/nYhLd5HD8Vw/pio9%5B4%5D.gif"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 10px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="244" alt="pio9" src="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_twBhaVplI/AAAAAAAAAeU/fpvxv6ME50U/pio9_thumb%5B2%5D.gif" width="202" align="left" border="0" /></a>Si miramos el actual Estado del Vaticano, entenderemos algunos de los aspectos que marcaron el siglo XIX de Don Bosco en Italia. Allí, luego de luchas intempestivas, marchas y contramarchas, el Beato Pío IX se vio sometido a un constante asedio por parte del liberalismo reinante, que buscaba más y más el predominio de la naciente República italiana, quitándole al Papa su poder temporal. </em></font></b></h5> <h5 align="justify"><font color="#800000"><em>Son dos las fechas importantes: 1860, donde se pierde, por presbiscito, la mayor parte de los Estados Pontificios. </em></font><font color="#800000"><em>Su territorio queda reducido a una franja junto al mar alrededor de Roma, que está protegida por los franceses con Napoleón III a la cabeza.<a href="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_twCRaVpmI/AAAAAAAAAec/WdFjkuiD0HQ/200px-Pius_ix%5B12%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 0px 0px 0px 5px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="244" alt="200px-Pius_ix" src="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_twDBaVpnI/AAAAAAAAAek/it-K9H9nWJ0/200px-Pius_ix_thumb%5B8%5D.jpg" width="169" align="right" border="0" /></a> </em></font></h5> <h5 align="justify"><font color="#800000"><em>La otra fecha es 1870, en que se declara la guerra franco-prusiana y Napoleón III es derrotado en Sedán. Los franceses se retiran de Roma y las tropas italianas aprovechan para apoderarse de ella pasando por la célebre brecha de Porta Pía, el 20 de septiembre. El Papa se recluye en el Vaticano y se declara prisionero. Ha perdido todo vestigio de poder temporal. Los italianos ofrecen la "Ley de Garantías" (13 de mayo de 1871), con la que intentan proteger al Papa y su misión, pero éste no acepta esa propuesta unilateral, que es una imposición. Así permanecerán las cosas hasta los Tratados de Letrán, de febrero de 1929.</em></font></h5> <p align="justify"> </p> <h3 align="justify"><b><em>El Estado más pequeño del mundo es minúsculo en extensión, pero inmenso en influencia. Una región de algo menos de siete cuadras de lado en la que el Papa es rey<a href="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_twERaVpoI/AAAAAAAAAes/FhhPv2rFSjY/st-peter%5B4%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 25px 5px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="244" alt="st-peter" src="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_twFBaVppI/AAAAAAAAAe0/Lk97BmRsWGE/st-peter_thumb%5B2%5D.jpg" width="242" align="left" border="0" /></a> </em></b></h3> <p align="justify">Un territorio de 0,44 km2 y una población de 1000 almas son cifras pueblerinas. Pero también, contra lo que indica toda lógica, pueden ser las dimensiones de un Estado, a condición de que ese Estado sea el más pequeño y peculiar del planeta.  <br />El tamaño de Ciudad del Vaticano –minúsculo en extensión e inmenso en influencia– es sólo la peculiaridad más visible de un territorio que se identifica con la figura del Papa y su misión religiosa, pero que también debe cumplir funciones de carne y hueso. <br />La superposición de lo espiritual y de lo temporal es la clave de su originalidad y para eso deben distinguirse dos términos: la Santa Sede es la dirección suprema de la Iglesia Católica (la curia, las congregaciones y el Papa, no entendido como persona física) y el Vaticano es el Estado, del cual la Santa Sede, en la figura del Sumo Pontífice, es el ente soberano.  <br />El Stato della Città del Vaticano (su nombre completo) existe, tal cual se lo conoce hoy, desde 1929. Hacía al menos un milenio que los papas se habían instalado en el monte Vaticano. Allí, en los años 64 o 67, en tiempo de Nerón y en el circo romano que existía en el lugar, había sido crucificado y enterrado el primero de ellos, San Pedro. Durante siglos el papado fue poderoso y afecto a las batallas. Pero en 1870, cuando Italia se unificó bajo la bandera del emperador Vittorio Emmanuelle II, un Saboya, perdió el control de los Estados Pontificios. Durante más de medio siglo quedó confinado, con un status ambiguo, dentro de la muralla leonina construida en el siglo IX para defenderse de los sarracenos y que aún hoy rodea al Vaticano. "La cuestión romana" –como se denominó el conflicto– fue zanjada durante el reinado de Pío XI, cuando se firmó el Tratado de Letrán, con el gobierno del fascista Benito Mussolini. <br />Las negociaciones diplomáticas fueron largas y sinuosas, pero le heredaron las primeras curiosidades físicas a este Estado peculiar. Por un lado, fue el propio Pío XI el que prefirió que la superficie del Vaticano no fuera superior (según se estima por cuestiones presupuestarias y de mantenimiento) y aceptó que 16 edificios –algunas iglesias históricas, algunos colegios, la residencia veraniega de Castelgandolfo– fueran considerados posesiones extraterritoriales, con un rango similar al de las embajadas. Dentro de las fronteras quedaron la magnífica Basílica de San Pedro, los museos y jardines vaticanos, el edificio de gobierno y la residencia papal, los edificios de la curia y otros comunes. La estrechez territorial da lugar a algunas contradicciones: la Plaza San Pedro, abrazada por la elipsis de columnas diseñada por Bernini, es parte del territorio vaticano, pero la seguridad en ella está a cargo de la policía italiana y no de la Guardia Suiza, las fuerzas vaticanas. También es el único Estado en el mundo que posee un edificio a caballo entre dos Estados: a la sala de audiencias pontificias se ingresa sólo desde el Vaticano, pero el grueso de la construcción está en suelo romano.</p> <p align="justify"> <br /><b>Ciudadanos vaticanos </b> <br />Fuera de estas peculiaridades limítrofes, la vida del Estado vaticano está regida por una breve constitución que establece una monarquía electiva en la que sólo puede ser soberano un sacerdote católico. Elegido por sus pares cardenales, el Papa reúne las soberanías espiritual y temporal, y conserva la totalidad de los poderes Legislativo, Ejecutivo y Judicial, aunque en la práctica delega los atributos del poder en una secretaría de Estado y la curia cardenalicia. <br />El Vaticano es así la última monarquía absoluta de Occidente y esta característica tiene consecuencias directas sobre su vida cotidiana. No existen partidos políticos ni Parlamento. Fronteras adentro, todos los inmuebles pertenecen al Estado. La totalidad de los trabajadores –ya sean religiosos o laicos– son sus empleados, aunque la gran mayoría no vive en él. Y todas sus actividades económicas están perfectamente centralizadas. El financiamiento de este Estado también es singular: la primera fuente de dinero fue la indemnización que Italia le otorgó por el Pacto de Letrán (1750 millones de liras de la época), que fue distribuida en inversiones accionarias en bancos y empresas de todo el mundo. A ese dinero se le suman otros recursos, desde las donaciones hasta la industria de los souvenirs, que ayudan a mantener el Estado en funcionamiento y conservar las reservas estimadas en unos 11.000 millones de dólares. <br />Un Estado tan sui géneris sólo puede tener ciudadanos sui géneris, y obtener la ciudadanía vaticana no es tarea simple. Todos los que viven dentro de sus fronteras son ciudadanos del Estado y fuera de él los nuncios y los integrantes del cuerpo diplomático distribuido por el mundo. Pero nacer en el Vaticano no es condición suficiente. Por cierto, los partos no son comunes y son escasísimas las familias que habitan allí. Sólo algunos empleados civiles o algunos guardias instalados en pequeños departamentos. Pero en el caso de que alguno de ellos tuviera un hijo se le concederá la ciudadanía con una salvedad: sólo podrá usufructuarla hasta la mayoría de edad. Luego deberá optar por la ciudadanía de sus padres. La razón es simple: con sus dimensiones, el Vaticano no puede darse el lujo de crecer demográficamente.</p> <p align="justify"> <br /><b>La vida cotidiana </b> <br />Enclavado en el corazón de Roma, podría sospecharse que su condición de Estado es una simple formalidad y que, en lo relativo a la vida cotidiana, su dependencia de Italia es absoluta. Pero el Vaticano no se limita a su estandarte blanco y amarillo o a la simple organización de la Iglesia Católica. <br />Aunque abroquelado alrededor de su soberano para que éste pueda cumplir con su misión, el Estado posee lo que muchos otros: tiene correo propio (y su consiguiente emisión de sellos), una emisora de radio (creada por el premio Nobel Guglielmo Marconi e instalada en una vieja torre de los jardines), su diario (L´Osservatore Romano), su propia TV (el Centro Televisivo Vaticano), un sistema telefónico autónomo y su propio banco (reformado tras el escándalo, en 1981, del Banco Ambrosiano). También es el único con cajeros bilingües, en italiano y en… latín. Todo dentro de su territorio. <br />Más allá del colorido de los millares de turistas que transitan la plaza y la Basílica, en el microestado trabaja una gran cantidad de personas (se calcula la cifra en 4000) que se entregan a sus plegarias o a labores más mundanas. No se trata sólo de religiosos de variada jerarquía, sino también de laicos. La telefónica, por ejemplo, tiene treinta empleados sin ninguna vinculación religiosa y la radio emplea a 200 periodistas de variado origen lingüístico. Como corresponde a un Estado, el trabajo está precisamente reglamentado. Existen claras políticas laborales en materia de ausencia por enfermedad o maternidad, un reglamento que fija 36 horas laborables por semana y treinta días de vacaciones. Como contraparte se les exige un estricto código de confidencialidad y tienen vedado hacer declaraciones sin el correspondiente permiso. Estas regulaciones no impiden a veces reclamos terrenales, como cuando en 1993 el Vaticano soportó la primera huelga de empleados en demanda de aumentos salariales. <br />Los oficios pintorescos también abundan. Los que cargan con una responsabilidad única suelen ser los conservadores, entregados a reparar y mantener en estado la ingente cantidad de obras de los Museos Vaticanos: tesoros que van desde piezas arqueológicas hasta la inigualable colección de obras renacentistas, consecuencia del mecenazgo de los diversos pontífices a través de los siglos. Lo mismo ocurre con la colección de manuscritos de los Archivos Secretos Vaticanos. <br />Entre los trabajos más tradicionales del territorio se encuentra el de los Sampietrini. Ataviados con sus mamelucos azules, son los encargados de mantener la limpieza de la Basílica de San Pedro y de sus altares y monumentos. Los Sampietrini son una institución y se entiende por qué: el trabajo requiere un saber que se ha transmitido de generación en generación desde que se reconstruyó el templo en los siglos XVI y XVII. <br />De todos los empleados, sin embargo, los más visibles son los integrantes de la Guardia Suiza. Según la leyenda (hoy considerada apócrifa), los uniformes renacentistas fueron diseñadas por Miguel Angel. Su complejo uniforme, sin contar los tradicionales cascos y el calzado, consta de 154 piezas separadas que, en conjunto, pesan módicos 3,5 kilogramos. La Guardia Suiza suele ser considerada el ejército permanente más pequeño del mundo y es el único que existe hoy en el Estado. Su servicio se remonta al siglo XVI y su fama a la defensa papal durante el saqueo de Roma en 1527. <br />Está compuesto por un centenar de efectivos y la mayoría habita cuarteles o viviendas dentro de la ciudad. Para revistar en la Guardia Suiza las condiciones son estrictas: ser originario de algún cantón suizo, católico, soltero en el momento de ingreso y prestar un juramento que obliga a dar la vida por el pontífice. <br />Aunque su aspecto induce a verlos como elementos decorativos, los miembros están rigurosamente entrenados. No sólo dominan el uso de instrumentos tradicionales como la espada o la alabarda. También son expertos en el uso de armas modernas y en artes marciales. Firmes y hieráticos, son el símbolo de un Estado que depende de Dios, pero no puede evitar, humano al fin de cuentas, tener los pies sobre la tierra. </p> <ul> <li> <div align="justify">Para saber más: </div> </li> </ul> <p align="justify"> <br /><a href="http://www.vaticano.va">www.vaticano.va</a> <br /><a href="http://www.radiovaticano.org">www.radiovaticano.org</a> <br /><a href="http://www.nationalgeographic.com">www.nationalgeographic.com</a></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-73670046643255492032008-04-07T20:13:00.000-03:002008-04-08T01:17:07.820-03:00Nikolaus Gross y Odoardo Focherini: periodistas, padres de familia y mártires del nazismo<p><b>Uno fue niño obrero, sindicalista, político; otro scout, dirigente católico; murieron en manos nazis por esconder judíos y oponerse al nazismo. <a href="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_qqwRaVpiI/AAAAAAAAAd8/RCWqMcsjZdk/fichero_11528_20070330%5B3%5D.jpg"><img style="border-right: 0px; border-top: 0px; margin: 25px 10px 0px 0px; border-left: 0px; border-bottom: 0px" height="244" alt="fichero_11528_20070330" src="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_qqzRaVpjI/AAAAAAAAAeE/Sx5VBY7UXzM/fichero_11528_20070330_thumb%5B1%5D.jpg" width="192" align="left" border="0" /></a> </b></p> <p>Cuando la pesadilla hitleriana asolaba Europa, cuando los judíos eran masacrados por millones, cuando apoyarles costaba la vida en caso de ser descubierto por los nazis, cuando oponerse públicamente al nazismo era dar un paso hacia la cárcel, la tortura y la muerte, hubo personas que decidieron jugársela hasta el final, para salvar la vida a cientos y miles de hombres, mujeres y niños de raza hebrea, y para denunciar la maldad intrínseca del régimen liderado por Adolf Hiter. <br />Entre esos héroes que dieron su vida por salvar la de muchos otros, destacan dos hombres, uno italiano y otro alemán, ejecutados por los nazis, que tienen mucho en común. <br />Los dos eran periodistas. Los dos era laicos. Ambos eran padres de familia numerosa. Es importante destacarlo: hubo muchas monjas, curas y obispos en Europa que se opusieron al régimen o escondieron judíos y fueron ejecutados. Pero <strong>no es lo mismo el heroísmo de un obispo o sacerdote -que públicamente lo han dejado todo por seguir radicalmente a Cristo- que el de un profesional, un laico padre de familia, que tiene que pensar en sus hijos y en su mujer</strong>. </p> <p>Por eso, los testimonios del italiano Odoardo Focherini y el alemán Nikolaus Gross, tan parecidos pese a que probablemente no supieron uno del otro, nos interpelan de manera especial en nuestros días, cuando muchos piden más protagonismo para los laicos, las familias y los profesionales cristianos. <br /><strong>Odardo Focherini, scout, periodista, "Justo entre las naciones"</strong></p> <p>Odoardo nació en Carpi el 6 de julio de 1907. Ferviente católico desde muy joven, se formó en la Acción Católica italiana bajo la guía de Don Armando Benatti. Con tan solo 16 años fue secretario del círculo interparroquial de Carpi, con 17 secretario de la Federación Juvenil diocesana. <strong>A los 19 años de edad fundó los scouts católicos en su localidad natal, llegando a ser jefe del movimiento scout en su diócesis</strong> y uno de los referentes del mismo en toda Italia. Se casó con María Marchesi en el año 1930 y su amor dio como fruto siete hijos.</p> <p>Su indiscutible valía y celo apostólico le catapultaron hasta la <strong>presidencia de la Acción Católica italiana a la edad de 27 años</strong>. En 1937 pasó a ser director administrativo del diario <em>Avvenire</em>, que entonces dirigía Raimondo Manzini, autor de encendidas polémicas contra el fascismo. Odoardo Focherini, siendo fiel al espíritu de la encíclica<em> Non abbiamo bisogno</em> ( <a href="http://www.multimedios.org/docs2/d000292/index.html">http://www.multimedios.org/docs2/d000292/index.html</a>  ) de Pío XI, fue él mismo muy crítico contra el fascismo de Mussolini.</p> <p>Sin embargo, lo que habría de poner a Odoardo ante la tesitura de convertirse en mártir cristiano fue su decidido trabajo en ayuda de los judíos italianos. Desafiando a las leyes raciales, Focherine contrató para <em>Avvenire</em> al periodista judío Giacomo Lampronti. En 1942, a petición de Manzini –a quien el cardenal de Génova, Pietro Boetto, había enviado algunos judíos de Polonia para defenderlos–, se encargó de proteger de la persecución a estos refugiados en un tren de Cruz Roja Internacional. <br /><strong>Al lager de Flossemburg, por ocultar judíos</strong> <br />En octubre de 1943 <strong>organizó, junto al padre Dante Sala, una red eficaz para la expatriación hacia Suiza de más de un centenar de judíos</strong>. Odoardo se encargó de contactar con las familias, consiguió los documentos desde las sinagogas, se las arregló para obtener la finaciación necesaria y acabó proporcionado también la documentación falsa. <br />El 11 de marzo de 1944, Focherini fue detenido por los nazis en un hospital mientas atendía a un judío enfermo. Aislado en el «lager» de Flossenburg, fue trasladado al campo de Hersbruck donde se trabajaba desde las tres y media de la mañana hasta la tarde. Quien no resistía este ritmo, era inmediatamente enviado a los hornos crematorios. <br />Durante una visita, su cuñado Bruno Marchesi le dijo: <strong>“Ten cuidado. Tal vez te expones demasiado. ¿No piensas en tus hijos?”.</strong> Odoardo le respondió: <strong>“Si hubieras visto, como he visto yo en esta cárcel, lo que hacen padecer a los judíos, no lamentarías más que no haber hecho lo bastante por ellos, no haber salvado un número mayor”. <br /></strong> <br />Herido en una pierna y jamás atendido, Focherini murió de septicemia el 27 de diciembre de ese mismo año, a los 37 años. Antes de morir, dictó a su amigo Olivelli una carta-testamento, una despedida estremecedora: </p> <blockquote> <p>“Mis siete hijos... Querría verlos antes de morir... No obstante, acepta, oh, Señor, también este sacrificio, y protégelos Tú, junto a mi mujer, a mis padres, a todos mis seres queridos.... Declaro morir en la más pura fe católica apostólica romana y en la plena sumisión a la voluntad de Dios –añadió–, ofreciendo mi vida en holocausto por mi diócesis, por Acción Católica, por el Papa y por el retorno de la paz al mundo.... Os ruego que digáis a mi esposa que siempre le he sido fiel, que siempre he pensado en ella y que siempre la he amado intensamente”.</p> </blockquote> <p>En su memoria, la Unión de las Comunidades judías de Italia le otorgó una medalla de oro en 1955. Igualmente, el “Instituto conmemorativo de los mártires y de los héroes Yad Vashem” de Jerusalén le proclamó “Justo entre las Naciones”. <br />El reciente 20 de marzo de 2007 Monseñor Elio Tinti, obispo de Carpi, lo recordó así: </p> <blockquote> <p>“Con esperanza y devoción, deseamos que pronto la Iglesia lo pueda reconocer como mártir. Su vida como hombre verdadero es un himno a la santidad”.</p> </blockquote> <p><strong>Nikolaus Gross: obrero, sindicalista, periodista y político</strong> <br />Nikolaus Gross nació en Niederwenigern, cerca de Essen, el 30 de septiembre de 1898. Fue a una escuela católica local desde los siete hasta <strong>los doce años, edad en la que empezó a trabajar, primero como operario en un molino y luego en la minería.</strong> Sin embargo, no abandonó la actividad intelectual pues alternó su trabajo bajo tierra con la condición de periodista. <br />Con tan solo 19 años ingresó al sindicato cristiano, paso previo a su afiliación al Centrum, partido de clara inspiración cristiana, convirtiéndose a los 22 en secretario de los jóvenes mineros. Su interés por el periodismo le lleva a colaborar en el diario del Movimiento Católico de los Trabajadores (KAB), el Westdeutschen Arbeiterzeitung. Tanto era su talento que a los dos años se convirtió en el director del diario. <br />Afincado en Colonia, Gross supo ver el peligro que para Alemania significaba que el nazismo tomara el poder. Respaldado en su fe, no tuvo duda alguna en informar a sus lectores sobre las verdaderas consecuencias que un régimen de este tipo traería sobre el país. El 14 de septimbre de 1930 escribió: </p> <blockquote> <p>"nosotros trabajadores católicos rechazamos con fuerza y con claridad el nacionalsocialismo, no sólo por motivos políticos o económicos, sino decididamente también por nuestra postura religiosa y cultural".</p> </blockquote> <p><strong>"Enemigo del Estado" bajo Hitler</strong> <br />Con la llegada de Hitler al poder, empezaron las dificultades. El diario de Gross fue declarado "enemigo del Estado", paso previo a su cierre en 1938, aunque <strong>siguió editándose clandestinamente.</strong> No habiéndose caracterizado hasta entonces como orador, la censura le llevó a anunciar de viva voz, a todo el que le quisiera oir, los peligros del régimen opresor que se había adueñado de su patria. Siempre tuvo presentes las palabras de San Pedro ante el Sanedrín: <br />“Es necesario obedecer a Dios antes que a los hombres” (Hch 5,29) <br />Nikolaus fue un hombre que sin vergüenza ni miedo anunció a Cristo, mientras en Alemania el nacionalsocialismo perseguía a la comunidad cristiana. <strong>Cuando muchos callaban, él se jugaba la vida.</strong> Fue siempre consecuente con su fe. Como marido y padre honró el sacramento del matrimonio y de la familia. Como obrero, sindicalista y periodista, se comprometió por la justicia, la verdad, la solidaridad y la paz, arriesgando la vida cada día. <br />Fue encarcelado y <strong>ejecutado en la horca el 23 de enero de 1945</strong>. Su esposa Elisabeth, que pudo visitarle al menos dos veces, dio testimonio de que <strong>había sido torturado antes de morir.</strong> Sus asesinos no permitieron que recibiera un entierro cristiano y <strong>su cuerpo fue quemado y sus cenizas esparcidas por el campo. </strong></p> <p><strong><img src="http://www.forumlibertas.com/adjuntos/fichero_7815_0_20070330.jpg" border="0" /></strong></p> <p><strong>Nikolauss Gross fue declarado beato en el 2001</strong></p> <p>Aquel que como obrero, sindicalista y posteriormente periodista, siempre tuvo muy en claro el compromiso que como católico debía asumir en la defensa de la verdad, la justicia, la paz y la solidaridad, no olvidó nunca su condición de esposo y padre. Muestra de ello fueron las carta que, desde la cárcel de Berlín-Plötzensee, enviara a su esposa e hijos. La última, dos días antes de su ejecución. En ella mostró una completa serenidad ante la muerte y una fe inquebrantable en Cristo. <br />El 7 de octubre del año 2001 fue elevado a los altares por el Papa Juan Pablo II, quien glosó su figura con las siguientes palabras: <br />“Con inteligencia comprendía que la ideología nacional-socialista era incompatible con la fe cristiana. Con valentía, tomó la pluma para escribir a favor de la dignidad humana y por esta convicción fue llevado al patíbulo, pero esto le abrió el cielo".</p> <p><strong>Más sobre Nikolaus Gross:</strong><strong> <br /></strong><a href="http://www.nikolaus-gross.de/"><strong>http://www.nikolaus-gross.de</strong></a> <br /><a href="http://www.nikolaus-gross-musical.de/"><strong>http://www.nikolaus-gross-musical.de</strong></a><strong>  (en Alemania hay un emocionante musical sobre este beato)</strong> <br /><strong>Más sobre Odoardo Focherini:  <br /></strong><a href="http://www.santiebeati.it/dettaglio/92228"><strong>http://www.santiebeati.it/dettaglio/92228</strong></a><strong> <br /></strong><a href="http://gariwo.net/storie/storia.php?cod=14"><strong>http://gariwo.net/storie/storia.php?cod=14</strong></a></p> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-40286330574835980562008-04-01T12:10:00.001-03:002008-04-01T12:19:12.638-03:00EL SUEÑO DE LOS NUEVE AÑOS - En el 74º aniversario de la Canonización de San Juan Bosco<p align="justify"><a href="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_JQtxaVpOI/AAAAAAAAAa8/LZfAxnH6mDM/a003%5B5%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="128" alt="a003" src="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_JQuhaVpPI/AAAAAAAAAbE/nuEimtC2W2c/a003_thumb%5B3%5D.jpg" width="193" align="right" border="0" /></a> Con aquellos años tuve un sueño que quedó profundamente grabado en mi mente para toda la vida. En el sueño, me pareció encontrarme cerca de casa, en un terreno muy espacioso, donde estaba reunida una muchedumbre de chiquillos que se divertían. <a href="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_JQwxaVpQI/AAAAAAAAAbM/gsuypo9QfYU/a004%5B3%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 0px 5px 0px 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="162" alt="a004" src="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_JQxhaVpRI/AAAAAAAAAbU/GOjUopisSYo/a004_thumb%5B1%5D.jpg" width="244" align="left" border="0" /></a> Algunos reían, otros jugaban, no pocos blasfemaban. Al oír las blasfemias, me lancé inmediatamente en medio de ellos, usando los puños y las palabras para hacerlos callar. En aquel momento apareció un hombre venerando, de aspecto varonil y noblemente vestido. Un blanco manto le cubría todo el cuerpo, pero su rostro era tan luminoso que no podía fijar la mirada en él. Me llamó por mi nombre y me mandó ponerme a la cabeza de los muchachos, añadiendo estas palabras: <a href="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_JQzRaVpSI/AAAAAAAAAbc/aRTB54YrmIQ/a005%5B4%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 20px 0px 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="127" alt="a005" src="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_JQzxaVpTI/AAAAAAAAAbk/_ceAErMx1Sg/a005_thumb%5B2%5D.jpg" width="191" align="left" border="0" /></a> </p><p align="justify">-<i>No con golpes, sino con la mansedumbre y con la caridad deberás ganarte a estos tus amigos. Ponte ahora mismo, pues, a instruirlos sobre la fealdad del pecado y la belleza de la virtud.</i></p><p align="justify">Aturdido y espantado, repliqué que yo era un niño pobre e ignorante, incapaz de hablar de religión a aquellos jovencitos. En ese momento, los muchachos, cesando sus riñas, alborotos y blasfemias, se recogieron todos en tomo <a href="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_JQ1RaVpUI/AAAAAAAAAbs/mVYHXXGgj7g/a006%5B3%5D.jpg"><img height="162" alt="a006" src="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_JQ2RaVpVI/AAAAAAAAAb0/rJcOuTjFjm8/a006_thumb%5B1%5D.jpg" width="244" align="right" border="0" /></a>al que hablaba. Sin saber casi lo que me decía, añadí:</p><p align="justify"><i>-¿Quién sois vos, que me mandáis una cosa imposible?</i></p><p align="justify"><i>-Precisamente porque tales cosas te parecen imposibles, debes hacerlas posibles con la obediencia y la adquisición de la ciencia.</i></p><p align="justify"><i>-¿En dónde y con qué medios podré adquirir la ciencia?</i></p><p align="justify"><i>-Yo te daré la maestra bajo cuya disciplina podrás llegar a ser sabio, y sin la cual toda sabiduría se convierte en necedad.<a href="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_JQ3xaVpWI/AAAAAAAAAb8/A1jNs2D9kTg/a007%5B4%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 0px 5px 0px 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="147" alt="a007" src="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_JQ5RaVpXI/AAAAAAAAAcE/Qh1KTPAhMig/a007_thumb%5B2%5D.jpg" width="221" align="left" border="0" /></a> </i></p><p align="justify"><i>-Pero ¿quién sois vos que me habláis de esta manera?</i></p><p align="justify"><i>-Yo soy el hijo de aquélla a quien tu madre te enseñó a saludar tres veces al día.</i></p><p align="justify"><i>-Mi madre me dice que, sin su permiso, no me junte con los que no conozco. Por tanto, decidme vuestro nombre.</i></p><p align="justify"><i>-El nombre, pregúntaselo a mi Madre. </i></p><p align="justify">En ese momento, junto a Él, vi a una mujer de aspecto majestuoso, vestida con un manto que resplandecía por todas partes, como si cada punto del mismo fuera una estrella muy refulgente.</p><p align="justify">Contemplándome cada vez más desconcertado en mis preguntas y respuestas, hizo señas para que me acercara a Ella y, tomándome bondadosamente de la mano, me dijo:<a href="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_JQ6xaVpYI/AAAAAAAAAcM/Q6IWgZOtr-0/a008%5B5%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="163" alt="a008" src="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_JQ7haVpZI/AAAAAAAAAcU/YVkVE1_qrBk/a008_thumb%5B3%5D.jpg" width="246" align="right" border="0" /></a></p><p align="justify"><i>-Mira.</i></p><p align="justify">Al mirar, me di cuenta de que aquellos chicos habían escapado y, en su lugar, observé una multitud de cabritos, perros, gatos, osos y otros muchos animales.</p><p align="justify"><i>-He aquí tu campo, he aquí donde tienes que trabajar. Hazte humilde, fuerte, robusto; y cuanto veas que ocurre ahora con estos animales, lo deberás hacer tú con mis hijos.</i></p><p align="justify">Volví entonces la mirada y, en vez de animales feroces, aparecieron otros tantos mansos corderos que, saltando y balando, corrían todos alrededor festejando al hombre aquel ya la señora.<a href="http://lh4.google.com/ricardocampoli/R_JQ9BaVpaI/AAAAAAAAAcc/OSauiR71wcA/a009%5B4%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 0px 5px 0px 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="182" alt="a009" src="http://lh4.google.com/ricardocampoli/R_JQ-BaVpbI/AAAAAAAAAck/Eaqxqd8TYqM/a009_thumb%5B2%5D.jpg" width="273" align="left" border="0" /></a> </p><p align="justify">En tal instante, siempre en sueños, me eché a llorar y rogué al hombre me hablase de forma que pudiera comprender, pues no sabía qué quería explicarme.</p><p align="justify">Entonces Ella me puso la mano sobre la cabeza, diciéndome:</p><p align="justify"><i>-A su tiempo lo comprenderás todo. </i>Dicho lo cual, un ruido me despertó.</p><p align="justify">Quedé aturdido. Sentía las manos molidas por los puñetazos que había dado y dolorida la cara por las bofetadas recibidas. Después, el personaje, aquella mujer, las cosas dichas y las cosas escuchadas ocuparon de tal modo mi mente que ya no pude conciliar el sueño durante la noche.<a href="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_JQ_haVpcI/AAAAAAAAAcs/IoXo3d53jHk/a029%5B3%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="164" alt="a029" src="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_JRARaVpdI/AAAAAAAAAc0/CRxtyFhhQoQ/a029_thumb%5B1%5D.jpg" width="244" align="right" border="0" /></a> </p><p align="justify">Por la mañana conté enseguida el sueño. Primero a mis hermanos, que se echaron a reír; luego a mi madre ya la abuela. Cada uno lo interpretaba a su manera. Mi hermano José decía: «Tú serás pastor de cabras, de ovejas o de otros animales». Mi madre: «Quién sabe si un día llegarás a ser sacerdote». Antonio, con tono seco: «Tal vez termines siendo capitán de bandoleros». Pero la abuela, que sabía mucho de teología aunque era completamente analfabeta, dio la sentencia definitiva, exclamando: «No hay que hacer caso de los sueños».</p><p align="justify"><a href="http://lh4.google.com/ricardocampoli/R_JRCBaVpeI/AAAAAAAAAc8/eJjlqQtOTL4/a010%5B3%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 5px 5px 0px 0px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="160" alt="a010" src="http://lh3.google.com/ricardocampoli/R_JRCxaVpfI/AAAAAAAAAdE/5Tga2R4iPpQ/a010_thumb%5B1%5D.jpg" width="244" align="left" border="0" /></a> Yo era del parecer de mi abuela, sin embargo nunca pude olvidar aquel sueño. Los hechos que expondré a continuación le confieren cierto sentido. Yo no hablé más del asunto, y mis parientes no le dieron más importancia. Pero cuando, en el año 1858, fui a Roma para tratar con el Papa de la Congregación Salesiana, me hizo narrarle con detalle todas las cosas que tuvieran algo de sobrenatural, aunque sólo fuera la apariencia. Conté entonces, por primera vez, el sueño tenido a la edad de nueve a diez años. El Papa me mandó que lo escribiera –al pie de la letra, pormenorizadamente-, y lo dejara para animar a los hijos de la Congregación, por la que había realizado ese viaje a Roma.</p>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4786152930510280731.post-52666808623503771202008-03-30T20:56:00.004-03:002008-03-30T22:43:26.089-03:00CONTEXTO SOCIAL Y RELIGIOSO DE TURÍN EN EL SIGLO XIX<p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">1.- La persona de Don Bosco</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">“En los primeros días de la novena de la Natividad de María, Don Bosco vino a visitar a los hijos de los atacados por la fatal enfermedad</span><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftn1_1702" name="_ftnref1_1702"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">[1]</span></a><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;"> en el orfanato provisorio que estaba en el convento de los dominicos. Estábamos reunidos más de 100 niños de ambos sexos. Yo Pedro José Enría</span><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftn2_1702" name="_ftnref2_1702"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">[2]</span></a><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;"> puedo atestiguarlo porque soy todavía uno de aquellos afortunados que fueron ayudados por Don Bosco. </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">Ya hacía varios días que me encontraba con mis cuatro hermanos en aquel orfanato provisorio, esperando la triste noticia de la salud de nuestro padre, tal vez la muerte de nuestro padre, cuando la Providencia vino en nuestro auxilio. </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">Mientras todos los niños estábamos reunidos y ordenados en fila por un asistente, vimos venir a un sacerdote acompañado por el director del orfanato: aquel sacerdote sonreía, tenía un aire de bondad que se hacía amar sin decir palabra, pasando cerca de los niños a todos regalaba una sonrisa y luego le preguntaba con paterno amor el nombre, apellido y procedencia, si sabía las oraciones y el catecismo, si ya había tomado la comunión y si se habían confesado. Todos respondían con confianza y decían cómo se encontraban.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">Pasó finalmente cerca mío y yo sentí latir fuertemente el corazón, no por temor, sino por un afecto y amor que sentía dentro de mí mismo. Sentía que habría amado siempre a aquel santo hombre; me preguntó el nombre y apellido, la procedencia y yo respondí con gran afecto: “me llamo Pedro Enría”. Luego me dijo: “¿Quieres venir conmigo? Seremos siempre buenos amigos hasta que estemos contentos en el Paraíso”. “¡Oh, sí señor, respondí, estoy contentísimo!” “Y estos que están cerca de ti, ¿son tus hermanos?” “Sí, señor”. “Bien, ellos también vendrán”. Le besé la mano con confianza y amor de hijo, nos saludó con amor de padre y pasó a otros y a todos hacía una caricia, un saludo lleno de bondad. </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">Y</span><a href="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_ApDxaVpMI/AAAAAAAAAaw/sblswaaumx8/22600BE%5B6%5D.jpg"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;"><a href="http://lh5.google.com/ricardocampoli/R_ApDxaVpMI/AAAAAAAAAaw/sblswaaumx8/22600BE%5B6%5D.jpg"><img style="BORDER-RIGHT: 0px; BORDER-TOP: 0px; MARGIN: 30px 10px 0px 5px; BORDER-LEFT: 0px; BORDER-BOTTOM: 0px" height="304" alt="22600BE" src="http://lh6.google.com/ricardocampoli/R_ApGBaVpNI/AAAAAAAAAa0/XFBP-6mYmT0/22600BE_thumb%5B4%5D.jpg" width="211" align="left" border="0" /></a></span></a><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">o lo acompañaba con la mirada y sentía en mi corazón un no sé qué y pensaba: cómo es bueno aquel sacerdote, cómo se hace amar antes todavía de conocerlo. Yo, sin embargo, no podía entender quién fuese aquel sacerdote porque nadie nos había dicho su nombre.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">Algunos días después de dicha visita fuimos conducidos al Oratorio San Francisco de Sales, era el 6 de setiembre de 1854, día afortunado para mí. </span></p><p><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">¿Quién habría dicho que Don Bosco iba a buscar un desconocido joven, hijo de un tan pobre como honesto ciudadano, para que fuera un día aquel que debía asistirlo en todas sus enfermedades hasta que fuese al Paraíso a recibir el premio de su virtud?”</span><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftn3_1702" name="_ftnref3_1702"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800000;">[3]</span></a><strong><br /></strong></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;"><strong>2.- Contexto Político (s.XIX)</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#000080;"><strong>Tratado de Viena (1815)</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Los vencedores de Napoleón (Austria, Rusia, Prusia, Inglaterra y agregados: Francia y Estos Pontificios, restablecen en sus tronos a los monarcas absolutistas; se organizan política y territorialmente.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">En París se crea la Santa Alianza (Austria, Rusia y Prusia) para vigilar el cumplimiento con intervención armada si fuera necesario.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">En la península itálica se crean 8 estados.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#000080;"><strong>Restauración (1815-1830)</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">En toda Europa: restauración del absolutismo monárquico y los privilegios de la nobleza, el clero y el ejército. Es reacción a la etapa napoleónica de 25 años de dominio francés.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Se desconoce que las ideas de revolución ya están implantadas en intelectuales, profesionales, pequeños industriales, comerciantes y terratenientes…</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">En el Piamonte-Cerdeña la restauración es católica: absolutismo despótico, paternalista y confesional. Sin libertad de prensa, culto y conciencia. Los judíos son confinados en guetos. Las sectas (los Valdenses) no pueden hacer propaganda. La subversión es condenada con trabajos forzados y la horca. Quienes se oponen huyen o se integran a sociedades secretas.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#000080;"><strong>Resurgimiento (1831-1848)</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;"><strong>Movimiento europeo: revoluciones</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">En la península Itálica se da fermentación de nuevas ideas: independencia de Austria, los Borbones y Estados Pontificios, unidad italiana en vez de 8 estados, réqimen democrático con una constitución, parlamentos y elecciones.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">2 movimientos:</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">La Joven Italia, con José Manzini (1805-1872): republicano y anticlerical</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">El Neogüelfismo inspirado por el P. Vicente Gioberti (1801-1852): federación de los estados italianos con la presidencia del Papa y el ejército piamontés.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#000080;"><strong>Independencia y unidad (1849-1900)</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Fracasados ambos movimientos, surgirá el liberalismo burgués, anticlerical y anticatólico: monarquía unitaria de Italia y como rey el del Piamonte.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Piamonte lucha contra los austriacos. Desde 1848-1849 es la primera guerra de independencia en la que es vencido. En la segunda guerra (1859) los austriacos son expulsados. Garibal, con la expedición “dei mille” (1860), conquista las Dos Sicilias (Nápoles) y adhiere al Reino de Italia.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">En 1861, Camilo Benso de Cavour, presidente del Consejo de Ministros proclama el Reino de Italia con Víctor Manuel II como primer rey. El lema es: “Iglesia libre en un Estado libre”.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Los Estados Pontificios, por plebiscito sin consentimiento del Papa, adhieren al Reino de Italia. En 1870 Garibaldi conquista Roma y será capital del Reino de Italia.</span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#000080;"><i>El Estado desplaza a la Iglesia</i></span></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">La ley Siccardi, priva a la Iglesia del fuero (tribunales propios) y del derecho a asilo (1850).</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Libertad religiosa: se inaugura el nuevo templo Valdense en Porta Nova (1853).</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Supresión de órdenes religiosas, confiscación de bienes y supresión de las corporaciones religiosas; expulsión de los jesuitas (1855-1866).</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Prescindencia de la enseñanza religiosa en la escuela (ley Bocompagni en 1848) y monopolio estatal de la enseñanza (ley Gabrio Casati en 1859). Prisión, multas y exilio a Obispos que se oponen; sedes episcopales vacantes por falta de asentimiento del Estado.</span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#000080;"><i>Contrapartida de la Iglesia hacia el Estado</i></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">La Santa Sede no reconoce la ocupación de los Estados Pontificios y Roma.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;">Pío IX excomulga a los responsables de la aprobación de las leyes de supresiones (1855). En 1874 prohíbe a los católicos intervenir en política en un estado usurpador. Se crea un problema de conciencia de los católicos: ser cristiano y ser ciudadano en un estado laico, cómo vivir la pasión por la unidad italiana y la fidelidad al Papa.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#000080;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;"><strong>3.- Contexto Social (s.XIX)</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#800080;"><strong>La revolución industrial en Europa</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- Inglaterra (1750-1800): transformación de la producción artesanal y manufacturera, a la máquina que es más precisa, más rápida, más fuerte, más especializada…</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- 1769: James Watt patenta la máquina de vapor provocando una verdadera explosión en la industria y el transporte. Así en la industria textil lo que hacían 200 000 obreros, con la máquina lo realizan 750 personas.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- Se da una avalancha de campesinos sin trabajo a las ciudades.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- Surge la clase burguesa que es dueña del capital, la industria y el comercio.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- Es la máquina que manda: </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">o hasta 16 horas de trabajo</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">o libertad total pare contratar la mano de obra</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">o competencia de precios y sueldos miserables para abaratar costos</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">o antes la familia artesanal producía para vivir ahora la máquina para vender</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">o ningún derecho del operario: hombres, mujeres, niños…</span><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftn4_1702" name="_ftnref4_1702"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">[4]</span></a></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">o hacinamiento, enfermedades, inmoralidad, disgregación familiar, alcoholismo…</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Los gobiernos de Inglaterra, Francia, Bélgica y Alemania promulgan leyes que protegen a los obreros: reducción de horas de trabajo, derecho a asociarse….. En 1840 la Iglesia francesa realiza denuncias sobre el trabajo de los niños…. Surge la conciencia del proletariado (prole: niños), conscientes de su miseria y de su propio peso.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Surge el Socialismo: 1717 en Inglaterra; 1830 en Francia, Bélgica y Alemania socialismo católico.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">En 1848 Carlos Marx publica el Manifiesto del Partido Comunista.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Además de la situación socio-económica hace presión la explosión demográfica: en 1800 Europa tiene 180 millones de habitantes, en 1850 serán 272 y en 1900 llega a 423 millones.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;"><strong>Contexto Italiano en 1860</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">La economía es agrícola: producción artesanal y manufacturera. Hay gran disparidad económica entre el norte y el sur. No tiene carbón ni hierro y los recursos agrícolas son insuficientes.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Del campo y la montaña llegan, sobre todo adolescentes y jóvenes.</span><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftn5_1702" name="_ftnref5_1702"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">[5]</span></a><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;"> Se da creciente pauperismo y mendicidad; 2/3 de la población no sabe leer ni escribir. Hay poca circulación de los productos.</span><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftn6_1702" name="_ftnref6_1702"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">[6]</span></a></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">La Iglesia está ocupada con la problemática de la Restauración y los despojos de los Estados Pontificios.</span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#800080;"><i>En Turín, capital del Reino de Cerdeña</i></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Se da una crisis socio-económica, efecto de las post guerra napoleónica, calamidades naturales (1850-52: epidemia en las viñas y pérdida de las cosechas del gusano de seda), escasez de recursos para trabajar el campo, carestía, hambre, epidemias (pelagra por efecto de la desnutrición; en 1854 el cólera), alta tasa de mortandad (25% el primer año y 44% hasta los 4 años). </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1853: primer Congreso de las sociedades Obreras del Piamonte para atender sus necesidades, incrementar la instrucción de los obreros y fundación de un periódico propio.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1848-1870: pauperismo, crítico en la guerra de la independencia</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1861-1865: brigantaggio (bandolerismo)</span></p><p align="justify"><i><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Habitantes:</span></i></p><ul><li><i><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Crecimiento inesperado de población: </span></i><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- 1835: 117.000 habitantes</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- 1852: 204.750 (78.000 artesanía e industria y 34.000 en fábricas de ropa, 6500 en alimentos y 2000 en instrumentos musicales)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- 1864: 218.000 habitantes</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#800080;"><i>Niños trabajadores:</i> 1844, en Piamonte, 7184 menos de 10 años</span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1886, ley que baja de 16 a14 horas de trabajo (20% entre 7 y 12 años)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- procedían de familias de medianeros o labradores </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- desadaptados por su atraso cultural o por edad</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- sometidos a humillaciones</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- la iniciación catequística es familiar</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- en meses muertos para la agricultura emigran: 37% de la población en 1848, 43% en 1858…</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">- se juntaban para pagarse el hospedaje y la comida.</span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#800080;"><i>Emigración al exterior:</i> 1871 al 80, promedio de 98.000 al año</span></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1880 al 90, 165.000 ( 40.000 a la Argentina)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1870: comienza la industrialización</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">zonas: Borgo Dora (textiles y confección de ropa)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Vanchiglia y Valdocco (industria del ejército: mecánica, siderurigia, carrocerías, 580 oberos)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">Porta Nova (talleres de los ferrocarriles)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1875-76: nace el Movimiento Obrero</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1876: asume el gobierno Agustín Depretis, la izquierda política: instrucción obligatoria, supresión de impuesto a la molienda (1869), alianza con Alemania y Austria para salir del aislamiento.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1880: nacimiento del Socialismo, marxista en 1882</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1884: motor eléctrico (exposición industrial en Turín)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;">1887: ruptura con Francia, violenta crisis agraria, desocupación, protestas populares.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#800080;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"><strong>4.- Contexto educativo (sXIX)</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"><strong>En el marco de la Restauración</strong></span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><i>Legislación educativa:</i></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">“Cédulas reales” (1822-1848) que exigen escuelas aún en pequeños caceríos. Falla por falta de financiación. (en 1840 los 3/5 de la población del Piamonte carece de educación primaria)</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">La educación está manipulada políticamente, con carácter moral y religioso, antifrancesista. Toda la enseñanza está confiada al clero.</span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><i>Política preventiva:</i></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">Represiva y proteccionista para preservación del orden social, jurídico y político-religioso dominante. El método es paternalista y asistencial o de recuperación e integración sociales: asilos, hospitales, albergues. (1845 correccional La Generala para las “cocche”: mafias de díscolos)… </span></p><p><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">Hay iniciativas privadas, más preocupadas por la persona y su educación.</span><span style="font-size:180%;"><br /><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"><strong>Bajo el Resurgimiento</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">Se da un movimiento pedagógico fomentado por “El Educador Primario” y “El Educador” (1845-1848) que promueve una escuela popular, escuela de Método (Magisterio en 1841), ideas europeas…</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">Se da la pastoral oratoriana instaurada por el P. Juan Cocchi en 1840, en sintonía con los Oratorios lombardos, las Asociaciones festivas, los Hospicios y los Talleres de Ludovico Pavón, en Brescia (1912-1840). La tendencia es preventiva, anti represiva, con actitud educativa, catequística y de recreación. Don Bosco se incorpora a este movimiento.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"><strong>En la época de la Unidad Italiana</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">Monopolio estatal de la educación, secularizado y anticlerical. La educación militar y la de los seminarios dependen del gobierno. La “religión” no forma parte de los programas de estudios oficiales.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">En 1877: se reemplaza la religión por “Nociones de los deberes del hombre y del ciudadano”</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">Persisten dificultades económicas, profundas tensiones sociales: crisis agrarias, pauperismo, analfabetismo, desnutrición, alcoholismo, gérmenes socialistas y anárquicos.</span></p><ul><li><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><i>dos tipos de preventividad</i></span></span><br /></li></ul><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">- Autodefensa represiva con los marginados, de tipo clasista.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;">- Prevención-promicional que apuesta al protagonismo del sujeto a través de la instrucción y formas asociadas y sindicales. </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;"></span></p><p align="justify"><b></b></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"><strong>5.- Contexto religioso (s.XIX)</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"><strong>Papados</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#400080;"><strong>Época napoleónica: Pío VII</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1808 Napoleón invade los Estados pontificios, ante la excomunión, toma prisionero durante 5 años al Papa Pío VII del que creció su prestigio espiritual por su fortaleza ante los atropellos.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#400080;"><strong>Restauración: Pío VII, León XII y Pío VIII</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">La relación es más moderada con Pío VII, más rigurosa con León XII y Gregorio XVI: condenas de la libertad de prensa y conciencia, separación de la Iglesia y el Estado; surgen las sociedades secretas, el liberalismo. Toma auge la promoción de las misiones.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1825 León XII proclama un Jubileo centrado en esclarecer el servicio “pastoral” del Papa, los Obispos y Sacerdotes; también busca un mayor acercamiento a las necesidades espirituales de los cristianos.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#400080;"><strong>Resurgimiento: Gregorio XVI y Pío IX</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">El Papa Gregorio XVI con la encíclica “Mirari vos”, en 1832, rompe todo intento de conciliación entre la Iglesia y el mundo moderno fruto de la revolución francesa. Es el Papa de las misiones: crea 70 nuevos Vicariatos apostólicos, defiende la libertad de los de raza negra, fomenta el clero indígena.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;color:#400080;"><strong>Independencia y unidad: Pío IX y León XIII</strong></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Píuo IX inicia cambios muy significativos: amnistía a los presos y exiliados políticos, moderada libertad de prensa, revisión del sistema penitenciario, formación de un Consejo de ministros, concede una Constitución, 3900 hebreos pueden vivir fuera de su gueto… Provoca entusiasmo entre los liberales y la amenaza de Austria que llega con su ejército hasta la frontera de los Estados Pontificios.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1848 se niega a hacer la guerra a Austria, reino cristiano que amenaza con separarse de la Iglesia. El Papa se afirma en que su misión es ser Pastor universal.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">El Resurgimiento se vuelve anticlericalista y antipapista. Es asesinado su primer ministro Pellegrino Rossi y el Papa huye de Roma a Gaeta, queda 17 meses bajo la protección del Rey de Nápoles, luego Napoleón III.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1864 decreta el Syllabus: un catálogo de condenaciones de los errores de doctrina cristiana.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Su actitud será la de sospechar de toda innovación política, teológica, filosófica y moral. Llega al rechazo de avances técnicos. Todo terminará con la supresión de los Estados Pontificios con la caída de Roma y la voluntaria cautividad del Pontífice. La relación Iglesia-Estado se “normalizará” recién en1921 con los Pactos lateranenses.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Al mismo tiempo se da un florecimiento espiritual en la Iglesia: la declaración del dogma de la Inmaculada Concepción (1854); la Celebración del Concilio Vaticano I en 1869, interrumpido por la toma de Roma. Publica la constitución “De fide catolica” y define el dogma de la Infalibilidad pontificia. Se fundan muchas congregaciones con finalidades caritativas, asistenciales, educativas y misioneras. Más de 50 personas del Piamonte han sido canonizadas o están en proceso.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Con el Papa León XIII se da un acercamiento al mundo moderno y obrero. Publica las encíclicas “Rerum novarum” (1891) y “Inmortale Dei” (1895). Reconoce la legitimidad de la democracia y se pronuncia sobre los abusos del capitalismo.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"><strong>Arzobispos de Turín</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"><strong>Restauración </strong></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#400080;"><strong><i>Colombo Chiavarotti</i> (1754-1832)</strong></span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Es monje camaldulense, desarrolla una intensa acción pastoral.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">La universidad de Turín es de una línea teológica rigorista. En otra línea, en 1818 el P. Luis Guala funda el Convitto Eclesiástico para la iniciación en la práctica pastoral de los noveles sacerdotes. En las clases de teología moral se da relieve a la misericordia de Dios, la confianza en el Hombre y la comprensión de sus limitaciones y debilidades; se inspiran en San Alfonso Ma. de Ligorio.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1829 Mons. Chiaverotti funda los seminarios de Turín, Bra y Chieri. En el de Chieri (1829-1849) busca un ambiente conventual, que preserve de los “peligros” de la turbulencia antiabsolutista de los demócratas, de los rigoristas de la Universad y de los benignistas que siguen a San Alfonso. Responde a la urgente necesidad de reforma del clero luego del gravísimo deterioro intelectual, humano y espiritual bajo el régimen napoleónico. Se dan abusivas intervenciones del Estado en el nombramiento de los Obispos, servilismo con el poder público dada la tenencia de los bienes eclesiásticos. Había clara desorientación moral y pastoral, necesidad de sanación disciplinar, que volviera la solidez formativa, la dignidad presbiteral y la eficacia apostólica.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1832, Antonio Rosmini escribe “Las cinco llagas de la Santa Iglesia”, donde dice que sobraban los curas ignorantes.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"><strong>Resurgimiento</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#400080;"><strong><i>Luis Fransoni</i> (1789-1862)</strong></span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Se dedica al cuidado del clero.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1848 surgen las manifestaciones políticas de los seminaristas; el seminario se cerrará hasta 1863. Los clérigos están influenciados por ideas racionalistas y la pasión política. La crisis del seminario y la supresión de las órdenes religiosas reduce notablemente el clero y sufre mucho la imagen de la vida religiosa y clerical; de 350 seminaristas quedan 17. A Turín llega clero de toda condición en busca de trabajo y acceso a la carrera clerical y universitaria.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1854 el edificio del seminario será cuartel y almacén de alimentos y armamento.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Mons. Fransoni se opone a las leyes liberales, prohibe a los eclesiásticos demostraciones políticas. Se niega a aceptar las leyes que lesionan los derechos de la iglesia. Es apresado y desterrado.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Desde 1850 al 62 gobierna la diócesis desde Lyon, donde muere.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;"><strong>Independencia y unidad</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#400080;"><strong><i>Sede vacante</i> (1862-67)</strong></span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#400080;"><strong><i>Alejandro Riccardi Di Nieto</i> (1808-1870)</strong></span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Su característica fue la bondad, hombre de la corte del Rey Carlos Alberto.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En la segunda mitad del siglo XIX la mayoría de los seminaristas son de clase media y proletarios.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1859 los seminarios, en general, se debaten en situaciones económicas muy precarias.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#400080;"><strong><i>Lorenzo Gastaldi</i> (1815-1883)</strong></span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Se hace cargo de la diócesis en 1871.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1878 la crisis vocacional había afectado grandemente al Piamonte. </span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">En 1873 se exige que para asistir a la facultad de teología de la Universidad se viviera en el seminario de Turín, antes también había seminaristas externos. Este año el estado suprime la Cátedra de teología y el Obispo debe crear su propia facultad en el seminario.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Se busca impulsar pastores de almas capaces de detectar el espíritu racionalista moderno y combatirlo. Es un clero que no baja a compromisos concretos pastorales, ni se atreve a una oportuna y sana dialéctica en el campo ideológico.</span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Los párrocos de sectores populares del campo o la ciudad son un testimonio humilde y sacrificado, impulsan una visión religiosa serena y convencida, de catequesis sacramental, atención a los enfermos, solidaridad con los problemas cotidianos de la gente, de los emigrantes, de las deficiencias sanitarias.</span></p><p align="justify"><span style="font-size:180%;"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;"><span style="color:#400080;"><strong><i>Cayetano Alimonda</i> (1818-1891)</strong></span></span></span></p><p align="justify"><span style="font-family:Tw Cen MT Condensed;font-size:180%;color:#400080;">Famoso por sus dotes oratorias y sus libros en defensa de la Iglesia, bondadoso y equilibrado.</span></p><div align="justify"><hr align="left" width="33%" size="1"></div><p align="justify"><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftnref1_1702" name="_ftn1_1702">[1]</a> Epidemia de cólera en Turín</p><p align="justify"><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftnref2_1702" name="_ftn2_1702">[2]</a> Nacido el 20 de junio de 1841 en S.Benigno Canavese. Huérfano de madre a los 7 años junto a dos hermanos menores. En 1852 emigra a Turín con su familia, trabaja con su padre y un hermano en una textil. En 1854 la epidemia del cólera contagia a su tío, que muere, y también su padre; él y sus cuatro hermanos son llevados a un orfanato.</p><p align="justify"><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftnref3_1702" name="_ftn3_1702">[3]</a> STELLA PIETRO, <i>“Don Bosco nella storia economica e sociale”</i> p. 494-506, AS 110, Sezione XII, Enria, autogr.</p><p align="justify"><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftnref4_1702" name="_ftn4_1702">[4]</a> “Yo debo estar en ese agujero sin luz y tengo miedo. Entro a las cuatro o, algunas veces, a las tres y media de la madrugada, y salgo por la tarde, a las cinco y media. Nunca voy a dormir. Alguna vez canto, cuando hay luz, pero cuando está oscuro tengo miedo de cantar”. (niña que trabaja en una mina). BERTRAND RUSSEL, <i>Historia de las ideas del siglo XIX</i>, Mondadori, Milano 1961, p. 109-112)</p><p align="justify"><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftnref5_1702" name="_ftn5_1702">[5]</a> En Lombardía, por ejemplo, trabajan 15.000 niños entre los años 1817-1847.</p><p align="justify"><a href="http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4786152930510280731&postID=5266680862350377120#_ftnref6_1702" name="_ftn6_1702">[6]</a> Italia tiene en 1858: 935 Kms. de tren mientras que Inglaterra tiene 17.000 y Francia 9000 kms.</p><p align="justify"></p><p align="center"><span style="font-family:arial;font-size:180%;color:#cc0000;"><strong>TRABAJO PRÁCTICO</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#cc0000;"><strong>1. Leyendo el punto 1, remarca las características personales de Don Bosco que destaca Pedro Enría al conocerlo.</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#cc0000;"><strong>2. ¿Cuáles son las causas políticas que llevan al siglo XIX turinés a transformarse en un polvorín siempre a punto de estallar?</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#cc0000;"><strong>3. ¿Qué paple jugó la Iglesia como institución en este período?</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#cc0000;"><strong>4. ¿Qué cifras se arrojan, en términos generales, al hablar de la difícil situación social que se vivía entonces?</strong></span></p><p align="justify"><span style="font-family:arial;font-size:130%;color:#cc0000;"><strong>5. Describe con precisión lo que se vivía en el ámbito educativo de este tiempo.</strong></span></p>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/08580372017972047808noreply@blogger.com0